martedì 9 agosto 2011

Una legge universale

Esiste una legge universale che recita: "Più un veicolo è grosso ed ingombrante, più esso verrà parcheggiato in posizione tale da intralciare il traffico e/o ostruire la visuale agli automobilisti che devono superare un incrocio o effettuare una manovra".

venerdì 5 agosto 2011

Il mio Google

Interessante giochino dai risultati un po' sorprendenti. Da quando Google ha lanciato il suggerimento immediato nella sua pagina di ricerca, avrete forse notato che non appena si inizia a digitare qualcosa nel box di ricerca appaiono una serie di parole che, secondo le intenzioni di BigG, dovrebbe aiutarvi nella digitazione, rappresentando le parole più spesso utilizzate nelle vostre ricerche. Ovviamente i risultati possono variare da macchina a macchina, perchè l'indicizzazione avviene a livello locale ed i risultati vengono salvati in dei cookie sulla propria macchina.
Ho provato allora a fare un test: quali sono le prime parole che vengono suggerite immettendo solo una lettera, per ogni lettera dell'alfabeto? Ho fatto lo stesso test sul PC di casa e su quello in ufficio, ed i risultati li vedete nella tabellina qui riportata.
Un po' per gioco, ma anche no. Infatti, visti i risultati, inizio a pensare che il sistema di indicizzazione di Google funzioni in maniera piuttosto originale...
Ecco i miei risultati.

PC Ufficio PC Casa
A Ansa Alice
B Bavisela Bennet
C Corriere Corriere
D Decathlon Dizionario
E Ebay.it Ebay
F Facebook Facebook
G Gmail Google
H Hotmail Hotmail
J Java Juventus
K Kinemax Kijiji
I Il Piccolo Il meteo
L Libero Libero
M Meteo Meteo
N Netlog Nimbus
O Osmer Oroscopo
P Pagine Bianche Pagine Bianche
Q Quattroruote Quattroruote
R Repubblica Rai
S Subito Subito
T Trenitalia Trenitalia
U Unicredit Unicredit
V Vodafone Vodafone
W Wikipedia Wikipedia
X Xbox Xbox
Y Youtube Youtube
Z Zara Zara

giovedì 4 agosto 2011

Scozia 2011: Appunti di viaggio/6

Siamo arrivati alla fine del viaggio, un po' in calando rispetto ai primi giorni, soprattutto perchè la scelta di dedicare due giorni sia a Glasgow che ad Edimburgo si è rivelata poco felice, e le alternative rimediate all'ultimo (Stirling e Rosslyn Chapel) non hanno dato i risultati sperati.
Tutto sommato, però, l'esperienza è stata positiva. Ci ha permesso di visitare luoghi meravigliosi, di scoprire una popolazione tranquilla, non stressata (o certamente non ai nostri livelli), capace di apprezzare la natura che, fortuna loro, li circonda, di sfruttarla a scopo turistico senza però snaturarla (snaturare la natura è un bell'esercizio di equilibrismo dialettico!).
Quando si visitano dei luoghi, bisogna sempre fare la tara tra la visita da turista e la vita di tutti i giorni. Ricordo che anni fa andai a trovare un amico a San Francisco, e gli dissi che lo invidiavo, perchè abitava in una città splendida. La sua risposta mi segò le gambe. Si, la città era splendida, ma era costretto a vivere in un monolocale in affitto che gli portava via buona parte dello stipendio, lasciandogli ben poco per tutto il resto, tanto che spesso e volentieri mangiava da "Jack in the Box", una sorta di discount del fast food, perchè non poteva permettersi i più costosi McDonald's o Burger King. Ed aveva un lavoro tutto sommato dignitoso e mediamente ben retribuito. Quindi si, la città era splendida, ma la vita da turista era totalmente differente da quella di cittadino permanente. Il turista, tutto sommato, è più portato a considerare solo gli aspetti positivi.
Ciononostante, vedendo un piccolo paesino come Ullapool, il tarlo del trasferimento viene a tutti, inutile girarci intorno. Che poi sia fattibile o meno è un altro discorso, ma farci un pensierino credo sia abbastanza automatico.
Quello che colpisce maggiormente, oltre alla bellezza dei luoghi, è però l'estrema cordialità della gente (vabbe'... cameriera del Portree Hotel esclusa...), la pacatezza, da non confondere con l'indolenza, con cui fanno le cose, il senso di tranquillità che trasmettono al prossimo. Poca gente ingrugnita, probabilmente anche perchè, come giustamente dice mia moglie, quando ti alzi al mattino e vedi un panorama del genere, non puoi essere incazzato.
Ci è costata poca fatica, tutto sommato, adattarsi agli usi e costumi locali, anche alla guida, per esempio. Al di là della mano da tenere in strada, suggerirei a qualsiasi automobilista italiano di recarsi in Gran Bretagna (ma anche in Francia, sia chiaro), cercare una grande rotonda e fermarsi una mezz'oretta per vedere come ci si comporta. Come si imbocca, come si percorre, come si esce da una rotonda, rispettando precedenze e segalando intenzioni, senza sgommare, scattare, strombazzare, tagliare la strada, fare traiettorie da formula uno. Ci si accorgerà come anche quando il traffico è elevato, non si formi alcuna congestione come quelle che siamo abituati a vedere da noi. Lo stesso dicasi per gli incroci, dove non si vedrà quasi mai l'incrocio ostruito da un'auto che si ferma in coda nel bel mezzo dello stesso. Piuttosto ci si ferma al semaforo (anche se verde) per lasciare libera la circolazione  nel caso diventasse rosso prima che la coda si muova.
Per chiudere questo enorme pippone, vi lascio alcuni highlights della vacanza che resteranno impressi nella mia memoria.

- Il figlioletto novenne che si fa tradurre il menu per poi ordinare in autonomia e, quando il cameriere fa cenno di avere capito, esultare con il pugnetto: "Evvai!!!".

- Il brusco risveglio alle sei di mattina a Glasgow, con l'allarme antincendio che suonava, io che cercavo affannosamente il telefono da spegnere pensando che fosse quello ad ululare come un coyote ed infine, recuperato il lume della ragione, l'ordinata evacuazione attraverso le uscite di sicurezza come da manuale.

- Entrare in un ristorante alle 6 di sera e dover aspettare mezz'ora un tavolo libero.

- Girare in tondo rimbalzando da una rotonda e l'altra negli svincoli di uscita dall'aeroporto di Edimburgo, pensando "ma chi me l'ha fatto fare di prendere la macchina dove si guida a sinistra?".

- Starbucks ed il caramel macchiato tall, TGIF (OK ad Aberdeen, decisamente KO a Glasgow), Pizza Hut (sufficiente ad Aberdeen, OK a Glasgow) ed il mitico ristorante Bella Italia di Edimburgo, dove ti servono le penne al pesto con i pezzi di pollo.

- Le pecore, le capre ed i montoni che costellano tutto il territorio, ti attraversano la strada a tradimento oppure ti osservano placidamente da bordo strada masticando distrattamente l'erbetta.

- Gli otto/dieci gradi dell'Isola di Skye e la costante richiesta, rimasta sempre inascoltata, "se fossi in te mi metterei una felpa".

- Scalzare dalla mayorship dell'albergo di Aberdeen su Foursquare un tizio che mi risponde con un pacato: I WILL DESTROY YOU! (Per la cronaca, sono ancora Sindaco, pùppamelo!).

Spero che questo resoconto a puntate sia stato di vostro gradimento. Arrivederci al prossimo!!

Scozia 2011: Appunti di viaggio/5

Lasciata la natura selvaggia ed inospitale dell'Isola di Skye, l'ultima parte del nostro itinerario è dedicata alla visita di Glasgow ed Edimburgo, raggiunte dopo un viaggio che ha toccato un po' a sorpresa Eilean Donan Castle (meglio conosciuto come "il castello di Highlander", se vogliamo utilizzare la stessa logica per cui la Romanza Per Violino n.2 Op.50 di Ludwig Van Beethoven è nota a tutti come "La musica della Vecchia Romagna"), oltre a costeggiare la solita sfilata di laghi, laghini e laghetti, compreso quel Loch Lomont che rappresenta il principale luogo di svago domenicale dei Glasgowiani.
Glasgow è una città turisticamente inappetibile. Lo avevo già constatato in occasione del World Bowl del 2003 quando, per non morire di inedia per quattro giorni, fummo praticamente costretti a spendere il giorno in cui non c'erano conferenza stampa da seguire a... Edimburgo.
Una seconda visita a questa città non ha minimamente scalfito questa convinzione ed anzi, anche in questo caso la visita a Glasgow si è trasformata in una visita al Castello di Stirling, piuttosto deludente anch'esso.
Notevole, invece, la visita alla cattedrale di Glasgow, probabilmente l'unica cosa che valga la pena di vedere in una città che non ricordavo così sporca, disordinata e scostante. Molto poco scozzese, insomma, se prendiamo come metro di paragone Aberdeen o Inverness o, in generale, il nord della Scozia.
Le cose vanno un po' meglio ad Edimburgo, ma esclusivamente perchè la città ha decisamente più attrattive. La confusione è ancora maggiore, complice il festival di Edimburgo nel bel mezzo del quale siamo capitati, e camminare sulla via commerciale è un vero delirio.
Una grossa delusione viene dalla spianata di fronte al Castello di Edimburgo, occupata da spalti tipo stadio con tanto di seggiolino, copertura e postazioni televisive. La struttura si rende necessaria per accogliere il pubblico che vuole assistere alle varie maniofestazioni del festival, ma è indubbio che siano un vero pugno nello stomaco, in un ambiente tardo medievale come quello della spianata.
Per i più disattenti, segnalo la presenza in Edimburgo di una luogo particolare, che vi troverete a percorrere, come è successo a noi, dalle dieci alle quindici volte al giorno: il Waverley Bridge.
Il Waverley Bridge è il ponte che dà l'accesso alla stazione ferroviaria, ma la sua particolarità è quella di essere la via più comoda per passare dalla città bassa alla città alta, quella dove c'è il castello per intenderci, per cui è sempre affollato da centinaia e centinaia di persone.
Associata alla visita di Edimburgo, ci sarebbe stata la puntatina verso la Rosslyn Chapel, un luogo impregnato di storia e leggenda, citata anche nel libero "Il Codice Da Vinci" di Dan Brown, sebbene tutti i riferimenti contenuti nel libro siano inventati di sana pianta (tanto per dirne una, la stella a sei punte incastonata nel pavimento, non esiste per niente).
Uso il condizionale perchè quando siamo arrivati a destinazione ci siamo trovati di fronte ad un fabbricato in ristrutturazione, avvolto per metà dai ponteggi. Inoltre l'ingresso era gratuito, secondo la guida turistica, ma un cartello avvertiva che si poteva scegliere se fare una donazione di 10 sterline oppure iscriversi alla fondazione per la salvaguardia della Cappella versando la medesima cifra. Entrambe le soluzioni garantivano l'accesso alla Cappella. Strano concetto di gratuità, devo dire.
Come non bastasse all'interno della Cappella era vietato fare fotografie e riprese video, e la visita era effettuata esclusivamente da guide fornite dalla fondazione.
Insomma, secondo i miei canoni di giudizio, li tutto si raffigurava come il miglior modo per far tornare i turisti sui loro passi, cosa che abbiamo puntualmente fatto.
L'ultimo giorno è stato caratterizzato da una lieve pioggerellina subito trasformatasi in diluvio, che ci ha praticamente obbligato a trasferirci in aeroporto con "un po' di anticipo" (alle 10 eravamo già lì, ed il volo partiva alle 14...).
Il ritorno in Buru... a-her... Italia ci ha lasciati con un po' di malinconia nei confronti degli stupendi posti visitati, soprattutto quelli nella parte nord dell'isola, che testimonia però l'alto gradimento che questo Tour ha avuto da parte nostra.

mercoledì 3 agosto 2011

Scozia 2011: Appunti di viaggio/4

Lasciarsi alle spalle Inverness significa entrare nel vivo del viaggio, almeno per quanto riguarda la parte naturalistica. Puntiamo verso l'Isola di Skye, che sembra essere un paradiso naturale, un territorio probabilmente poco ospitale ma decisamente affascinante.
Il nostro itinerario prevede il trasferimento a Portree, ma una felice intuizione della sin qui impeccabile organizzatrice del viaggio che siede al mio fianco, ci fa deviare verso un paesino chiamato Ullapool, situato una cinquantina di miglia più a nord rispetto ad Inverness.
Mai variazione sull'itinerario è stata più azzeccata. Dopo l'ormai abituale viaggio in mezzo a boschi, prati, laghi e laghetti, si staglia improvvisamente di fronte a noi il profilo (lo skyline, direbbero quelli che ne sanno un sacco) di uno splendido villaggio di pescatori adagiato su una baia di una lingua di mare che si insinua nell'entroterra per qualche chilometro.
Devo dirlo? Devo usare di nuovo la parolina magica? Ebbene si: Ullapool è davvero spettacolare. Il senso di quiete che infonde, il silenzio che la pervade nonostante non sia deserta, la cortesia della gente che la abita, fa nascere anche in un cittadino convinto ed irrecuperabile come me la voglia di fuggire dalla "frenesia della vita moderna" (cit.) e stabilirmi in questo angolo sperduto del mondo.
Il colpo d'occhio è notevole, il paesaggio da cartolina, e quando d'inverno il freddo ed il gelo ti obbligano a rintanarti in casa, viene facile immaginare la classica scenetta della finestra affacciata sul porto o sulla baia, il fuoco nel caminetto, e fanculo a tutto il resto.
Probabilmente, come sempre, il qudretto reale non sarebbe poi così idilliaco, ma sognare non costa nulla (e no, la cit. di Marzullo non la metto!!!).
Ad ogni buon conto, dopo la puntata su Ullapool, arriviamo a Portree ed iniziano i primi problemi. La signora del B&B non c'è, ed ha lasciato un bigliettino attaccato alla porta con un numero di telefono da chiamare. Peccato che i nostri telefoni siano completamente muti, non riuscendo ad agganciare alcuna rete (problema che avremo per tutti e due i giorni di permanenza sull'Isola di Skye), e quando la agganciano, non è possibile nè chiamare nè ricevere, non si sa bene per quale motivo. Risolto l'empasse grazie alla gentilezza della vicina che ci fa usare il suo telefono, prendiamo possesso della nostra camera e... decidiamo immediatamente che la soluzione Bed & Breakfast non fa per noi. Non essere in albergo pesa, e non solo per il bagno in comune, scomodità tutto sommato accettabile. Io sono a disagio ad essere ospite in casa di amici, figuriamoci ad esserlo in casa di sconosciuti! Ad ogni modo Norma, la proprietaria, è una persona squisita, e ci offre anche un opttimo consiglio turistico per visitare l'isola: fare la strada che corre lungo la costa. Sicuramente più scomoda, ma decisamente più scenografica.
Aiutati anche dal tempo nuvoloso (con otto gradi centigradi, leggasi OTTO gradi: come dice bene il Gabbo, in Scozia bisogna andarci d'estate. Uhm... dove sto sbagliando?!?!?) che incornica alla perfezione il panorama, iniziamo un giro, indovinate un po', SPETTACOLARE. Un susseguirsi di anse, scogliere a picco come Kilt Rock, prati, dolmen naturali come l'Old Man of Storr, il tutto intervallato da piccoli villaggi e punteggiati dalle pecore. Centinaia e centinaia di pecore e montoni che brucano dappertutto e che attraversano la strada a tradimento sono una costante per tutta l'isola.
Dopo una breve tappa all'inutile Donvegan Castle, la cui unica caratteristica è quella di essere l'unico castello ancora in mano alla famiglia che l'ha costruito, arriviamo a Neist Point, dove dovrebbe esserci un faro molto caratteristico. Norma ci ha avvertito che la strada per raggiungere il faro è piuttosto ripida, per cui ci prepariamo psicologicamente.
In effetti la strada è davvero ripida, molto ripida, più di quanto uno potrebbe immaginarsi, ma il problema non è la ripidità. Il problema è che quando pensi di aver fatto il pezzo più difficile, ti si presenta un'altro pezzo di strada ancora più ripida, ed ovviamente il pensiero non va tanto alla discesa (comunque impegnativa) quanto alla risalita successiva, che sarà davvero faticosa. Il posto vale la fatica, comunque. Vi lascio immaginare come lo definirei...
In linea di massima la visita all'Isola di Skye termina con un bilancio positivo, sebbene le aspettative fossero maggiori e Portree sia stata piuttosto deludente.
Mi permetto una segnalazione pratica e gastronomica allo stesso tempo: non andate a mangiare al ristorante del Portree Hotel. Ripeto, NON andateci.
Il personale è piuttosto scortese (spero fosse solo una giornata storta, ma buttarmi sul tavolo il piatto in maniera quasi sprezzante ha certamente a che fare con la mia decisione di non lasciare nemmeno un penny di mancia), ed il cibo non è poi nulla di trascendentale. Molto meglio il ristorante del Tongadale Hotel 100 metri più in là.
Chiusa la parentesi Isola di Skye, la parte final ede viaggio si svolgerà nelle due maggiori città scozzesi: Glasgow ed Edimburgo.

martedì 2 agosto 2011

Scozia 2011: Appunti di viaggio/3

Il viaggio di trasferimento che ci porta ad Inverness è spettacolare. Si, lo so, sto usando la parola "spettacolare" un po' troppo spesso, ma è l'unica parola che riesce a trasmettere appieno le sensazioni che si provano (o, almeno, che ho provato io) in determinati posti ed in determinate situazioni in Scozia.
Abbandonata l'autostrada che ci ha condotto da Edimburgo ad Aberdeen lungo tutta la costa, imbocchiamo una strada che si snoda in mezzo ai boschi ed alla natura, dove vedi talmente tante sfumature di verde da non ritenere possibile l'esistenza di così tante tonalità differenti. Percorriamo chilometri e chilometri senza vedere segni di vita, non dico autogrill o aree di servizio (qui praticamente inesistenti), ma anche case e piccoli paesini. Sembra che qui non esista il concetto di "mi faccio una casa sperduto nel nulla", ma le cominità si riuniscano comunque in piccoli paesi o villaggi, anzichè disperdersi sul territorio come spesso accade da noi.
Inverness ci appare come una città quasi deserta. Poca gente per strada e nei negozi, quiete e tranquillità dappertutto, ma dopo pochi minuti scopriamo l'arcano. Dopo aver preso possesso della camera d'albergo, siamo andati in centro città dopo le 17, e questo è un particolare importantissimo. Tutti i negozi alle 17 chiudono, e il centro città si svuota in quattro e quattr'otto, perchè la gente torna a casa oppure va a cenare. Alle 5, direte voi? Si, alle 5 del pomeriggio, anche se l'ora di punta per la cena arriva circa verso le 18, quando i ristoranti sono affollati e magari tocca attendere un tavolo anche mezz'ora buona.
Decisamente più piccola di Aberdeen, Inverness (Inbhir Nis in gaelico) vanta  il titolo di Capitale delle Highlands, anche perchè la sua popolazione è formata da un quarto del totale degli abitanti delle Highlands stesse.
La cittadina è gradevole, bagnata dal fiume Ness, con un centro pedonale delizioso, l'immancabile cattedrale (St.Andrews) e l'altrettanto immancabile castello, ma è innegabile che la maggiore attrattiva si trovi a qualche miglia di distanza anche in questa occasione. Parliamo del lago di Ness, cioè il celeberrimo Loch Ness (poichè Loch Ness significa già di per sè Lago di Ness, è evidente che dire "Il lago di Loch Ness" è un errore madornale, come se dicessimo "Il Lago di Lago Maggiore"), una delle mie personalissime meraviglie, cioè quei luoghi che sogno di vedere fin da bambino.
Dopo aver depennato dalla lista Le cascate del Niagara, New York con annessi Empire State Building, Statua della Libertà e Ponte di Brooklyn, Alcatraz, Mount Rushmore e Tour Eiffel, è stata la volta di Loch Ness, un luogo che ha riempito moltissime delle mie fantasticazioni infantili.
Le aspettative non sono andate deluse. Il lago è spettacolare (a ridaje!), ed il punto di osservazione di Urquhart Castle non è da meno. Nessie non si è fatta vedere, ma è comprensibile, non è che uno va in un posto una volta ed il mostro si fa vedere subito! A tale proposito è stata molto interessante la visita al Loch Ness Visitor Centre, dove abbiamo assistito ad una serie di documentari molto ben fatti che elencavano (e distruggevano) tutte le teorie sull'esistenza del fantomatico mostro.
Certo, è difficile credere che esista sul serio e nessuno, o pochissimi, si sia imbattuto nella creatura anche solo per caso, e quando il lago è stato scandagliato con varie strumentazioni non siano emerse prove cwerte della sua esistenza, ma è altrettanto difficile credere che tutte le foto (taroccamenti a parte, ovviamente) degli avvistamenti si debbano spiegare con giochi di luce sulle onde del lago o sulle increspature delle acque. Possibile che solo in questo lago ci siano i giochi di luce? E sugli altri millemila laghi della Scozia, niente?
Ad ogni buon conto, la puntata a Loch Ness si rivela davvero positiva sotto ogni punto di vista, e sulla via del ritorno decidiamo di fermarci a pranzare a Drumnadrochit, scelto più che altro per la facilità di enunciazione del nome (e non crediate: è il nome Scozzese, che quello in gaelico è Druim na Droichaid, con tanti saluti alla lingua che si attorciglia dieci volte per pronunciarlo).
Alla fine della giornata, però, a nanna presto, perchè il giorno dopo ci aspetta l'Isola di Skye, da cui ci attendiamo molto dal punto di vista naturalistico.

lunedì 1 agosto 2011

Scozia 2011: Appunti di viaggio/2

Superato lo choc delle prime 100 miglia di guida contromano, arriviamo nella splendida villa in stile vittoriano, riadattata ad albergo, che ci ospiterà per i due giorni della nostra permanenza ad Aberdeen.
Una breve visita nel lontano novembre 1993, in occasione di una mitica trasferta di coppa (ah... girare l'Europa seguendo il Toro nelle le coppe europee... sniff, sniff...) per pochi intimi, mi aveva lasciato un'ottima impressione della città, ed avevo il desiderio di visitarla un po' più tranquillamente. Diciotto anni dopo, ecco l'occasione per farlo, dunque, e l'impressione di allora viene ampiamente confermata. Una città particolare, dove il colore predominante è il grigio del granito con cui sono costruiti quasi tutti i suoi palazzi, ma non il grigio smorto delle nostre metropoli. Piuttosto un grigio scintillante, esaltato dai pochi raggi di sole che fanno capolino dalla spessa coltre di nubi che ci accompagnerà per quasi tutto il viaggio.
Particolarmente caratteristico il piccolo cimitero di fianco alla chiesa di St.Nicholas, dove fa bella mostra di sè una splendida croce celtica di quasi due metri. Peccato che il simbolo sia stato "espropriato" da movimenti politici di estrema destra, perchè in tutta la Scozia ce ne sono centinaia, una più bella dell'altra.
Per essere la terza città scozzese come numero di abitanti, Aberdeen è molto vivibile, anche come traffico, ed è davvero gradevole da girare in tutta tranquillità.
Molto caratteristiche sono Union Street, dove sorge anche la stazione ferroviaria parzialmente riconvertita in centro commerciale, e la sua prosecuzione Castle Street, al fondo della quale troviamo la New Town House con la sua  caratteristica torre e la piazza del mercato (o Mercat Cross, come si chiama in Gran Bretagna) con l'altrettanto caratteristico "gazebo" centrale.
Il vero pezzo forte di Aberdeen, però, sta qualche miglio più a sud rispetto alla città, poco fuori dall'abitato di Stonehaven, un simpatico villaggio di pescatori. Arroccato su uno spuntone di roccia a strapiombo sul mare troviamo infatti il "Dùn Fhoithear", altrimenti conosciuto come Dunnottar Castle. La vista è mozzafiato, come lo è il poter arrivare fino sul ciglio del dirupo di fronte al castello, e di fronte ad uno scenario spettacolare come quello che si presenta, si potrebbe stare ore ed ore in beata contemplazione, nonostante il vento gelido renda la permanenza non proprio agevole. La visita è di quelle impegnative, perchè bisogna scendere un ripido sentiero (che poi bisognerà risalire...) e salirne uno altrettanto ripido (che poi bisognerà ridiscendere, e quando è ripida, la discesa non è poi molto meno impegnativa della salita) per accedere al castello. La considerazione viene spontanea: va bene che il castello deve essere inespugnabile, ma renderlo difficilmente accessibile anche agli abitanti "legittimi" non mi è parsa una buona idea.
Terminata la visita  a questo magnifico luogo, è ora di tornare in albergo a riposarsi prima di andare a cena e poi, la mattina seguente, partire per la seconda tappa del viaggio: Inverness.