lunedì 29 agosto 2016

USA 2016: Diario di viaggio/7

Dopo aver fato conoscenza con l'efficiente sistema sanitario inglese, quest'anno è stata la volta di testare quello americano, di cui si dicono peste e corna relativamente ai costi da sostenere per avere qualsiasi tipo di assistenza.
Non per nulla ogni volta che si va negli USA è buona norma stipulare un'assicurazione viaggio, non tanto per cose tipo perdita bagaglio, cancellazione volo, cazzi e mazzi vari che, spesso, sono già comprese nei pacchetti o nei biglietti che si acquistano, ma proprio per far fronte a qualsiasi tipo di emergenza medica che, nella terra a stelle e strisce, può presentare diversi problemi, primo tra tutti quello economico.
Prima di partire, perciò, avevo provveduto a stipulare apposita polizza a copertura dell'intero nucleo familiare, peritandomi di sceglierne una che prevedesse il pagamento diretto alle strutture sanitarie, per non correre il rischio, nel malaugurato caso si rendesse necessario, di dover anticipare cospicue somme che, spesso e volentieri, non sono disponibili nell'immediato all'estero. Dopo approfondite ricerche la mia scelta cadeva sulla polizza di una primaria compagnia europea che, nel 2015, era al primo posto nella graduatoria mondiale delle assicurazioni più grandi nel mondo.
Come mi è sempre accaduto, l'assicurazione stava tranquillamente per esaurire la sua funzione di paracadute senza che avessi bisogno di utilizzarla, ma proprio l'ultimo giorno, accade il fattaccio.
Per recarci all'aeroporto di Chicago dobbiamo riprendere la Blue Line già utilizzata all'andata. La stazione vicina all'albergo, però, ha solo accessi tramite ripidissime scale, non proprio agevoli da percorrere con due valigioni da oltre venti kg., per cui partiamo alla ricerca della stazione di Jackson, che sulla mappa viene indicata come dotata di ingressi per disabili.
Le scale della stazione di Jackson
Gli ingressi per disabili si rivelano ben presto delle uscite, perchè le scale mobili funzionano solamente in salita e non in discesa. Tocca trascinarsi i valigioni sulle scale, per giunta viscide per la pioggia. La prima rampa va via liscia come l'olio. Arrivo al pianerottolo di metà rampa trascinando uno dei due borsoni e mi appresto a percorrere la seconda rampa.
Purtroppo il pianerottolo è più corto di quanto pensassi, ed arretrando di un altro passo, invece di trovarmi al limite del pianerottolo sento la terra mancarmi sotto i piedi. Accade tutto in un attimo, tento di aggrapparmi al mancorrente ma non ci riesco, e cado a peso morto di schiena, iniziando a rotolare. Non so da dove, mi viene l'istinto di tenere la testa alta, e dopo tre o quattro rotoloni finisco ai piedi della scala come un sacco di patate. Non ho battuto la testa, e questo è già un buon inizio. Arrivano i primi soccorsi (due ragazze mandate giù da Monica che sta ancora arrancando sulla scala con l'altro valigione) e mi rialzo in piedi un po' a fatica. Sembra che non abbia nulla di rotto, anche se ho dolori dappertutto. Mi sanguinano gomiti e ginocchia, e sono anche un po' rintronato, ma dopo qualche minuto necessario a riprendermi, decidiamo che possiamo andare in aeroporto senza grossi problemi.
L'addetta ai tornelli della stazione, calma e placida, non muove un dito. Evidentemente è abituata a vedere rotolare giù dalle scale le persone fin davanti al suo gabbiotto. Ci indica la porta dedicata ai disabili per passare con i bagagli (che ai tornelli non riusciremmo a far entrare), ma poi, al di là dei tornelli, ci aspetta un'altra ripidissima rampa di scale come quella dell'entrata. Ora, io capisco che avete il tornello dedicato ai disabili, ma uno in carrozzina, come diavolo fa ad arrivare al tornello dedicato, se ci sono solo rampe di scale? Mistero...
Comunque in qualche modo facciamo, e saliamo finalmente sulla Blue Line direzione O'Hare.
Il viaggio dura circa trenta minuti, il tempo necessario a tutti gli ematomi di questo mondo di fare la loro comparsa sul mio corpo.
Sulla tibia destra ho un bozzo grosso come un arancio, le ginocchia sono gonfie ed i gomiti anche. La schiena... lasciamo perdere, ogni volta che mi muovo scopro nuove costellazioni e galassie.
Arrivati in aeroporto andiamo alla ricerca di un presidio medico che possa darmi un'occhiata e, almeno, trattare e disinfettare le abrasioni che continuano a sanguinare. Scopriamo così che all'interno del terminal 2 c'è un presidio medico collegato all'Università dell'Illinois.
Piccolo problema: è dopo i controlli di sicurezza, ma il nostro check-in non è ancora aperto, per cui non possiamo lasciare i bagagli, e ovviamente di passare i controlli con i bagagli da imbarcare non se ne parla nemmeno. Meno male che almeno avevo fatto il check-in in albergo ed avevamo già le carte di imbarco, altrimenti avremmo comunque dovuto aspettare l'apertura del check.in.
Monica e Riccardo, quindi, mi aspetteranno con i bagagli. Io passerò i controlli ed andrò al presidio medico, per poi tornare e fare il check-in dei bagagli.
Passati i controlli, il presidio medico è subito dietro l'angolo, ed inizia una delle conversazioni più surreali che mi siano mai capitate.
Immaginate di essere l'impiegato della reception di questo presidio medico, e di vedervi arrivare una persona zoppicante, con un gomito e le ginocchia sanguinanti (non più troppo, in realtà e per fortuna, ma comunque sanguinanti), e di alzare a malapena lo sguardo dai documenti che state leggendo.
"Buongiorno, in cosa posso esserle utile?"
"Buongiorno, sono caduto dalle scale..."
"E vorrebbe essere visitato da un medico?"
"Si, se possibile"
"Ha un'assicurazione?"
Ce l'ho!!! Ce l'ho!!!
"Si, ho l'assicurazione viaggio di..."
"E' americana?"
"No, è francese, ma è specifica per..."
"Se non è americana non mi interessa. Per essere ammesso all'ambulatorio deve pagare 185 dollari, dopodiché verrà visitato da un medico. Il costo della visita è 300 dollari. Eventuali esami, medicine e terapie sono a parte e non so quantificare il costo adesso".
"Non ho con me tutti questi soldi, ma..."
"Può pagare con carta di credito".
"Non credo di avere ancora molto plafond a disposizione, però la mia assicurazione..."
"La sua assicurazione non è americana e non mi interessa".
"Ma l'ho fatta apposta per queste evenienze, ha il pagamento diretto e..."
"Non accettiamo assicurazioni che non siano americane. Altrimenti solo contanti e carte di credito"
"Può almeno medicarmi le ferite?"
"Per essere ammesso all'ambulatorio deve pagare 185 dollari. Cure e medicine sono a parte".
Ti venisse un cancro al culo, cazzo... 185 dollari più chissà quant'altro per potermi disinfettare e mettere due cerotti e darmi un impacco di ghiaccio? Ma vaffanculo con tutto il cuore.
Presidio medico di O'Hare, a dx la simpatica receptionist.
Esco dall'area imbarchi piuttosto incazzato e sconfortato, tornando dai miei familiari. Prendiamo una bottiglietta d'acqua dal distributore e la metto sul bozzo sulla gamba a mò di ghiaccio. Funziona a metà, ma almeno il bozzo smette di gonfiarsi e si assesta .
Dopo aver girato tutti i negozi dell'aeroporto, Monica riesce a trovare un minikit di primo soccorso con garze, cerotti ed un disinfettante in pomata. Meglio di niente.
Il viaggio di ritorno sarà piuttosto pesante. Per non sentire male devo stare fermo in una posizione sul sedile. Ovviamente il tizio davanti a me passa otto delle nove ore con il sedile reclinato sulle mie ginocchia doloranti, ma alla fine riusciamo a tornare a casa sani (all'incirca) e salvi.
A poco più di un mese dal fattaccio il bozzo sulla tibia non è ancora del tutto assorbito, ma il resto è a posto.
Resta solo da fare una verifica con l'assicurazione, grazie alla quale scopro una cosa interessante.
Il gentilissimo operatore dell'assistenza clienti mi dice che il pagamento diretto funziona solo con ospedali e cliniche, e non con gli ambulatori. Avrei dovuto pagare e poi mi avrebbero rimborsato tutto (eh... a poterlo fare...), o altrimenti avrei dovuto chiamare la centrale operativa e loro avrebbero potuto provare a convincere l'addetto a considerare l'assicurazione.
Devo ammettere che chiamare la centrale operative è stato l'ultimo dei miei pensieri. Errore mio, sicuramente. Nella concitazione del momento mi sono proprio dimenticato della centrale operativa, pensando che il contratto assicurativo bastasse. A posteriori, però, trovo abbastanza logico che la prima cosa che avrei dovuto fare fosse chiamare la centrale.
Alla fine della fiera, comunque, queste assicurazioni a rimessa diretta servono effettivamente solo per grossi eventi, per i quali vieni ricoverato in ospedali o cliniche. Avessi chiamato il 911 e mi fossi fatto trasportare al pronto soccorso, probabilmente sarebbe stato meglio. Avremmo di sicuro perso il volo, ma avrei ricevuto assistenza sanitaria adeguata, e tutto il resto sarebbe stato coperto dall'assicurazione, compreso il rientro posticipato ed i nuovi biglietti aerei.
Tutto facile e lineare, adesso. Quando ti capita qualcosa, però, non sempre riesci a non perdere la lucidità per capire effettivamente cosa sia meglio fare.
Sicuramente è meglio che non capiti nulla, così che non si ponga nemmeno il problema.
Resta il fatto, comunque, che quanto accaduto al centro clinico dell'aeroporto mi ha lasciato basito.
Leggo sul sito dell'aeroporto che "No appointment is necessary, and most insurance is accepted".
Posso dire "COL CAZZO!!!" ?

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