domenica 16 dicembre 2012

Buone azioni

Siamo quasi a Natale e, si dice, bisogna essere più buoni, anche nei confronti del prossimo. Ed io vorrei tanto esserlo, più buono. Vorrei davvero aiutare chi ne ha bisogno, ma sono davvero in difficoltà. Aiutatemi voi a capire.
Qualche giorno fa ho ricevuto un accorato appello da tale "Elena VO" (probabilmente sorella della "Irina VO" che mi ha scritto poco dopo su un altro indirizzo e-mail), che mi scrive:

Ciao,
Il mio nome e` Elena, ti scrivo da una piccola città dalla Russia. Vivo con mia figlia piccola, senza marito, perche' lui ci ha lasciato.
Da quando la crisi ho perso il lavoro e in grado di pagare le bollette di riscaldamento per il nostro appartamento.
Abbiamo urgente bisogno di riscaldamento, perché l'inverno e` alle porte e la temperatura e` molto fredda nel nostro appartamento.
L'unico modo per riscaldarla, non e` quello di utilizzare un portatile woodburner che lavorano con il fuoco e la legna, perché abbiamo un sacco di legno-risparmio.
Ma non può acquistare nel nostro negozio locale, perché troppo costoso equivalente di 196 euro, e non possiamo permettercelo.
Ho trovato il vostro e-mail all'indirizzo sito web e ha deciso di scrivere questa lettera disperata dalla libreria locale.
Se avete un portatile vecchio woodburner realizzato in ghisa, e smettere di usarlo di più, prego
é dono per noi e ci salvi.
Vi prego di rispondere e io dare il tuo indirizzo di casa nostra.
Vi auguro un Buon Natale e Felice Anno Nuovo.
Elena.
Post scriptum Ho tradotto questa lettera con google-traduttore. Mi auguro che si puo` rispondere in inglese, perché ho studiato l'inglese a scuola. Molte grazie.

Ora, io vorrei davvero spendere questi 196 euro per aiutare Elena e la sua famiglia ma, esattamente, cosa dovrebbe essere questo "portatile woodburner in ghisa"?!?!? 

mercoledì 12 dicembre 2012

Siamo agli sgoccioli

Sono le 12:12 del 12/12/12. Esultate, è l'ultima volta che posso fare post di questo tipo. Il prossimo lo potrò fare tra 89 anni, ma tocca essere ottimisti. Molto.

venerdì 16 novembre 2012

Continassagate

Leggevo oggi questo articolo sull'affare Continassa, volto a sbugiardare quanti protestano per l'ennesimo regalo del comune di Torino alla famiglia Agnelli ed alla Juventus. "Un po di dati e qualche precisazione", titola l'articolo, peccato che i dati siano presentati in maniera ingannevole e che le precisazioni siano piuttosto carenti.
La prima cosa che salta all'occhio è l'assurda pretesa di calcolare il valore al metro quadro del terreno conteggiando solo la superficie edificabile.
A casa mia, un'area di 180mila metri quadrati concessa per 10 milioni di euro, risulta costare 63,89 euro al metro quadro, e non c'entra un bel nulla che su quell'area edificherò per soli 33mila metri quadri. Sono un po' problemi miei, insomma.
Se anche la volessimo vedere come l'autore dell'articolo, si tratterebbe comunque di pagare 33mila metri quadri di terreno ed averne in regalo altri 147mila, insomma, un bel gesto di generosità da parte dell'aministrazione comunale di quello che vene comunemente definito "il comune più indebitato d'Italia".
Ma smettiamo di giocare coi numeri, e veniamo alle presunte precisazioni.
Si legge testuale, nell'articolo: "Potenzialmente su quella zona si sarebbero potuti edificare in totale 50.000 metri quadri, ma la Juventus ha rinunciato a 17.000 metri quadri che saranno utilizzati dalla Città di Torino altrove". Uno legge questa frase e pensa: che magnanimi questi juventini, potevano lucrarci ancora di più, ma si accontentano. Eh già...
Peccato che rispetto all'ipotesi di accordo iniziale, la Juventus non abbia affatto "rinunciato" ad edificare di più, ma abbia invece chiesto di aumentare l'area a disposizione includendo anche lo spazio dell'ex Arena Rock. Il tutto, ovviamente, allo stesso prezzo, tanto che è stata proprio questa l'anomalia che ha fatto riesplodere la protesta. Ma come, si diceva, gli aumentano l'area e non rivedono nemmeno la cifra offerta? E meno male che la questione non è passata inosservata come avrebbe voluto il buon Fassino e l'assessore Curti, così, pur avendo ormai approvato la variante, si è ottenuto di avere almeno un'altra perizia che stabilisca di quanto l'offerta deve essere adeguata.
Ma mica è finita qui. Mi sarei aspettato ben altre precisazioni. Mi sarei aspettato che invece di scrivere che l'area della Continassa "Attualmente, oltre ad essere in parte oggetto di occupazioni abusive è sfruttata soprattutto per attività illegali di vario tipo", il buon articolista avesse sottolineato come proprio l'area dell'Arena Rock fosse stata data in concessione ad una società che ci ha appena terminato di costruire una pista da kart. Questa concessione verrà revocata per far posto alla Juventus, in barba agli investimenti che questi poveri cristi hanno fatto in questo ultimo anno per costruire la struttura. L'idea è quella di spostare la pista di kart altrove (rifacendola, quindi, con tutti i costi che ciò comporta), ma l'assessore Gallo ha già dichiarato che stanno verificando se sia stato fatto tutto a regola d'arte (il che si legge con un bel "stiamo cercando un cavillo qualsiasi per dargli un calcio nel culo, non ricollocarlo da nessuna parte ed evitare di pagare le pesanti penali previste dal contratto").
E per finire una domanda che pochi si pongono: ma da tutta questa operazione, il Comune almeno ci guadagna una bella cifra? Eh, come no!!! 11 milioni di euro di cui sette /otto riutilizzati per le opere di urbanizzazione dell'area. A Fassino restano in mano, da mettere nel porcellino comunale, BEN QUATTRO MILIONI!!!

giovedì 8 novembre 2012

Una vera iattura

Da oggi, e per un anno, saró un 49er, il che, per un tifoso dei Rams, è una delle peggiori iatture che possano capitare. E non c'è nulla che io possa fare a riguardo: così è e così resterà fino all'8 novembre 2013.
Maledetti compleanni...

lunedì 22 ottobre 2012

Dura lex

Avete sicuramente visto tutti almeno una volta quella famosa fotografia di una locomotiva a vapore che ha sfondato la facciata della Stazione di Montparnasse a Parigi ed è caduta sul marciapiede sottostante. Io stesso la vedo tutti i giorni perchè fa bella mostra di sè su una delle pareti del bar dove vado solitamente a mangiare durante la pausa pranzo. 
Oggi ne ha parlato anche "Il Post" perchè il fatto accadde proprio il 22 ottobre di 117 anni fa. Leggendo l'interessante ricostruzione di tutta la storia, mi ha colpito un particolare. Il macchinista del treno che provocò, con il suo incidente, la morte di una persona ed il ferimento di altre cinque, venne processato e condannato a... due mesi di carcere e 50 franchi di ammenda.
Non ditelo a quelli che vorrebbero l'ergastolo per Schettino!!!

martedì 11 settembre 2012

Apartheid del ventunesimo secolo

Ufficialmente è stato bandito e considerato un crimine internazionale nel 1973. In Sudafrica è stato definitivamente abolito nel 1990, quando Mandela è uscito di prigione ed è diventato presidente.
Nell'azienda per cui lavoro, invece, nall'Anno Domini 2012 è stato ripristinato.
OK, forse usare la parola Apartheid è un'esagerazione, rispetto a quello che davvero prevedeva questa legge nei paesi dov'era in vigore, ma quanto successo questa mattina ha semplicemente del ridicolo.
In realtà la cosa era nell'aria da tempo, perchè nell'ultima visita (ispezione?) dei vertici arrivati direttamente dal Nord-Est per sincerarsi di come noi poverio cazzoni cercavamo invano di organizzare il lavoro nei nostri pidocchiosi uffici, era stata ravvisata una gravissima violazione: i dipendenti erano impropriamente mischiati ai consulenti che, si sa, sono una razza di lavoratori di serie B, se non di Lega Pro 2.
Era quindi scatatto il piano traslochi. Una serie di persone si è aggirata per gli uffici con piantine e contropiantine, contando teste e scrivanie, misurando pareti, contando piastrelle e finestre. Tutto questo immane lavoro è durato diversi mesi, e poco prima delle ferie estive è partita la riorganizzazione, che è consistita nel raggruppamento degli uffici per area di competenza (e fin qui... eravamo organizzati così già prima) e, per ogni ufficio, le postazioni di lavoro sono state raggruppate per dipendenti e consulenti.
Questa mattina, per completare l'opera, sono stati montati dei separè per suddividere anche fisicamente gli uffici, separando le scrivanie degli "interni" (come vengono chiamati i dipendenti) da quelle degli "esterni" (come vengono chiamati i consulenti).
Io sarò fatto male, ma non riesco a trovare un singolo motivo per cui questa operazione abbia un benchè minimo senso.
Senza contare, poi, che gli spazi erano già ridotti prima che mettessero queste paratie, ed ora chi ha la fortuna di avere il posto a contatto con la parete mobile si vede ulteriormente ridotto lo spazio a disposizione per muoversi.
Spesso i nostri responsabili vengono mandati a fare dei corsi di aggiornamento dai titoli accattivanti ("Essere Leader", uno su tutti) in cui dovrebbero imparare come gestire il personale, come migliorare e mantenere una certa armonia tra i propri collaboratori, come ottimizzare il lavoro incentivando la collaborazione tra colleghi. Mi sembra di poter dire che nella migliore delle ipotesi chi ha preso questa decisione ha saltato qualcuno di questi corsi, perchè nonvoglio credere all'ipotesi peggiore, cioè che li abbia frequentati senza capirci un'emerita fava (o una beata minchia, come amerebbe dire Cetto La Qualunque).
Se poi contiamo che aspetto da più di due anni un computer nuovo in sostituzione della caffettiera che mi ritrovo (al mattino venti minuti solo per accenderlo...) e mi viene detto che il budget non lo consente, mentre per queste boiate il budget è sempre infinito, mi cascano le... braccia.

lunedì 3 settembre 2012

Il Cavalier Orfeo

Lo so, sono del Toro, io, e questo fa di me l'ultima persona a poter parlare di queste cose in maniera disinteressata. Su "La Stampa" di oggi c'è una gradevole intervista di Sapegno ad Eraldo Pecci, il "piedone" del Toro dello scudetto che si è scoperto scrittore a tempo perso.
C'è un passo, di quell'intervista,, che mi ha colpito molto:

Ci restò sei anni a Torino. E non voleva più andare via. Ma l’azienda di Pianelli cominciava ad andare male e lui lo sentì una volta dire a Nanni Traversa che «gli operai non si licenziano. Hanno dei figli». Allora, era meglio vendere lui e Graziani alla Fiorentina.
Ecco, ripeto, sono del Toro e quindi assolutamente parziale, ma leggere queste cose mi rende sempre più felice di essere ed essere stato dalla parte "giusta", che non è quella di chi mette la gente in cassa integrazione e poi gli dice "si, ma vi abbiamo comprato Platini".

lunedì 20 agosto 2012

Santi, poeti e navigatori

Una delle migliori invenzioni di quest'epoca è sicuramente il navigatore satellitare. Chi di noi non si è mai trovato a consultare cartine formato tre metri per tre che poi non riesci mai a ripiegare correttamente, sulle quali passi circa due ore a cercare il paesino sperduto che vuoi raggiungere e con le quali cerchi di calcolare una distanza chilometrica approssimativa cercando di districarti tra i duemilacinquecento numeri indicati sulle strade (che poi devi imparare a riconoscere tra l'indicazione del numero della strada, l'indicazione della distanza tra i pallini piccoli, quelli grandi, quelli senza pallino, quelli, rossi e quelli blu)?
Sono certo che sapete a cosa mi riferisco.
Il navigatore satellitare pone fine a tutto ciò, e si incarica di consultare la cartina per te, calcolando il percorso migliore secondo l tue esigenze, guidandoti passo passo fino alla meta.
Si tratta indubbiamente di una grande comodità. Per voi, forse, perchè io ho un rapporto piuttosto complicato con i navigatori satellitari.
Il primo che ho usato era il famoso "Route 66", installato su un palmare, quando dovevo raggiungere una località sull'appennino modenese dall'aeroporto di Bologna. Già in quell'occasione avrei dovuto capire che tra me ed i navigatori le cose sarebbero sempre state problematiche.
Anzichè farmi prendere lo stradone a doppia corsia che portava a destinazione in mezz'ora o poco più, mi fece prendere, per non si sa quale motivo, la strada appenninica dalla parte verso Pistoia, anzichè quella verso Modena, facendomi poi scollinare attraverso una mulattiera a malapena asfaltata per raggiungere la destinazione nel doppio del tempo.
Lo stesso navigatore si bloccò irreparabilmente dopo avermi fatto uscire dall'autostrada e fatto prendere delle stradine sterrate per raggiungere San Mauro al Mare, con il risultato di essermi perso nel bel mezzo del nulla di non si sa dove. 
Poco tempo dopo approfittai di una promozione ed acquistai un Becker. Un apparecchio splendido, chiaro e preciso, se non fosse che grazie ad esso ho scoperto l'esistenza di strade incredibili e scorciatoie impensabili, e mi sono fatto una discreta cultura su quelle che io chiamo le "strade dei navigatori", quelle, cioè, dove le uniche auto che vedi sono quelle di chi sta seguendo le istruzioni di un navigatore impazzito, perchè nemmeno i locali le usano.
L'impareggiabile signor Becker diede il meglio di sè due anni fa nel viaggio verso Valencia quando, una volta giunto al Lago di Gap, iniziò testardamente a cercare di dirigermi verso nord anzichè verso sud come avrei dovuto fare. Il risultato fu che passammo più di due ore sulle strade intorno all'autostrada che scende verso la Costa Azzurra, sempre accuratamente evitando di imboccarla, perchè il signor Becker mi voleva riportare a Grenoble.
Lo scorso anno in Scozia il signor Becker si comportò abbastanza bene, ed io riposi nel cassetto i propositi di sostituzione derivati dalle disavventure dell'anno precedente.
Quest'anno, però, il signor Becker ha davvero dato il meglio di sè. Prima ha bellamente ignorato il mio percorso Torino - Monte Bianco - Digione passando per FUORI Ginevra, facendomi entrare in città, non si sa per quale motivo. Poi ha completamente sbarellato quando, per raggiungere Honfleur, ci ha fatti uscire dall'autostrada per farci infilare in un dedalo di viuzze a senso unico cercando in tutti i modi di farcene imboccare una contromano, mentre erano disponibili un comodo casello autostradale ed una comoda strada ampia, dritta e scorrevole.
Tornato a torino, ho deciso che il signor Becker aveva fatto il suo tempo, e l'ho sostituito con un Mio, scelto anche a causa dell'allettante offerta "Mappe aggiornate a vita".
Venerdì scorso l'ho messo alla prova, ed in effetti mi ha portato al Golf Club Paradiso del Garda senza il minimo problema. Peccato che alla sera, per raggiungere il locale per cenare, mi abbia segnalato Hops due rotonde prima della sua reale ubicazione.
Il giorno dopo, ripartendo da Linarolo verso Torino, ho provato a tenerlo acceso per vedere come si comportava, ed ho definitivamente rinunciato a capire come opera l'algoritmo.
Solitamente la strada che uso per tornare a casa è: Statale da Linarolo a Stradella e poi A21 fino a Torino. Il signor Mio ha invece cercato in tutti i modi di farmi passare per Pavia per andare a prendere la A7, e solo quando ero a due Km dall'autostrada si è rassegnato a farmi prendere la A21 da Stradella. E qui non si capisce una cosa: il naviogatore è settato er propormi il percorso più veloce senza escludere strade a pedaggio parziale o totale. Il percorso che voleva farmi prendere (via Pavia) aveva un tempo di arrivo di circa 20 minuti maggiore a quello via Stradella ed era anche più lungo chilometricamente. E quindi?!?!?

lunedì 6 agosto 2012

25 anni fa: Hiroshima

Il 6 agosto 1987 apriva a Torino il locale "Hiroshima Mon Amour", destinato a diventare un punto di riferimento della gioventù torinese ed un polo artistico di eccellenza e di rilevanza nazionale.
In realtà il locale aprì davvero solo a settembre, ma il 6 agosto venne fatta una inaugurazione ufficiale per ovvi motivi (per chi non lo sapesse il 6 agosto 1945 venne lanciata la bomba atomica su Hiroshima).
Tra i soci fondatori erano presenti numerosi esponenti dell'"intellighenzia" torinese: Gianni Vernetti, i fratelli Della Casa (probabilmente si deve a Steve la scelta del nome del locale, in onore dell'omonimo film di Alain Resnais), Gabriele Polo, Maurino Boglione (non quello della Kappa). Questo fece sì che sin da subito la programmazione musicale del locale fosse di livello superiore alla media, oltre ad avere tutta una serie di iniziative culturali e politiche di assoluto spessore.
Amo ricordare i primi anni passati in Via Belfiore quasi ogni sera, con Giorgione al bancone, con Paolo a metter dischi nelle serate "libere" o semplicemente a fare nottata con gli amici (da lì partimmo una notte, dopo aver chiuso il locale, in cinque sulla simca 1000 di Giorgione per andarci a fare un caffè a Savona).
Il concerto dei Negazione, il dibattito sull'Irlanda con Gerry Adams e mille, mille altre serate restano impresse nella mia memoria in maniera indelebile.
Non sono mai andato nella nuova sede in via Bossoli dove ha traslocato da diversi anni, ormai, ed anche il "management" mi risulta sia parecchio cambiato rispetto agli inizi, ma Hiroshima resterà un episodio fondamentale della mia vita.

giovedì 21 giugno 2012

The Blues Brothers

"Blues Brothers" è un film che si vede sempre volentieri. Tra cinema, VHS e DVD l'avrò visto (non esagero) un centinaio di volte. Addirittura per diversi anni consecutivi sono andato alla proiezione che il Cinema Odeon di via Venalzio, ora scomparso, programmava in occasione del compleanno del film. Era un rito, ovviamente, un omaggio al film, ed a conferma di ciò tra il pubblico c'era uno zoccolo duro di persone (tra cui io) che anno dopo anno si ritrovava, pur senza conoscersi, come se esistesse una sorta di tacito appuntamento che ogni 365 giorni ci portava in quella sala.
Conosco la musica a memoria, conosco molte battute a memoria, ma non manco di mettermi a ridere ogni volta alle gag dello sgangherato duo Jake ed Elwood Blues.
E' un film a cui si perdona qualche pronuncia azzardata (Jake che diventa Jack) e qualche traduzione tremenda (l'armonica - harp - si trasforma in arpa. L'avete mai visto un bluesman che suona l'arpa?), perchè il solo piacere di ascoltare dei grandi come Cab Calloway, James Brown, Ray Charles, John Lee Hooker, Aretha Franklin, Pinetop Perkins e Sam and Dave, ripaga delle imperfezioni (tutte della versione italiana, sia chiaro!).
L'attacco di Matt "Guitar" Murphy in "Sweet Home Chicago" è un qualcosa di assolutamente emozionante, così come il sax di "Blue Lou" Marini nell'infinito assolo dello stesso brano. L'armonica di Dan Aykr... ehm, Elwood Blues, è elettrizzante, e lo scomposto stile di ballo di "Joliet" Jake Blues rende praticamente impossibile restare fermi sulla sedia.
Fatte queste premesse, che dovrebbero far capire che il film lo vedrei (e l'ho visto) in qualsiasi condizione, con qualsiasi audio, con qualsiasi qualità, ieri sera sono andato all'UCI Cinema, un multisala al Lingotto, a vedere l'edizione speciale per il trentennale.
"Evento Unico Mondiale - Per la prima volta in Digitale 2K", recitava il volantino di presentazione.
Il digitale 2k è un tipo di risoluzione digitale che permette la visione ad una definizione di 2048 x 1080, praticamente il doppio di un normale televisore HD. Un'operazione che viene sempre più spesso fatta per digitalizzare i film, e restaurarli, è quella di riprenderli con delle particolari macchine da presa, che producono poi un filmato in alta qualità su cui si può intervenire al computer. Un lavoro splendido, in questo senso, è stato fatto con Frankenstein Junior.
Blues Brothers avrebbe dovuto subire il medesimo trattamento.
La pellicola che ho visto ieri sera aveva tutto tranne che l'alta definizione. In molti punti, soprattutto i panorami larghi, risultava piuttosto sgranata, mentre non si sono apprezzate differenze sensibili con la qualità delle proiezioni viste in precedenza (e mi permetto di dire che ne ho viste abbastanza...).
Non parliamo del suono. Il surround era metallico, e le casse posteriori sembravano quasi fuori sincrono. La sensazione la si percepiva nettamente nei pezzi musicali, dove i piatti della batteria erano posizionati sulle casse posteriori e sembrava quasi che il buon Willie "Too Big" Hall avesse il parkinson, tanto erano fuori ritmo i fraseggi su charleston, crash e splash vari.
Tanto per rendere la visione ancora peggiore, nel bel mezzo di una scena si spegne lo schermo e si accendono le luci. Entra in sala una inserviente con banchetto di vendita bibite e popcorn, resta lì cinque minuti (in cui nessuno acquista alcunchè) e poi esce. Il film riprende regolarmente, ma l'interruzione è stata davvero fastidiosa, inutile e, se proprio era necessario farla, mal pianificata.
Insomma, pollice verso al cinema, pollice verso alla digitalizzazione/restauro, ma pollice alzatissimo per i Blues Brothers.
"Dannazione, è partito un pistone".
"Ma poi torna?".

martedì 1 maggio 2012

13 anni, alla facciazza tua

Oggi sono esattamente tredici anni da quando il prete, al momento delle firme, ci disse testualmente: "Vi conviene scegliere la separazione dei beni, perchè quando divorzierete le cose saranno più semplici".
Quando divorzierete. "Quando", non "se". Ma vaffanculo va.
Amen.

martedì 27 marzo 2012

Trenta anni fa

E' rimasta sepolta per trent'anni, ed improvvisamente, la scora settimana, mi è capitata tra le mani questa fotografia, scattata esattamente trenta anni fa (27 Marzo 1982) al Motovelodromo. Ho così poche foto del mio periodo da giocatore, che anche una semplice immagine di me seduto in panchina, in secondo piano, leggermente sfocato mi ha riempito di gioia e fatto tornare alla mente un turbinio di ricordi ed emozioni.
Se poi vogliamo andare sull'amarcord spinto, questo è quello che scrissi per Huddle Magazine esattamente dieci anni fa, in occasione del ventennale di quella memorabile e storica (per me) giornata.




venerdì 2 marzo 2012

Un mercoledì da leoni

Era un po' che mi frullava in testa, ma per un motivo o per l'altro avevo sempre rimandato. Dovendo rendere conto non più solo a sè stessi ma anche ad una famiglia (per quanto non possa assolutamente lamentarmi della libertà che altri mariti si sognano di notte), non è sempre possibile dire "cara, io parto e sto via due giorni", ed anche cercare di organizzare con amici vari ed eventuali non è mai molto semplice, a causa degli innumerevoli impegni di ognuno di noi. Penso che l'annuale appuntamento con la NFL a Londra sia meno problematico proprio perchè abbiamo una sorta di appuntamento fisso, ma ci sono voluti anni. Inutile dire, poi, che certi tour de force comprensivi di nottata in aeroporto anzichè in albergo, non li impongo a nessuno.
Comunque, alla fine ho deciso, e mercoledì mattina sono partito solo soletto alla volta di Londra per andarmi a vedere l'amichevole Inghilterra - Olanda a Wembley.
L'Inghilterra l'avevo già vista dal vivo in diverse occasioni, sempre a Torino. Con Belgio e Italia al Comunale (Europei 80), con la Germania al Delle Alpi (la famigerata semifinale mondiale in cui Stuart Pearce sbagliò un rigore), ancora con l'Italia in amichevole al Delle Alpi in mezzo alla nebbia nei primi 2000. Mai, però, avevo visto i Tre Leoni nella propria tana storica: Wembley.
E' stata un'esperienza interessante, divertente, istruttiva come solo i viaggi in solitaria possono esserlo (e chi meglio di me, che di viaggi in solitaria ne ho fatti mille e mille, può davvero saperlo).
Il viaggio è stato stupendo, come perfetta è stata la sua organizzazione (vabbè... da soli è facile organizzarsi qualsiasi cosa). L'atmosfera di Wembley era un po' più dimessa del solito, l'inno inglese molto meno partecipato, anche se poi nell'ultimo quarto d'ora di partita, quando l'Inghilterra ha prima rimontato due gol e poi si è fatta infilare da quel mago di Robben a tempo scaduto, l'ambiente si è scaldato a dovere.
Magnifico girare nei dintorni dello stadio con i tifosi delle due squadre mescolati, senza un poliziotto (almeno visibile), senza barriere, reti, recinzioni, percorsi obbligari, steward che invece di controllarti ti sballottano come fossi un fastidioso intoppo nella loro giornata. Magnifico entrare in uno stadio splendido, anche qui senza barriere nè cordoni di sicurezza. E pensare che fino a pochi anni fa Inghilterra - Olanda era occasione per epiche battaglie tra gli hooligans dei due paesi, per cui un minimo di preoccupazione per l'ordine pubblico avrebbe potuto essere anche giustificato.
Per quanto non ami particolarmente Londra, che trovo troppo caotica e confusa per i miei gusti, mi sono goduto la mezza giornata a zonzo, aiutato anche dalla temperatura primaverile (è già la terza volta consecutiva che vado a Londra e non piove... qualcosa non quadra!).
Un ringraziamento particolare a Jon, Martina e tutta la loro amabile famiglia inglese di origini olandesi con cui ho conversato per tutta la partita dopo che hanno scoperto che quel deficiente che parte dall'Italia per andare a vedere l'Inghilterra citato nel programma ufficiale della partita ero proprio io (anche se non è bello spiare gli altri quando mandano i tweet :))) ).
Un saluto anche a Josh, ubriaco tifoso Pompey che mi ha tenuto compagnia nell'ora di attesa dell'Easybus di fronte all'Allsop Arms in Gloucester Place, estasiato dal fatto che fossi di Torino ma non un fan della "Fucking Juventus", che conosceva Bianchi e Ogbonna e che era disperato perchè il suo Portsmouth sta per scomparire travolto dai debiti.
Menzione speciale per lo spicchio, coloratissimo e rumorosissimo, dei tifosi olandesi i quali, dopo il micidiale uno-due con cui l'Olanda si è portata in vantaggio in un minuto nel secondo tempo, si sono girati verso i loro vicini inglesi intonando un gioioso e possente "Always look on the bright side of life, tu-dù, tudù-tudù-tudùttudùttu" che ha fatto scompisciare dalle risate mezzo stadio.
Da rifare? Assolutamente si. Prossimo obiettivo una partita del Nottingham al City Ground, ma qui le cose si complicano parecchio...

mercoledì 1 febbraio 2012

Let it snow

Se confrontiamo la maggior parte delle cose e delle situazioni con i loro analoghi di "una volta" non possiamo che constatare di come le cose siano progredite e, in molti casi, migliorate, seguendo quello che comunemente viene chiamato "il progresso".
C'è una cosa, però, che sfugge a questa logica, ed è la neve. Non la neve in sè, intendiamoci, ma tutto quello che sta a corollario della precipitazione nevosa. Al giorno d'oggi basta la prima nevicata della stagione (copiosa, per carità, ma per nulla eccezionale) per determinare la chiusura delle scuole e l'emissione di bollettini che definire allarmistici è dir poco. State a casa, non prendete la macchina se non per estrema necessità, le precipitazioni rischiano di paralizzare la città, la provincia, la regione.
Eppure nevica molto meno di una volta. Ricordo quand'ero bambino che ogni anno iniziava a nevicare ad autunno inoltrato, e spesso il paesaggio innevato restava tale per tre mesi, rinforzato da qualche spruzzatina ogni tanto.
Ma le scuole restavano aperte. Non ricordo di essere mai stato a casa per neve, sebbene ricordi nevicate epiche e strade ghiacciate che oggi farebbero gridare allo scandalo. Poco sale, allora non usava, e tante pale. Ed i punti di raccolta per gli spalatori volontari, pagati a giornata, che arrotondavano con le mance di qualcuno che si faceva spalare la neve per liberare la macchina parcheggiata. E la vita continuava, imperterrita. I pullman passavano, le macchine circolavano, ovviamente molto più lente, senza le magiche gomme termiche che, oggi, sembrano così indispensabili. Senza le trazioni integrali, i SUV, i fuoristrada.
E nessuno si lamentava più di tanto per la neve, dal momento che era considerata una cosa normale per una città del Nord Italia (da non confondersi con i Tropici o l'Equatore).
E quante partite ho visto sugli spalti del Comunale ghiacciati e colmi di neve? Un bel Torino - Bastia, tanto per dirne una, con i cumuli di neve a bordo campo, o un Torino - Bologna con annessa battaglia a palle di neve in curva. E di rinviarla non se ne parlò nemmeno.
A questo punto mi chiedo: la neve di oggi è diversa? O abbiamo perso l'abitudine di essere una città del Nord? O, ancor più semplicemente, siamo diventati pigri, ci spaventiamo per nulla e tutto diventa drammatico?

giovedì 19 gennaio 2012

Benedetto sia il Kindle

Questa mattina sono uscito di casa con la mia oramai abituale dotazione letteraria e d'informazione. Le ultime dieci edizioni de "La Stampa", una decina di libri, gli ultimi sette numeri di "Golf Today", una decina di annate di "Stars and Stripes", un centinaio di articoli di giornali vari e tutte le altre scartoffie utili al "progetto" a cui mi sto dedicando da quasi un anno.
Come? No, no, il carretto l'ho lasciato a casa. In realtà tengo tutto in dieci pollici di spazio e circa mezzo chilo di peso totale.
Questa è una delle caratteristiche comode e meravigliose portate dal mio personale progetto di eliminazione carta oramai avviato dal 2010. Da cliente abituale e costante foraggiatore di librerie ed edicole di tutto il mondo, ho iniziato pian piano ad eliminare le riviste ed i quotidiani cartacei, passando alle edizioni digitali, operazione facilitata dall'acquisto del tablet la scorsa primavera. La comodità di leggere La Stampa sul tablet anche dove l'edicola più vicina è in un altro mondo è oramai irrinunciabile, così come anche la possibilità di leggere alcune delle mie riviste preferite, sempre sulla tavoletta.
La chiusura del cerchio è rappresentata dall'acquisto del Kindle, avvenuta non senza un certo timore, vista la pessima esperienza di lettura di libri sul tablet. Stentavo a credere a chi mi diceva, prima dell'acquisto, che non avrei notato una grossa differenza tra l'esperienza di lettura con il Kindle e quella con un libro normale, soprattutto perchè, avendo provato a leggere due libri con l'applicazione apposita del tablet, avevo provato un gran fastidio, quasi sicuramente provocato dall'eccessiva luminosità degli schermi LCD, deleteria per una lettura prolungata.
Il Kindle, invece, è davvero un altro mondo. Leggibilità perfetta, stanchezza degli occhi praticamente inesistente, comodità assolutamente non paragonabile rispetto ad un libro di carta. Prendiamo il libro che sto leggendo ora: uno Stephen King di 1500 pagine che riesco comodamente a leggere tenendo il lettore con una mano sola e girando le pagine con un click. E niente pericolo di perdere il segno, visto che il kindle si ricorda dove sei arrivato e ti permette di riaprire il libro alla pagina a cui l'avevi lasciato senza bisogno di metterci un segnalibri che puo' sempre svolazzare via (o che, se uno ha un figlio particolarmente spiritoso, viene spostato a bella posta).
Non sono mai stato uno di quelli che sottolinea, scrive, evidenzia, perchè mi sembrava di rovinare il libro, ma nel caso lo fossi, il Kindle ha anche funzioni che permettono di farlo.
Io sono soddisfatto. La mia casa pure, non dovendo più inventare spazio per i nuovi libri o le pile di nuove riviste. Le foreste, poi, lo sono ancor di più, pensando a quanti alberi vengono risparmiati.
Se proprio mi mancherà l'odore della carta, andrò a sniffare i pacchi di volantini pubblicitari che mi arrivano in buca. Oppure andrò nella biblioteca di fronte a casa, se la situazione si dovesse fare critica.

giovedì 12 gennaio 2012

Il costo del lavoro

Da qualche tempo, il monitor del mio PC in ufficio faceva i capricci. L'immagine si schiacciava verso il basso, e tornava a posto solamente dopo il più classico degli interventi tecnici altamente specializzati: una bottarella con la mano.
Un classico caso di tubo catodico in esaurimento (si, siamo nel 2012, i monitor a tubo praticamente non li producono più, e noi li abbiamo ancora...).
Sono fortunato, mi dico, perchè l'ufficio immediatamente a fianco del mio si occupa proprio di assistenza hardware. Tutto trullo e pacifico percorro i tre metri di corridoio che separano le porte dei due uffici, entro in quello dell'assistenza e vado dal collega che solitamente mette le mani sulla nostra ferraglia, spiegandogli il problema.
"OK - mi dice - te lo sostituisco. Aprimi solo il ticket di richiesta intervento".
Si, perchè dovete sapere che da qualche tempo a questa parte per fare qualsiasi cosa bisogna aprire un ticket di intervento attraverso una applicazione web che gestisce tutte le richieste di intervento, che siano relative a problemi software, hardware, tende rotte, finestre che non si aprono, asciugamani mancanti in bagno, e via discorrendo. Al momento sono escluse da questo processo di tracciamento le funzioni corporali essenziali, ma non è detto lo restino ancora per molto.
Ad ogni buon conto, mi industrio per aprire questo benedetto ticket. E non pensate che sia facile. Il ticket deve essere assegnato al gruppo solutore giusto, pena l'allungamento dei tempi di risoluzione dello stesso. Peccato che i gruppi solutori abbiano nomi poco parlanti e/o fuorvianti e che non si abbia comunque alcun modo per controllare preventivamente chi ne faccia parte, così che se sbagli gruppo puoi solamente segnalarlo, così che il gruppo solutore che ha in carico il ticket di segnalazione lo giri al gruppo corretto (sempre che lo conosca...).
Ve la faccio breve, perchè ci sarebbe da raccontare per mesi e mesi. Una volta aperto il ticket ne seguo il tracciamento.
Il collega di Torino a cui l'ho aperto lo gira ad un altro gruppo solutore che a sua volta lo gira ad un terzo gruppo. Dopodichè mi arriva una telefonata di un tecnico di Roma che vuole sapere cosa non va nel mio monitor. Gli ripeto per filo e per segno quello che gli ho scritto nella richiesta di sostituzione monitor, e lui bolla il ticket con l'imperativo "SOSTITUIRE", e lo gira al Magazzino di Milano.
Al Magazzino di Milano il ticket resta fermo un giorno, cioè fino a quando un componente del gruppo gira il ticket al Magazzino di Torino che, a sua volta, lo gira al collega con cui avevo parlato qualche giorno fa.
Tempo dieci minuti, il collega si presenta con un monitor di recupero, mi stacca quello vecchio e me lo sostituisce.
Tempo dell'intervento: tre minuti.
Tempo di reperimento monitor di recupero in magazzino: tre minuti.
Tempo di analisi, evasione e reindirizzamento del ticket: quattro giorni lavorativi.
La prossima volta che vi aumenta la polizza e vi dicono che è colpa del costo dei sinistri che aumenta, dell'aumento dell'addizionale regionale o della rimodulazione delle tariffe in base alle informazioni anagrafiche del contraente, ricordatevi di questo modello di efficienza operativa, e fatevi qualche domanda in più.

P.S. - Il monitor di recupero (a tubo, ovviamente) ogni tanto si spegne e si riaccende da solo, senza che nessuno lo tocchi. Dovrei essere comunque soddisfatto, capita solo quattro o cinque volte al giorno, mentre lo schiacciamento dell'immagine di quello vecchio capitava circa ogni mezz'ora.