Un anno di attesa, di organizzazione, di pianificazione, e finalmente arriva il giorno della partenza di un viaggio la cui genesi risale alle vacanze dello scorso anno, ad ulteriore conferma, se mai ce ne fosse stato il bisogno, di quanto poco entusiasmo avessero generato i dieci giorni a Mentone.
Prima tappa dell'avventura è Los Angeles, una città che, in realtà, non mi ha mai attirato più di tanto, e che in questa prima a rapida visita non ha fatto nulla per farmi cambiare idea.
La prima impressione della città è l'estremo caos che regna praticamente dappertutto. Un caos ordinato, molto americano, ma sempre caos è. La seconda impressione è che senza un'automobile sei praticamente spacciato. La vastità dell'agglomerato urbano è tale da scoraggiare chiunque ad usare dei mezzi pubblici che, per quanto possano essere efficienti, devono comunque coprire distanze notevoli, perdendo tutto il vantaggio rispetto al mezzo privato. Dall'altro lato, bisogna rassegnarsi a spendere una cifra in parcheggi, anche se l'opzione centro commerciale con tariffa agevolata è spesso disponibile. La terza impressione è che Los Angeles è una coda continua. Inizi a stare in coda quando scendi dall'aereo per l'immigrazione, continui per il ritiro dell'auto a noleggio e poi ti immetti nella coda perenne che contraddistingue le grandi arterie di scorrimento della città. L'impressione è che a Los Angeles la coda sia oramai uno stile di vita accettato e dal quale non ci si possa sottrarre in alcun modo.
Avendo un giorno già impegnato con il training camp dei Rams, il tempo per il turismo non è stato sicuramente adeguato alla quantità di roba da vedere. Persa la visita all'osservatorio Griffith per troppo affollamento nel piccolo parcheggio a disposizione, ci siamo limitati ad un paio di classici come la Walk of Fame e Rodeo Drive, con puntatina a Santa Monica per la sera.
Impressioni? Bah... turisti, turisti e ancora turisti. Una quantità inenarrabile di italiani, ed alla fine niente di entusiasmante.
Nulla a che vedere con la giornata passata al camp dei Rams, dove abbiamo potuto tastare dal vivo la perfetta organizzazione di un evento curato nei minimi particolari da una franchigia NFL. Tutto molto bello e coinvolgente, con uno spiegamento di personale davvero imponente, anche se, alla fine, il parcheggio prepagato non l'ha controllato nessuno (e da nessuna parte c'era un botteghino per pagare il parcheggio per coloro che non avevano il prepagato), e nessuno ha controllato che fossi davvero abbonato, nonostante la giornata fosse riservata ai possessori di abbonamento annuale. Addirittura allo store, per avere lo sconto riservato agli abbonati, la cassiera mi ha chiesto "season ticket holder?", ed io ho ovviamente risposto "sure!", e via con il 20% di sconto!
Prima tappa dell'avventura è Los Angeles, una città che, in realtà, non mi ha mai attirato più di tanto, e che in questa prima a rapida visita non ha fatto nulla per farmi cambiare idea.
La prima impressione della città è l'estremo caos che regna praticamente dappertutto. Un caos ordinato, molto americano, ma sempre caos è. La seconda impressione è che senza un'automobile sei praticamente spacciato. La vastità dell'agglomerato urbano è tale da scoraggiare chiunque ad usare dei mezzi pubblici che, per quanto possano essere efficienti, devono comunque coprire distanze notevoli, perdendo tutto il vantaggio rispetto al mezzo privato. Dall'altro lato, bisogna rassegnarsi a spendere una cifra in parcheggi, anche se l'opzione centro commerciale con tariffa agevolata è spesso disponibile. La terza impressione è che Los Angeles è una coda continua. Inizi a stare in coda quando scendi dall'aereo per l'immigrazione, continui per il ritiro dell'auto a noleggio e poi ti immetti nella coda perenne che contraddistingue le grandi arterie di scorrimento della città. L'impressione è che a Los Angeles la coda sia oramai uno stile di vita accettato e dal quale non ci si possa sottrarre in alcun modo.
Avendo un giorno già impegnato con il training camp dei Rams, il tempo per il turismo non è stato sicuramente adeguato alla quantità di roba da vedere. Persa la visita all'osservatorio Griffith per troppo affollamento nel piccolo parcheggio a disposizione, ci siamo limitati ad un paio di classici come la Walk of Fame e Rodeo Drive, con puntatina a Santa Monica per la sera.
Impressioni? Bah... turisti, turisti e ancora turisti. Una quantità inenarrabile di italiani, ed alla fine niente di entusiasmante.
Nulla a che vedere con la giornata passata al camp dei Rams, dove abbiamo potuto tastare dal vivo la perfetta organizzazione di un evento curato nei minimi particolari da una franchigia NFL. Tutto molto bello e coinvolgente, con uno spiegamento di personale davvero imponente, anche se, alla fine, il parcheggio prepagato non l'ha controllato nessuno (e da nessuna parte c'era un botteghino per pagare il parcheggio per coloro che non avevano il prepagato), e nessuno ha controllato che fossi davvero abbonato, nonostante la giornata fosse riservata ai possessori di abbonamento annuale. Addirittura allo store, per avere lo sconto riservato agli abbonati, la cassiera mi ha chiesto "season ticket holder?", ed io ho ovviamente risposto "sure!", e via con il 20% di sconto!
La giornata è filata via rapidamente, grazie anche a Scott ed Antonio, due amici di lunga data che non vedevo da tempo, che ci hanno scorrazzato in lungo ed in largo, prima a vedere il cantiere dello stadio nuovo, poi al training camp, con tanto di omaggio di un casco (non replica... un casco proveniente dall'equipment manager dei Rams quando ancora erano a St.Louis) che abbiamo cercato di far firmare a qualche giocatore riuscendoci sono con Johnny Hekker, davvero cortese e gentile con tutti coloro che gli chiedevano un autografo o una foto.
La tappa di Los Angeles era anche l'unica in cui ci siamo avvalsi di Air bnb. Come prima esperienza non è stata del tutto positiva. Appartamento più piccolo del previsto, secondo letto osceno (meglio il materasso gonfiabile, ma di poco), e un episodio che ci ha lasciati piuttosto perplessi. Arrivati a casa il primo giorno, abbiamo trovato la porta aperta e la luce accesa. Non mancava nulla e nulla era stato spostato, ma qualcuno era chiaramente entrato nell'appartamento, probabilmente per controllare qualcosa. Io sono strasicuro di avere chiuso la porta con il lock a combinazione, il padrone di casa dice che la combinazione la sapevamo solo io e lui e lui non è entrato. Fatto sta che l'episodio è stato piuttosto strano e non mi ha lasciato molto tranquillo per il giorno successivo. Nulla è più successo, fortunatamente, ma il mistero resta.
Al di là di questo episodio, comunque, l'esperienza Air bnb non ci ha lasciato particolarmente entusiasti, anche se è stata piuttosto obbligata, visti gli alti costi degli alberghi (a meno di non andare nelle topaie, ovviamente).
La tappa di Los Angeles era anche l'unica in cui ci siamo avvalsi di Air bnb. Come prima esperienza non è stata del tutto positiva. Appartamento più piccolo del previsto, secondo letto osceno (meglio il materasso gonfiabile, ma di poco), e un episodio che ci ha lasciati piuttosto perplessi. Arrivati a casa il primo giorno, abbiamo trovato la porta aperta e la luce accesa. Non mancava nulla e nulla era stato spostato, ma qualcuno era chiaramente entrato nell'appartamento, probabilmente per controllare qualcosa. Io sono strasicuro di avere chiuso la porta con il lock a combinazione, il padrone di casa dice che la combinazione la sapevamo solo io e lui e lui non è entrato. Fatto sta che l'episodio è stato piuttosto strano e non mi ha lasciato molto tranquillo per il giorno successivo. Nulla è più successo, fortunatamente, ma il mistero resta.
Al di là di questo episodio, comunque, l'esperienza Air bnb non ci ha lasciato particolarmente entusiasti, anche se è stata piuttosto obbligata, visti gli alti costi degli alberghi (a meno di non andare nelle topaie, ovviamente).
Dopo tre notti a LA, finalmente è giunto il momento di partire per la vacanza vera e propria.
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