venerdì 5 settembre 2014

Irlanda 2014: appunti di viaggio /3


Lasciata Galway, le nebbie del Moher e lo splendido Connemara, è tempo di appropinquarsi a quella che, personalmente, era la parte del viaggio che attendevo con maggiore interesse: l’Irlanda del Nord.
Ammetto che il mio interesse per quella specifica parte dell’isola è prettamente legato alla storia recente legata all’indipendentismo ed alla lotta per i diritti civili che hanno trasformato quella parte d’Irlanda in un vero e proprio campo di guerra negli ultimi quarant’anni. Sin da quando ascoltai una interessantissima conferenza di Gerry Adams (leader del Sinn Fein) all’Hiroshima, provai il forte desiderio di visitare i luoghi di cui parlava, convinto che non basta leggere libri e guardare documentari, spesso solo recandosi di persona sui luoghi di determinati avvenimenti se ne comprende davvero la portata.
E così, passando per la campagna irlandese e facendo tappa nel primo grosso centro abitato “oltreconfine”, Enniskillen (ovviamente subito ribattezzato “Emis Killa” dal passeggero seduto sul sedile posteriore), arriviamo a Belfast.
Bisogna dire che il passaggio da Repubblica a Regno Unito, pur in assenza di posti di confine veri e propri, lo si nota per due cose principali: il diesel costa più della benzina (mai visto altrove) e l’ordine, la pulizia ed il buono stato delle strade suburbane, un punto piuttosto dolente in Irlanda.
Belfast è una città prettamente industriale, che porta ancora i segni dei “Troubles” soprattutto nella gente. Il centro è stato rimesso praticamente a nuovo, e a parte qualche targa sparsa in alcuni posti “chiave”, non si vede più nulla. Ma basta uscire dal centro e fare due passi verso Shankill o The Falls, le due roccaforti protestante e cattolica, e tutto cambia.
La cosa più evidente è il muro. Un lungo muro sovrastato dal filo spinato che divide a metà i due quartieri. Il parallelo con il muro di Berlino viene abbastanza naturale, ma le guide si affrettano a dirti che no, non è la stessa cosa. Il muro di Berlino divideva due ideali, il muro di Belfast (chiamato “Peace Wall”) è un muro che serve a proteggere gli abitanti che si trovano al confine tra i due quartieri, non a separarli. Sarà, ma la spiegazione non mi ha convinto nemmeno un po’.
Fa un certo effetto vedere uno dei checkpoint a pochi metri da Falls Road, oramai aperto e non più presidiato, ma che nei periodi caldi prevedeva il presidio permanente di un gruppo di militanti dell’IRA da una parte e della UVF dall’altra che fermavano le persone ed effettuavano un vero e proprio controllo di frontiera. Così come oggi si può liberamente percorrere le strade dei due quartieri senza essere avvicinati da nessuno che debba controllare chi tu sia, cosa ci faccia in quel posto e cosa voglia.
Alcuni dei murales che adornano Falls Road sono davvero spettacolari, soprattuto quello dedicato a Bobby Sands, famosissimo, che occupa tutta una facciata laterale della sede del Sinn Fein. Ecco, se dovessi trovare una differenza tra le due vie principali, Falls Road e Shankill Road, a parte il proliferare di Union Jack da una parte e di Red Hand of Ulster dall’altra, sono proprio i murales. Celebrativi, per la maggior parte, o con un chiaro messaggio politico anche attuale, quelli in Falls Road, dispregiativi a canzonatori, oltre a qualche rara celebrazione dei guerriglieri protestanti, quelli in Shankill road. Una sorta di “tifo contro” anziché l’esaltazione dei propri principi e valori, che risente ancora notevolmente della posizione dominante che la parte protestante ha avuto per anni in Irlanda del Nord e che, a ben vedere, è stata una delle cause scatenanti dell’intera questione nordirlandese.
Al di là dei quartieri storici, Belfast offre un porto con i cantieri navali tra i più grossi in Europa, dove venne costruito il Titanic, un parlamento imponente (Stormont estate) in classico stile Impero Britannico esattamente come il Municipio in centro città, dominato e controllato dalla statua della Regina Vittoria proprio all’ingresso.
Ma l’Irlanda del Nord non è solo Belfast. Vale la pena visitare anche Derry (o Londonderry, come la chiamano gli unionisti), dove si possono trovare un’altra serie di murales storici proprio all’entrata del Bogside, il quartiere cattolico, nel luogo dove avvenne il famoso “Bloody Sunday” ricordato da una famosissima canzone degli U2. Derry è una cittadina medievale composta da una cittadella dentro le mura storiche in cima ad un cucuzzolo, alla base del quale si è poi sviluppata la città moderna.
Purtroppo abbiamo dedicato a questa città solo una mezza giornata, ma l’impressione è che una visita un po’ più approfondita non ci sarebbe stata male.
Se si raggiunge Derry facendo la strada costiera passando da Ballycastle, si possono apprezzare panorami incantevoli, soprattutto nella zona di Carrick-a-Rede, dove si trovano una serie di scogliere molto scenografiche ed un insieme di formazioni naturali caratteristiche ed interessanti come il Giant’s Causeway, una raccolta di colonne spontanee di basalto.
Con la visita nella parte nord dell’isola, termina il nostro breve giro in Irlanda. E’ ora di tornare a Dublino, restituire l’auto e prendere l’aereo che ci riporta in Italia.
Come già accennato, alla fine del viaggio resta una leggera delusione. Forse le aspettative erano troppo alte, ma ci siamo trovati a confrontare questo tour con quello fatto qualche anno fa in Scozia, e non c’è paragone. A parte la mia personale soddisfazione per aver finalmente visitato Belfast e Derry, per il resto sia la parte naturalistica che quella “cittadina” dell’Irlanda ci è parsa di livello inferiore rispetto alla patria del kilt e della cornamusa.
Un motivo in più per tornare dall’altra parte del mare e visitare la parte di Scozia tralasciata nella scorsa visita!