Il neopresidente del Senato Schifani non mi è mai stato particolarmente simpatico. L'ho sempre trovato una persona inquietante, perfettamente calato nel suo ruolo di leccaculo del capo, ruolo che ha condiviso con la cricca dei fedelissimi Cicchitto, Bondi e Bonaiuti e che gli è valso una lauta ricompensa post elettorale. Però l'agguato di cui è stato vittima da parte di Travaglio sabato sera a "Che Tempo Che Fa" lo trovo come minimo vigliacco.
Travaglio lo conosciamo, è anche lui parte importante di una cricca (quella di Grillo) che va in giro per piazze e trasmissioni televisive attaccando tutto e tutti, spesso e volentieri senza dare la possibilità alle controparti di controbattere (semplicemente perchè alle loro manifestazioni o trasmissioni le controparti non ce le vogliono proprio) e facendo affermazioni spesso gravi (loro preferiscono il termine "scomode") che ben pochi hanno la voglia e meno ancora la possibilità di andare a verificare.
Questo spacciare per verità assolute le loro idee attraverso l'esposizione parziale ed artatamente distorta di alcuni fatti inconfutabili, dà un fastidio vero, anche quando gli obiettivi di questi attacchi sono "il nemico".
Nello specifico, Travaglio ha sostenuto una verità, e cioè che Schifani ha intrattenuto dei rapporti di lavoro e collaborazioni con persone inquisite per mafia, dimenticandosi però di alcuni particolari per nulla insignificanti.
I fatti risalgono a vent'anni prima che questi personaggi fossero inquisiti per mafia, ed ovviamente se fossero o meno implicati già vent'anni prima non è dato di saperlo, e fa tutta la differenza di questo mondo.
E chi è in grado di andare a controllare questa notizia? Non tutti ovviamente, se non un "giornalista" come Travaglio che si picca di avere studiato e poter mandare a memoria le carte processuali di molti importanti processi italiani.
L'ha fatto? Ha controllato? E quali sono gli esiti?
Boh... non lo sapremo forse mai. Intanto Schifani si è preso del colluso con la mafia così, a gratis.
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