Luigi Ciavardini è di nuovo in carcere. Ad inchiodarlo, questa volta, un'impronta digitale, ritrovata su una busta di plastica dalla quale è stata estratta una pistola durante una rapina in banca, che gli inquirenti giudicano "altamente compatibile" con le impronte digitali di Ciavardini. Anche in questo caso Ciavardini si dichiara innocente ed estraneo, solo che per lui la frase "il tempo mi renderà giustizia" suona un po' stonata.
Ciavardini, che ha scontato 14 anni di prigione per l'uccisione di Serpico e del giudice Amato, delitti mai rinnegati e commessi non ancora maggiorenne quando faceva parte del gruppo di fuoco dei NAR di Giusva Fioravanti, ha un rapporto controverso con la giustizia. Nel 1986, infatti, durante il processo per la strage alla stazione di Bologna viene coinvolto da Angelo Izzo (il mostro del Circeo), assieme ai suoi amici per la pelle Nanni De Angelis e Massimiliano Taddeini. Il trio viene indicato come coloro che hanno materialmente piazzato l'ordigno nella sala d'aspetto della stazione di Bologna il 2 agosto 1980. Se per De Angelis (nel frattempo "suicidato" in carcere) e Taddeini l'accusa cade subito grazie ad un filmato che li ritrae con le divise dei Tori Torino a Castelgiorgio, impegnati in una partita del primo Campionato Italiano di Football Americano, per Ciavardini l'accusa resta. E non importa se si tratta di testimonianze per lo più inattendibili e non verificabili. Ciavardini diventa così lo "stragista per sentito dire". Nessuno ha prove oggettive del suo coinvolgimento, nessuno ha la certezza indiscutibile che lui fosse a Bologna (anzi, ci sono delle testimonianze della sua presenza a Padova, quel giorno), eppure lui e' lo stragista. Condannato, assolto in appello, ricondannato a 30 anni in Cassazione, annullato il processo e tuttora in attesa di giudizio definitivo; ora Ciavardini inciampa in questa impronta digitale "altamente compatibile".
Non è uno stinco di santo, ma non possiamo certo biasimarlo se anche stavolta grida al complotto...
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