Lasciata Galway, le nebbie del Moher e lo splendido
Connemara, è tempo di appropinquarsi a quella che, personalmente, era la parte
del viaggio che attendevo con maggiore interesse: l’Irlanda del Nord.
Ammetto che il mio interesse per quella specifica parte dell’isola
è prettamente legato alla storia recente legata all’indipendentismo ed alla
lotta per i diritti civili che hanno trasformato quella parte d’Irlanda in un
vero e proprio campo di guerra negli ultimi quarant’anni. Sin da quando
ascoltai una interessantissima conferenza di Gerry Adams (leader del Sinn Fein)
all’Hiroshima, provai il forte desiderio di visitare i luoghi di cui parlava,
convinto che non basta leggere libri e guardare documentari, spesso solo
recandosi di persona sui luoghi di determinati avvenimenti se ne comprende
davvero la portata.
E così, passando per la campagna irlandese e facendo tappa
nel primo grosso centro abitato “oltreconfine”, Enniskillen (ovviamente subito ribattezzato
“Emis Killa” dal passeggero seduto sul sedile posteriore), arriviamo a Belfast.
Bisogna dire che il passaggio da Repubblica a Regno Unito,
pur in assenza di posti di confine veri e propri, lo si nota per due cose principali:
il diesel costa più della benzina (mai visto altrove) e l’ordine, la pulizia ed
il buono stato delle strade suburbane, un punto piuttosto dolente in Irlanda.
Belfast è una città prettamente industriale, che porta
ancora i segni dei “Troubles” soprattutto nella gente. Il centro è stato
rimesso praticamente a nuovo, e a parte qualche targa sparsa in alcuni posti “chiave”,
non si vede più nulla. Ma basta uscire dal centro e fare due passi verso
Shankill o The Falls, le due roccaforti protestante e cattolica, e tutto
cambia.
La cosa più evidente è il muro. Un lungo muro sovrastato dal
filo spinato che divide a metà i due quartieri. Il parallelo con il muro di
Berlino viene abbastanza naturale, ma le guide si affrettano a dirti che no,
non è la stessa cosa. Il muro di Berlino divideva due ideali, il muro di
Belfast (chiamato “Peace Wall”) è un muro che serve a proteggere gli abitanti
che si trovano al confine tra i due quartieri, non a separarli. Sarà, ma la
spiegazione non mi ha convinto nemmeno un po’.
Fa un certo effetto vedere uno dei checkpoint a pochi metri
da Falls Road, oramai aperto e non più presidiato, ma che nei periodi caldi
prevedeva il presidio permanente di un gruppo di militanti dell’IRA da una
parte e della UVF dall’altra che fermavano le persone ed effettuavano un vero e
proprio controllo di frontiera. Così come oggi si può liberamente percorrere le
strade dei due quartieri senza essere avvicinati da nessuno che debba
controllare chi tu sia, cosa ci faccia in quel posto e cosa voglia.
Alcuni dei murales che adornano Falls Road sono davvero
spettacolari, soprattuto quello dedicato a Bobby Sands, famosissimo, che occupa
tutta una facciata laterale della sede del Sinn Fein. Ecco, se dovessi trovare
una differenza tra le due vie principali, Falls Road e Shankill Road, a parte
il proliferare di Union Jack da una parte e di Red Hand of Ulster dall’altra,
sono proprio i murales. Celebrativi, per la maggior parte, o con un chiaro
messaggio politico anche attuale, quelli in Falls Road, dispregiativi a
canzonatori, oltre a qualche rara celebrazione dei guerriglieri protestanti,
quelli in Shankill road. Una sorta di “tifo contro” anziché l’esaltazione dei
propri principi e valori, che risente ancora notevolmente della posizione
dominante che la parte protestante ha avuto per anni in Irlanda del Nord e che,
a ben vedere, è stata una delle cause scatenanti dell’intera questione
nordirlandese.
Al di là dei quartieri storici, Belfast offre un porto con i
cantieri navali tra i più grossi in Europa, dove venne costruito il Titanic, un
parlamento imponente (Stormont estate) in classico stile Impero Britannico
esattamente come il Municipio in centro città, dominato e controllato dalla
statua della Regina Vittoria proprio all’ingresso.
Ma l’Irlanda del Nord non è solo Belfast. Vale la pena
visitare anche Derry (o Londonderry, come la chiamano gli unionisti), dove si
possono trovare un’altra serie di murales storici proprio all’entrata del Bogside,
il quartiere cattolico, nel luogo dove avvenne il famoso “Bloody Sunday”
ricordato da una famosissima canzone degli U2. Derry è una cittadina medievale
composta da una cittadella dentro le mura storiche in cima ad un cucuzzolo,
alla base del quale si è poi sviluppata la città moderna.
Purtroppo abbiamo dedicato a questa città solo una mezza
giornata, ma l’impressione è che una visita un po’ più approfondita non ci sarebbe
stata male.
Se si raggiunge Derry facendo la strada costiera passando da
Ballycastle, si possono apprezzare panorami incantevoli, soprattutto nella zona
di Carrick-a-Rede, dove si trovano una serie di scogliere molto scenografiche
ed un insieme di formazioni naturali caratteristiche ed interessanti come il
Giant’s Causeway, una raccolta di colonne spontanee di basalto.
Con la visita nella parte nord dell’isola, termina il nostro
breve giro in Irlanda. E’ ora di tornare a Dublino, restituire l’auto e prendere
l’aereo che ci riporta in Italia.
Come già accennato, alla fine del viaggio resta una leggera
delusione. Forse le aspettative erano troppo alte, ma ci siamo trovati a
confrontare questo tour con quello fatto qualche anno fa in Scozia, e non c’è
paragone. A parte la mia personale soddisfazione per aver finalmente visitato
Belfast e Derry, per il resto sia la parte naturalistica che quella “cittadina”
dell’Irlanda ci è parsa di livello inferiore rispetto alla patria del kilt e
della cornamusa.
Un motivo in più per tornare dall’altra parte del mare e visitare
la parte di Scozia tralasciata nella scorsa visita!
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