martedì 21 agosto 2018

USA 2018: Diario di viaggio/2 - Grand Canyon

E' ora di lasciare la metropoli, le sue code infinite ed il traffico infernale per iniziare la VERA vacanza, cioè un lungo giro per i parchi nazionali del sudovest americano. Arizona, Utah, Colorado e New Mexico ci aspettano con le loro strade lunghe e diritte, le loro distanze giganti tra un centro abitato e l'altro e, soprattutto, le loro meraviglie naturali distribuite su quel parco giochi personale dei geologi chiamato Colorado Plateau.
Per arrivare alla prima tappa del nostro itinerario spezziamo il viaggio da Los Angeles a Flagstaff in due, fermandoci a dormire circa a metà strada nell'ultimo paesino della California prima di entrare in Arizona. Si tratta di Needles, un piccolo agglomerato di case nel mezzo del deserto del Mojave dove ci accoglie la simpatica temperature di 118 gradi fahrenheit (sono 48 gradi centigradi: QUA-RAN-TOT-TO!!!). "Si ma non c'è umidità", dice quello, "ed il caldo è più sopportabile". Sarà anche così, ma uscire dalla camera d'albergo per andare a mangiare al ristorante dall'altra parte della strada significa entrare in un forno acceso ed essere investiti dal vento caldo generato da un gigantesco phon. Sarà anche secco, ma il caldo è caldo.
Needles si trova proprio sulla vecchia Route 66, ed è una delle poche cittadine a non essere stata tagliata fuori dalla I-40 che, in questa zona, ne ricalca quasi completamente il tracciato, e tutto è proprio come nei vecchi film. Motel dai nomi esotici, insegne dai colori sgargianti (magari un po' sbiaditi, oggi) e sapore di "antico" ovunque. Nel nostro avvicinamento a Flagstaff, il giorno successivo, facciamo una sosta per pranzare a Williams, altra città storica della Route 66 che mantiene inalterato il suo stile anni '50. A volte sembra di trovarsi catapultati dentro il cartone animato "Cars".

Arriviamo finalmente a Flagstaff, un nome mitico per chi ricorda l'epopea del vecchio West. Flagstaff era un posto di diligenza (e poi snodo ferroviario) molto famoso verso la fine dell'800, ed oggi è una gradevole cittadina circondata dai pini gialli della Coconino National Forest.
Da Flagstaff si arriva al Grand Canyon in poco più di un'ora di viaggio, passando da una foresta all'altra, in mezzo al verde ed agli alberi d'alto fusto, tanto da far sorgere la domanda: ma questo Canyon, esattamente dove diavolo si trova?
Si trova... in basso, ovviamente ma non troppo. Flagstaff, infatti, si trova a poco più di duemila metri d'altezza, ma essendo noi abituati ad associare le montagne a quelle altitudini, non ci facciamo minimamente caso. La caratteristica del Colorado Plateau, infatti, è proprio quella di essere ad una altitudine media di 2000 metri, senza lo straccio di una montagna degna di questo nome a fare da contorno, e questo fa sì che non ci si renda conto di trovarsi in altura.
Il Grand Canyon, dicevamo. Passata la stazione di ingresso lasciamo la macchina ad uno dei parcheggi e ci dirigiamo verso il visitors center, senza che ci sia la minima avvisaglia di quello che stiamo per vedere.
Finchè non arrivi sul bordo dello strapiombo, infatti, il Canyon non lo vedi per niente, ma quando ti si apre improvvisamente sotto i piedi e davanti allo sguardo, l'emozione ti prende, ti avvolge e ti lascia senza fiato.
Non credo che nessuna fotografia, per quanto nitida, bella e con la luce giusta, riesca a restituire la sensazione di immensità che si prova ad affacciarsi al Canyon.
Laggiù in fondo, a più di un chilometro di distanza, il Colorado River scorre placido e tranquillo, continuando lento e costante nella sua opera di erosione, quella stessa opera che ha creato questa meraviglia della natura.
Guardando i costoni di roccia si possono leggere distintamente le varie stratificazioni che si sono impilate una sull'altra in milioni di anni e migliaia di terremoti e fenomeni naturali che hanno modellato questa stupenda fessura nel terreno che si perde a vista d'occhio.
Con la navetta del parco ci soffermiamo nei vari punti panoramici, e ad ognuno la vista cambia regalando una nuova emozione, un nuovo scorcio.
Il tempo passa rapido mentre ci lasciamo travolgere dai panorami mozzafiato e cerchiamo di scattare le foto che dovranno ricordarci le emozioni vissute in questo momento (ma già sappiamo che non sarà facile, anche perchè c'è una fastidiosissima luce biancastra che smorza i colori ed appiattisce tutto, dentro l'obiettivo), e ben presto si fa l'ora di tornare a casa. Riusciamo ancora a fermarci appena fuori dal parco a causa dell'attraversamento della strada da parte di un paio di alci che pascolano paciosamente a bordo strada, incuranti del fatto di essere diventati l'attrazione principale dei turisti che hanno fermato la loro auto per scattare alcune foto (in realtà qualche genio vorrebbe andare vicino a toccarle, ma fortunatamente viene convinto a desistere).
Beh, come inizio dell'itinerario non c'è male. Se queste sono le premesse, le visite ai prossimi parchi saranno grandiose.

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