mercoledì 2 aprile 2008

Noi

Stasera gira così. Sopportatemi, se avete voglia di leggerlo tutto.

Noi che eravamo del Toro ancora prima di cominciare ad esserlo.
Noi che avevamo la bandiera con l’aereo.
Noi che nostra madre inveiva dal finestrino contro i gobbi con le bandiere.
Noi che cantavamo “A Cavariacity c’è… c’è la goeba nel bidet…”.
Noi che non siamo riusciti a prendere sonno la notte precedente la prima volta allo stadio.
Noi che abbiamo visto i ragazzini abbracciarsi per strada dopo Torino-Cesena.
Noi che non capivamo perché la gente piangeva.
Noi che poi l’abbiamo capito.
Noi che il giorno dopo lo scudetto erano improvvisamente diventati tutti del Toro.
Noi che il giovedì tornavamo a casa di corsa per leggere Topolino.
Noi che sognavamo un rifugio segreto come quello di Paperinik.
Noi che eravamo Pulici ai campetti del parco.
Noi che il bambino avversario era Zoff e gli facevamo sempre gol.
Noi che Pulici era più forte di Goldrake e Mazinga messi insieme.
Noi che “Supergulp”.
Noi che “Ebbene sì, maledetto Carter!”.
Noi con il 45 giri dell’inno del Toro a tutto volume e con le finestre aperte in pieno inverno.
Noi che il nonno non c’era più.
Noi che giocavamo il derby a scuola nell’intervallo e la palla era una gomma per cancellare.
Noi che “Ci vediamo a settembre…” e che invece ci siamo persi.
Noi che i film erano vietati ai 14.
Noi che abbiamo spento la radio per l’ansia due minuti prima del tiro di Ohlicher.
Noi che quando l’abbiamo riaccesa abbiamo sentito Ciotti che diceva “Davvero peccato…”.
Noi che ci bastava segnare l’ultimo rigore a Roma.
Noi che l’anno dopo Michelotti ci ha spinti di nuovo ai rigori.
Noi che abbiamo visto l’uscita a vuoto di Copparoni.
Noi che “Non è possibile perderne tre di fila”.
Noi che ci siamo dovuti sorbire Nikka Costa.
Noi quella notte con Alfredino.
Noi che eravamo innamorati di Lio.
Noi che abbiamo esultato con Pertini.
Noi che avevamo già “la Luna e Urano nel Leone”.
Noi e una maledetta domenica di neve in Via Cibrario.
Noi che consideriamo Magath un fratello maggiore.
Noi che gli anni ’80 erano un’esplosione di colori.
Noi che eravamo compagni di scuola.
Noi, un’emozione addosso e tutta la vita davanti per viverla.
Noi che i primi lenti, i primi baci.
Noi con Ameri che urlava nella radiolina impazzita.
Noi che saltavamo e non ci credevamo e la radio ci tremava tra le mani.
Noi che la vita poteva anche finire lì e saremmo stati felici.
Noi che cominciavamo a vedere la Curva dal tram.
Noi che arrivavamo allo stadio due ore prima.
Noi che eravamo sotto il bandierone.
Noi che avevamo la sciarpa sulla bocca per non respirare i fumogeni.
Noi che non avremmo creduto di poter rimpiangere quel fumo così acre.
Noi che “Ramazzotti, cognac, chi vuol bere?”.
Noi che quel Ramazzotti lì è l’unico che tolleriamo.
Noi che eravamo lì, mentre Leo batteva il corner.
Noi nella Curva piena di kerosene.
Noi che il giorno dopo nessun giornale ne parlava.
Noi che tagliavamo, noi da Rock and Folk, all’Impera oppure a cercare bootleg da Maschio.
Noi che avevamo tante ragazze in mente.
Noi che le avevamo solo in mente, purtroppo.
Noi che oggi avremmo paura a rivederle perché capiremmo quanto tempo è passato.
Noi che gli Alphaville, gli Industry, i Talk talk, i Bronsky Beat e gli Wham!.
Noi che apprezzavamo le qualità vocali di Samantha Fox.
Noi che né Duran né Spandau.
Noi che però Through the barricades non era male.
Noi che odiavamo i paninari.
Noi che il Caffè Borghetti uno prima della partita e l’altro nell’intervallo.
Noi col pullman fermo nelle campagne francesi, nella nebbia di Beveren o nello stadietto di Innsbruck.
Noi che li abbiamo visti entrare in campo con la maglia rosa.
Noi che avevamo i capelli lunghi come Polster.
Noi, Salsano e Lorieri in una sera piovosa.
Noi e una lei che se ne andava.
Noi che non avremmo potuto portarla in Curva a vedere il derby.
Noi che eravamo fradici sotto il temporale di Torino-Ascoli.
Noi sul treno da Lecce, noi stesi a letto a guardare il soffitto, noi all’aeroporto, noi ovunque fossimo.
Noi che Policano era un Dio.
Noi che Jovanotti all’epoca ci stava sulle palle.
Noi che non ascoltavamo Radio DJ.
Noi che non rubavamo le gomme.
Noi che il Toro è tornato alla carica.
Noi in giro per l’Italia come se fossimo in Europa.
Noi che l’inno “Un’estate italiana” ci sembrava ruffiano.
Noi che Bennato non ci è più piaciuto da allora.
Noi “Elio e le storie che?”.
Noi che il giorno dopo eravamo da Maschio a cercare il disco.
Noi che abbiamo subito odiato il Delle Alpi.
Noi che abbiamo il poster in casa di Maifredi.
Noi che speriamo che prima o poi ritorni alla gobba.
Noi compressi in mezza Curva in un giorno Fortunato.
Noi che più siamo più vinciamo.
Noi, fessi, ingenui e romantici a crederci.
Noi che ricordiamo il gol di Fusi come un’onda impazzita di persone.
Noi che bastavano due centimetri più sotto.
Noi che però siamo andati a festeggiare la sera dopo.
Noi seduti su un marciapiede, con la testa tra le mani, mentre dalle finestre aperte giungevano gli ultimi minuti di Roma-Torino.
Noi che ricordiamo i mondiali Usa per il rigore di Baggio.
Noi che quella volta siamo stati contenti perché i gobbi non hanno potuto far festa.
Noi che “meno male che c‘è il Toro”, quando tutto sembrava finito.
Noi che abbiamo parato il rigore di Ravanelli tutti insieme.
Noi che gli anni passavano ma ci sentivamo eterni.
Noi quella sera con Doardo in porta.
Noi quella sera con Karic in attacco.
Noi che possiamo dire di aver visto giocare Ipoua.
Noi senza parole con Nunziata e Tricarico.
Noi che siamo rimasti sugli spalti quando è finita Torino-Ravenna.
Noi che abbiamo gioito sorpresi al primo gol di Riedle.
Noi che abbiamo esultato al secondo gol di Riedle.
Noi che abbiamo sghignazzato al pallonetto di Ricken.
Noi che quando hanno tirato giù il Fila non c’eravamo.
Noi che ce ne siamo accorti dopo.
Noi che le storie andavano e venivano e un’altra era finita.
Noi nella curva Banco Posta, asfissiati dal caldo e dal destino vigliacco.
Noi che quando Mijatovic ha segnato abbiamo afferrato la cornetta.
Noi che PRRRRRR!!!!
Noi che gli anni ’90 sono volati.
Noi che con la Reggina avremmo voluto vincere.
Noi che passavamo dai campetti e se vedevamo dei bambini giocare ci sentivamo ancora Pulici.
Noi che vorremmo incontrare Maresca in un vicolo buio.
Noi che avevamo il babau e l’uomo nero in casa.
Noi da soli in tribuna a contestarli, nonostante tutti i loro tirapiedi.
Noi che brindavamo per disperazione il 9 agosto sulle gradinate del Fila.
Noi alla ricerca di notizie.
Noi, quella notte e quella panchina.
Noi che eravamo in coda alle ricevitorie.
Noi che non abbiamo sventolato le bandierine degli sponsor alle olimpiadi.
Noi che non volevamo andare a vedere Toro-Mantova.
Noi che avevamo già i biglietti in tasca dal giorno prima.
Noi con i fischietti, noi in quell’attimo interminabile senza fiato.
Noi che abbiamo pianto quando Farina ha fischiato la fine.
Noi ancora con quel fischietto in tasca.
Noi che abbiamo rivisto il gol di Nicola al PC, cento, mille volte, e ancora ci pare di essere lì.
Noi che li abbiamo visti umiliati in B.
Noi che l’avevamo sempre detto.
Noi coi maledetti seggiolini.
Noi che abbiamo imprecato contro il mondo il trenta settembre.
Noi che “Minghia, ggiuve, facci un goals”.
Noi che non siamo mai andati al Naxos o all’Ultimo Impero.
Noi che non abbiamo il gel tra i capelli a punta.
Noi che non abbiamo i pantaloni col cavallo alle ginocchia.
Noi che non abbiamo la voce simile a quella di un gorilla.
Noi che non abbiamo i neon blu sotto la macchina.
Noi che ci svegliamo e ci chiediamo se ce la faremo.
Noi che alle volte ci sentiamo soli.
Noi che da soli in macchina pensiamo al Toro.
Noi che da soli in macchina ci commuoviamo ascoltando una canzone.
Noi che non lo diciamo a nessuno.
Noi che se gli altri non capiscono, non importa.
Noi che se sentiamo parlare una vecchietta in piemontese ci si apre il cuore.
Noi che una mattina ci siamo svegliati e abbiamo cominciato a contare gli anni passati.
Noi che saliamo alla Lapide per cercare silenzi e per chiedere consiglio.
Noi che le donne ci hanno detto “E’ solo una partita di calcio”.
Noi che non le abbiamo mai ascoltate.
Noi che vorremmo volare ma ne abbiamo paura.
Noi che siamo spaventati dalla bellezza del nostro stesso sogno.
Noi controcorrente, noi brontoloni.
Noi che della moda non ci frega nulla.
Noi che se “si fa così perché si è sempre fatto”, allora è sbagliato.
Noi che se “dappertutto è così”, allora è più sbagliato ancora.
Noi che abbiamo il mondo che esplode dentro.
Noi che siamo stranieri in un centro commerciale.
Noi che difendiamo la nostra terra.
Noi che se il Toro ha perso nessuno ci tocchi.
Noi pessimisti, noi preda delle nostre paure.
Noi che abbiamo paura del primo pensiero che faremo il mattino dopo, quando ci ricorderemo della sconfitta.
Noi che ricordiamo giorno data e marcatori di una partita.
Noi che poi ci dimentichiamo di altre ricorrenze.
Noi che non abbiamo bisogno di fare gli striscioni in piemontese per dimostrare di esserlo.
Noi che se li facciamo, almeno li scriviamo senza errori.
Noi che odiamo “Controcampo”.
Noi che quando comincia “Amici” cambiamo canale d’urgenza.
Noi che non tolleravamo il Grande Fratello già alla prima edizione, figurarsi ora.
Noi che meno male che alle volte non abbiamo un lanciafiamme.
Noi che al rigore di Grosso non ce n’è fregato nulla.
Noi che vedere Cannavaro con la coppa in mano ci ha fatto sentire svizzeri.
Noi che il “Po-po-po-po-po-po-po ” è un coro da gobbi.
Noi che tifiamo per la McLaren, per la Renault, per la Toyota e per la Bmw-Williams.
Noi che se corresse l’Isotta-Fraschini piuttosto tiferemmo per quella.
Noi che quando passiamo per l’ultimo isolato di via Garibaldi ne diciamo di tutti i colori.
Noi che se passasse davvero Pulici si incazzerebbe davvero a vedere cosa hanno fatto di quel parco, dove giocavamo da bambini.
Noi che siamo appesi a mille scaramanzie.
Noi che se il Toro segna mentre ci soffiamo il naso, ce lo soffiamo per tutta la partita, a costo di morire.
Noi che quando il Toro ha segnato a Roma siamo rimasti fermi per ottanta minuti per non turbare l’armonia universale.
Noi che sappiamo di essere Fratelli, anche se non ci siamo mai visti.
Noi che ci bastiamo per noi stessi.
Noi che sappiamo bene cosa fare dei giornali.
Noi che combattiamo gli infiltrati nei forum.
Noi che odiamo la mafia legalizzata o che vorrebbe esserlo.
Noi che viviamo in un mondo di plastica.
Noi che nei minuti di silenzio non battiamo le mani.
Noi che il rap ci fa schifo.
Noi che la musica da discoteca ci fa vomitare.
Noi che piuttosto che comprare un disco di Anna Tatangelo ci facciamo 40 km in salita saltellando su un piede solo.
Noi che amiamo la buona musica.
Noi che la 500 era solo la macchina del nonno.
Noi che amiamo le nostre montagne.
Noi che “i gobbi arrivano solo fin dove arriva la strada, sui sentieri non ne trovi uno”.
Noi che se per caso ne troviamo uno, gli diciamo che ha sbagliato strada, che Le Gru sono da un’altra parte.
Noi che patiamo la partita, noi che abbiamo lo stomaco chiuso per la tensione dal mattino.
Noi che chi ce lo fa fare.
Noi che tanto lo facciamo lo stesso.
Noi che la nostra vita è un film.
Noi che nella fiction sul Grande Torino ci mancava solo più Carmelo Zappulla.
Noi che siamo tifosi, non sportivi.
Noi che abbiamo nostalgia degli anni che ci hanno rubato e che non abbiamo potuto vivere.
Noi che siamo bambini e non abbiamo alcuna intenzione di crescere.
Noi che con la fantasia alle volte ci trasformiamo in Charles Bronson.
Noi che quando eravamo in B ci compativano e dicevano che gli eravamo simpatici.
Noi che adesso non gli siamo più tanto simpatici.
Noi che se salta il rospo e salta anche la rana, sappiamo bene perché i gobbi non saltano.
Noi che Balzaretti sommerso dai fischi.
Noi che alla partita non abbiamo bisogno di coca cola e pop-corn.
Noi che lo stadio non è il Warner Village.
Noi che non mandiamo sms idioti tipo “Cicci bianconera ‘92 tua per sempre Vi prego, mandatelooo”.
Noi che il rosso a Nedved è stato bellissimo.
Noi che bastavano di nuovo due centimetri più sotto.
Noi che abbiamo sbagliato tante volte, noi imperfetti, noi contraddittori, noi arrabbiati, noi innamorati, noi tutto, noi niente, noi unici.
Noi che nella vita abbiamo vinto quando abbiamo scelto per chi tifare.
Noi che in questo momento stiamo leggendo e magari pensiamo “ci sono anch’io”.
Noi che siamo stati, siamo e saremo fino all’ultimo istante, e se possibile anche qualcosa in più, del Toro
.

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