Prima, però, Albuquerque, come detto. In realtà non abbiamo visitato la città, limitandoci ad andare a vedere la casa di Walter White (protagonista della serie TV Breaking Bad) ed a cercare una particolarità simpatica: la Singing Road.
Negli Stati Uniti è prassi comune, sulle strade, praticare delle piccole fessure sull'asfalto in corrispondenza del margine della carreggiata, in maniera da dare un avvertimento sonoro, passandoci sopra con il pneumatico, nel caso in cui un guidatore distratto perdesse la retta via. Non è una particolarità solo americana, anche noi ce l'abbiamo su alcune autostrade, ma come sempre gli americani vanno sempre un po' più in là.
Ovviamente a seconda della distanza tra una fessura e l'altra, il suono prodotto è differente, e qualcuno ha avuto la brillante idea di distanziare le fessure in maniera da riprodurre la famosa canzone "America the Beautiful". Il risultato è questo:
Da Albuquerque ci muoviamo verso Las Cruces, ma poco dopo la metà strada, in corrispondenza di Socorro, dalla I-25 deviamo sulla Route 60 in direzione di Magdalena. Passato il centro abitato di Magdalena ci addentriamo nella Pianura di San Augustin, dove si trova il Very Large Array, una formazione di 27 parabole dal diamtro di 30 metri disposte su tre assi a forma di Y a formare uno dei più grandi telescopi al mondo.
Queste enormi parabole sono uno spettacolo unico, e l'assenza della solita marmaglia turistica ci consente di apprezzare appieno la visita autoguidata all'interno del complesso. E' una delle ultime occasioni di vedere da vicino questi giganti, perchè tra qualche anno saranno sostituiti da nuove apparecchiature molto più piccole ma molto più efficienti, conseguenza dell'evoluzione tecnologica che ci permette di avere apparecchiatura sempre più piccole e potenti. Questo luogo non sarà altrettanto affascinante, sebbene non perderà la sua importanza scientifica.
Dopo questa interessante visita ci spostiamo verso Las Cruces, dove il familiare profilo delle Organ Mountains ci accoglie verso la fine del pomeriggio.
Las Cruces significa White Sands, l'ultimo parco che andremo a visitare. Si tratta del più grande deserto di gesso al mondo, ed offre un paesaggio spettacolare, difficile da descrivere, perchè non si tratta solo di una distesa di dune bianche e piante di yucca.
Una volta percorso il Dune Trail immergendosi dentro al cuore della parte visitabile del parco (il resto è zona militare off limits dove di tanto in tanto fanno dei test missilistici), ci si ritrova attorniati da questa sabbia bianca, quasi accecante, dove le dune hanno le caratteristiche ondulazioni formate dal vento (e distrutte dai soliti turisti che si divertono a scendere dalle dune su dei padelloni di plastica come fosse una sorta di slittino) e lo sguardo si perde fino all'orizzonte, dove si può ammirare il contorno dei monti Sacramento e San Andres.
Il parco è un esempio perfetto del tenace attaccamento alla vita della flora e della fauna che lo popolano. Animali che si sono adattati a sopravvivere senza bere acqua, piante che crescono altissime per superare le dune, altre che solidificano il gesso per evitare di essere trascinate via dalle dune medesime. In un ambiente estremo la vita riesce ad andare avanti grazie a quel favoloso processo che si chiama evoluzione ed adattamento.
Per la visita a questo parco abbiamo scelto di aggregarci al "Sunset Stroll", la visita guidata da un ranger prodigo di spiegazioni e storie sul parco, che dovrebbe far apprezzare i colori del tramonto, qui davvero particolari e bellissimi. Peccato che il tempo nuvoloso nasconda il sole e tolga il 90% della spettacolarità del tramonto, che possiamo solo immaginare.
Prima di lasciare Las Cruces, c'è ancora il tempo di andare a trovare il mio amico Chet, vicedirettore della sezione atletica della New Mexico State University. Rientrare nel campus e rimettere piede nell'Aggie Memorial Stadium mi riporta indietro al 1996, quando ebbi la fortuna di assistere alle sedute di allenamento degli Aggies sotto la guida di coach Jim Hess.
Chet è gentilissimo, ci ricopre di regali (T-shirt, Polo e altro), e ci fa fare un tour guidato dello stadio e degli spogliatoi (quanto è cambiato in 23 anni!!!), ed alla fine tira fuori il trofeo dell'Arizona Bowl conquistato l'anno scorso a Tucson dopo un'attesa di 57 anni, e me lo consegna per il tempo necessario a fare un paio di fotografie.
Bene, proprio Tucson sarà la nostra prossima tappa, un "reality check" molto interessante.
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