martedì 11 settembre 2012

Apartheid del ventunesimo secolo

Ufficialmente è stato bandito e considerato un crimine internazionale nel 1973. In Sudafrica è stato definitivamente abolito nel 1990, quando Mandela è uscito di prigione ed è diventato presidente.
Nell'azienda per cui lavoro, invece, nall'Anno Domini 2012 è stato ripristinato.
OK, forse usare la parola Apartheid è un'esagerazione, rispetto a quello che davvero prevedeva questa legge nei paesi dov'era in vigore, ma quanto successo questa mattina ha semplicemente del ridicolo.
In realtà la cosa era nell'aria da tempo, perchè nell'ultima visita (ispezione?) dei vertici arrivati direttamente dal Nord-Est per sincerarsi di come noi poverio cazzoni cercavamo invano di organizzare il lavoro nei nostri pidocchiosi uffici, era stata ravvisata una gravissima violazione: i dipendenti erano impropriamente mischiati ai consulenti che, si sa, sono una razza di lavoratori di serie B, se non di Lega Pro 2.
Era quindi scatatto il piano traslochi. Una serie di persone si è aggirata per gli uffici con piantine e contropiantine, contando teste e scrivanie, misurando pareti, contando piastrelle e finestre. Tutto questo immane lavoro è durato diversi mesi, e poco prima delle ferie estive è partita la riorganizzazione, che è consistita nel raggruppamento degli uffici per area di competenza (e fin qui... eravamo organizzati così già prima) e, per ogni ufficio, le postazioni di lavoro sono state raggruppate per dipendenti e consulenti.
Questa mattina, per completare l'opera, sono stati montati dei separè per suddividere anche fisicamente gli uffici, separando le scrivanie degli "interni" (come vengono chiamati i dipendenti) da quelle degli "esterni" (come vengono chiamati i consulenti).
Io sarò fatto male, ma non riesco a trovare un singolo motivo per cui questa operazione abbia un benchè minimo senso.
Senza contare, poi, che gli spazi erano già ridotti prima che mettessero queste paratie, ed ora chi ha la fortuna di avere il posto a contatto con la parete mobile si vede ulteriormente ridotto lo spazio a disposizione per muoversi.
Spesso i nostri responsabili vengono mandati a fare dei corsi di aggiornamento dai titoli accattivanti ("Essere Leader", uno su tutti) in cui dovrebbero imparare come gestire il personale, come migliorare e mantenere una certa armonia tra i propri collaboratori, come ottimizzare il lavoro incentivando la collaborazione tra colleghi. Mi sembra di poter dire che nella migliore delle ipotesi chi ha preso questa decisione ha saltato qualcuno di questi corsi, perchè nonvoglio credere all'ipotesi peggiore, cioè che li abbia frequentati senza capirci un'emerita fava (o una beata minchia, come amerebbe dire Cetto La Qualunque).
Se poi contiamo che aspetto da più di due anni un computer nuovo in sostituzione della caffettiera che mi ritrovo (al mattino venti minuti solo per accenderlo...) e mi viene detto che il budget non lo consente, mentre per queste boiate il budget è sempre infinito, mi cascano le... braccia.

lunedì 3 settembre 2012

Il Cavalier Orfeo

Lo so, sono del Toro, io, e questo fa di me l'ultima persona a poter parlare di queste cose in maniera disinteressata. Su "La Stampa" di oggi c'è una gradevole intervista di Sapegno ad Eraldo Pecci, il "piedone" del Toro dello scudetto che si è scoperto scrittore a tempo perso.
C'è un passo, di quell'intervista,, che mi ha colpito molto:

Ci restò sei anni a Torino. E non voleva più andare via. Ma l’azienda di Pianelli cominciava ad andare male e lui lo sentì una volta dire a Nanni Traversa che «gli operai non si licenziano. Hanno dei figli». Allora, era meglio vendere lui e Graziani alla Fiorentina.
Ecco, ripeto, sono del Toro e quindi assolutamente parziale, ma leggere queste cose mi rende sempre più felice di essere ed essere stato dalla parte "giusta", che non è quella di chi mette la gente in cassa integrazione e poi gli dice "si, ma vi abbiamo comprato Platini".