mercoledì 22 agosto 2018

USA 2018: Diario di viaggio/3 - Bryce e Zion

Con l'immensità del Grand Canyon ancora negli occhi, lasciamo Flagstaff per dirigerci alla prossima tappa: Hatch. Hatch, che non è la botola di Lost ma poco ci manca, è uno sperduto agglomerato di 4 case (quattro di numero, non così per dire. Vabbè... facciamo otto...) nello Utah, che ha il vantaggio di essere a 20 minuti dal Bryce Canyon ed a quaranta dall'entrata Est dello Zion National Park, le nostre prossime due mete.
La strada costeggia il Grand Canyon da lontano. Il Canyon non è immediatamente visibile, ma qua e là si intravede il bordo opposto all'orizzonte e, ancora una volta, ci si rende conto di quanto immenso sia.
Durante il percorso, approfittando del passaggio da Page (che sarà la nostra tappa successiva), ci fermiamo poco fuori dell'abitato della cittadina dell'Arizona per fare una capatina al Deadhorse Point. Avremmo dovuto visitarlo tra un paio di giorno, ma già che ci siamo. Poi manca poco a pranzo, è un sentiero con passeggiata da cinque minuti. Che vuoi che sia.
Arriviamo al parcheggio, piuttosto affollato, e vediamo subito i cartelli che consigliano di affrontare la camminata attrezzati di cappellino o copricapo per il sole ed una adeguata scorta di acqua. Ma come? Anche per una passeggiata di cinque minuti ci vuole il bidone d'acqua da 5 litri? Dopo cinque minuti di cammino, quando è chiaro che ce ne vorranno altri 15, come minimo, tra salite e discese, mi appunto mentalmente di recuperare il sito dove avevo letto dei "cinque minuti a piedi", ripromettendomi di mandarli a fare ripetutamente i cinque minuti di camminata avanti e indietro, senza acqua e sotto il sole a 40 gradi. Un po' d'acqua l'avevamo comunque, ma impariamo che è meglio seguire le indicazioni dei cartelli, che non sono certamente state messe a rampazzo. Ci tornerà utile in seguito.

Anche in questo caso, il Deadhorse Point si rivela in tutto il suo splendore solo una volta arrivati quasi al bordo del canyon. Siamo di fronte ad una delle centinaia di anse che il fiume Colorado forma quando si stufa di andare dritto, creando delle vere e proprie meraviglie. Questa è quella più facilmente accessibile, ma se fosse possibile seguire dall'alto il corso del fiume ne troveremmo molte altre. Visto mille e mille volte in fotografia (si può dire che ci mangio sempre davanti, visto che al bar dove pranzo solitamente campeggia un'enorme foto di questa splendida ansa di fiume), esserci di fronte "dal vivo" è un'emozione unica, appena intaccata dalla miriade di turisti urlanti che infestano la zona. Che poi, cos'avranno sempre da urlare, i turisti, non si sa.
Raggiungiamo Hatch un po' provati dal viaggio, per cui il programma subisca un lieve cambiamento: invece di fare Bryce nel pomeriggio per vedere il tramonto, faremo entrambi i parchi il giorno successivo, iniziando dall'alba a Bryce per poi andare allo Zion.
L'alba al Bryce Canyon è un qualcosa di magico e spettacolare. Anche in questo caso i turisti sono purtroppo tanti (ma l'avevamo messo in conto: è il periodo di massimo affollamento), ma, stranamente, l'atmosfera contagia tutti. Gente che solitamente urlerebbe come al mercato del pesce parla sottovoce, nessuno che osa rovinare il momento. L'aria è fresca e la luce del sole che sporge va ad illuminare gradatamente l'anfiteatro naturale composto dalle mille guglie caratteristiche di questo parco, accendendole di ombre e colori incredibili. Ancora una volta la natura si dimostra capace di dipingere scenari incantevoli, praticamente irriproducibili nè con le foto, nè con i disegni, ma ben vividi nella mente e nei ricordi di chi li ha visti.
Con il grosso della truppa attestato al Sunrise Point, ci avventuriamo per la strada che si intrufola nel parco, fermandoci ai vari View Point per una raccolta di viste mozzafiato vissute in santa pace con nessuno tra i piedi.
Il sole si alza, la mattina avanza, e si fa l'ora di tornare a prendere il pargolo che all'alba al Bryce ha preferito la ronfata in albergo per poi dirigerci allo Zion.
Arriviamo all'entrata est dello Zion poco prima di pranzo. La strada che conduce dall'entrata est a quella principale è una tipica strada di montagna, panoramica e tutta curve, che ci dà un primo assaggio del parco. Quando arriviamo al Visitors Center, però, i parcheggi sono pieni, e bisognerebbe proseguire fino a Springdale e poi prendere una delle navette per tornare al parco.
Tenendo conto che il maltempo di qualche settimana prima ha costretto i ranger a chiudere al pubblico due delle più belle zone dello Zion Canyon (Angel's Landing e The Narrows), ci limitiamo a visitare la parte di parco visitabile senza ricorrere alle navette (obbligatorie per lo Zion Canyon) e, dopo mangiato, ci dirigiamo nuovamente verso il Bryce, dove stavolta andremo a rivedere alcuni punti già visti al mattino e completare il giro al Sunset Point ed all'Inspiration Point, la cui visita è consigliata proprio nel tardo pomeriggio per godere meglio delle condizioni di luce favorevoli.
Il tempo ce la mette tutta per cercare di rovinarci la visita, rovesciando sul parco una quantità d'acqua esagerata, ma aspettando pazientemente che spiova riusciamo comunque a vedere ancora le ultime cose che mancavano, replicando l'incredibile spettacolo del mattino con toni e colori incredibili.
Il figliolo comincia a pensare che forse la levataccia per vedere l'alba non sarebbe stata una cattiva idea, ma ormai cosa fatta capo ha. Sarà per la prossima volta.

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