Per andare da Kayenta a Moab avevamo due scelte: passare da Four Corners o da Mexican Hat. La prima opzione poteva comportare una piccola deviazione per andare nell'unico posto degli Stati Uniti dove si incontrano quattro stati e dove è stato piazzato un blocco di pietra dove questo incrocio è segnato da una croce, ed i visitatori si divertono a mettere mani e piedi nei quattro differenti stati contemporaneamente, rendendo quindi reale il dono dell'ubiquità, poichè in questa maniera una parte del corpo è contemporaneamente in Arizona, Utah, Colorado e New Mexico.
Avendo già fatto questa esperienza precedentemente e non avendola trovata particolarmente degna di nota, decidiamo di passare da Mexican Hat, approfittando di tre vantaggi contemporaneamente: la strada è più corta, passata la Monument Valley si arriva in un punto particolarmente panoramico di cui dirò tra poco, e si passa da Mexican Hat, dove una formazione rocciosa particolare dall'aspetto di un messicano con il sombrero dà il nome alla località che la ospita.
Percorrendo la US 163 che costeggia la Monument Valley, dopo averla superata ci si immette in un lunghissimo rettilineo di diverse miglia, leggermente in salita, alla sommità del quale è possibile avere un'altra di quelle vedute panoramiche viste e riviste in tutto il mondo, essendo uno dei punti più fotografati del pianeta. Questa immagine viene spesso usata per simboleggiare "l'America on the road", cioè un lungo rettilineo che scompare all'orizzonte, dove si stagliano le classiche formazioni rocciose dell'Arizona, con montagne larghe dalla cima piatta con dei sottili comignoli a fianco. Tra l'altro è il punto in cui è stata girata una famosa scena del film Forrest Gump, ed in corrispondenza di questo punto c'è addirittura un'area di sosta per permettere alle auto di fermarsi in tutta sicurezza ed alle persone di piazzarsi in mezzo alla strada per fare la foto.
Arrivati a Moab, decidiamo di andare subito all'Arches National Park per una prima rapida visita e per vedere il Delicate Arch, il simbolo dello Utah, al tramonto.
Questo arco ha per me una storia particolare. Nel 1997 Maurizio ed io ci avventurammo in questo parco completamente impreparati. Senza cibo nè acqua, ci eravamo affidato al solito visitor's center per procurarci il pranzo, restando però fregati dal fatto che il visitor's center vent'anni fa non aveva nè un bar nè un distributore di vettovaglie nè un posto qualsiasi dove acquistare cibo o bevande. Avevamo quindi affrontato il giro a piedi dei principali archi sotto il sole cocente, senza fare pranzo e soprattutto senza acqua. Arrivati al punto di partenza per il delicate arch, la cartina ci indicava una camminata di un'ora, ma eravamo talmente stanchi e disidratati che (fortunatamente, devo dire) decidemmo di rinunciare, accontentandoci di vederlo da lontano da uno dei punti di osservazione alla base della montagna. Meglio che niente, ma ogni volta che guardavo la misera foto scattata con il teleobiettivo al massimo, in cui il Delicate Arch appariva come uno sputacchio quasi indistinguibile data la lontananza, mi mangiavo le mani per non essere stato in grado di andare a vederlo da vicino.
Quest'anno, quindi, armato di santa pazienza (e di scorte d'acqua), mi dico che devo assolutamente colmare questa mancanza. La camminata è lunga (circa due chilometri), il terreno insidioso, e Monica decide di fermarsi a metà strada. La stanchezza e le scarpe non proprio adatte alla roccia levigata e scivolosa non le consentono di avere la necessaria tranquillità per proseguire. Riccardo ed io andiamo avanti. Ogni volta sembra che l'arco sia dietro la prossima roccia, dietro la prossima curva del sentiero, ed invece ogni volta vediamo che la meta si allontana, la strada continua, sale, si inerpica, si restringe. Insomma, ancora una volta i cartelli dei Ranger (che vent'anni fa non c'erano...) hanno ragione a definire il percorso "Impegnativo".
Dopo aver percorso uno stretto sentieri di roccia (l'ideale per chi, come me, soffre di vertigini, effettuiamo l'ennesima svolta e questa volta, dietro alla parete di pietra, si apre la piccola vallata alla cui estremità si staglia in tutta la sua imponenza il Delicate Arch.
Vederlo da vicino è emozionante, ed arriviamo proprio nel momento in cui il sole fa capolino tra le nuvole del tramonto e lo illumina completamente, facendogli assumere quel caratteristico colore rosso/oro visto in tante fotografie e filmati.
E' l'ennesimo momento emozionante di un viaggio che ci sta riservando una sorpresa dopo l'altra.
Il giorno successivo tocca a Canyonlands, un parco che, come dice il nome stesso, è formato da una miriade di canyon che, in questa parte del pianeta, sono la norma.
Canyonlands non è un parco facile, nel senso che, oltre all'estensione gigantesca di 1366 chilometri quadrati (per dire, Arches fa 303 kmq, Bryce 145 kmq e non sono affatto piccoli), la sua visita prevede diversi livelli di difficoltà dal difficile al difficilissimo. Il parco è diviso in tre sezioni: The Maze, la parte più bella e selvaggia, dove ci si può avventurare solo ben attrezzati, con un 4x4 e sotto la supervisione dei Rangers, the Needles, la parte sud caratterizzata da molti percorsi piuttosto impegnativi e riservati ai trekker più esperti, ed Island in the Sky, la parte più accessibile al turista "normale" come noi, oltre ad essere quella più vicina a Moab e, purtroppo, la meno bella del parco.
Dopo aver percorso una strada che di panoramico ha ben poco, si arriva al punto di osservazione da dove ci si affaccia su un grosso canyon molto da lontano. Si può apprezzare come il canyon abbia scavato la pianura sottostante, ma è talmente lontano che il canyon vero e proprio non si vede un granchè. Sembra quasi di affacciarsi al Gran Canyon ma da un paio di chilometri di distanza.
L'attrazione migliore di questa parte del parco è il Mesa Arch, un arco che incornicia la vallata sottostante, anch'esso plurifotografato e pubblicato in ogniddove quando si parla di parchi americani del sudovest.
Forse Canyonland è la delusione più grossa di questo viaggio, con tutto che è uno scenario ugualmente bellissimo. Si sa, dopo aver visto un film in 4K anche il Full HD sembra pessimo.
Di ritorno da Canyonlands decidiamo di visitare la parte di Arches che ci mancava, ma dopo la visita alle due Windows (North e South) ed al Double Arch, un piccolo incidente di percorso ("no big deal. Only few scratch" cit.) ci costringe a tornare in albergo.
Il giorno dopo abbiamo una testimonianza reale del grosso problema americano dell'assistenza sanitaria. Andati in un pronto soccorso per pura precauzione, per capire se fosse necessario fare un'antitetanica in seguito ad una caduta che aveva provocato qualche escoriazione, ci sentiamo dire da un gentilissimo medico che, nel caso volessimo fare l'antitetanica, costerebbe 700 dollari.
Al di là del fatto che abbiamo un'assicurazione che nel caso coprirebbe la spesa, non possiamo far altro che pensare a cosa potrebbe fare un americano medio senza un'assicurazione sanitaria. Lo scopriremo a Tucson, e lo scoprirete con noi tra qualche puntata.
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