Lasciata Nottingham con l'irrisolto mistero del castello, giungiamo a Sheffield nel tardo pomeriggio. La dislocazione piuttosto periferica dell'albergo non permette un comodo giro serale per la città, ed anche per il fatto che siamo un po' stanchi, rimandiamo la visita al mattino seguente, prima di intraprendere il trasferimento verso Liverpool.
Purtroppo, per i motivi già spiegati nella prima parte di questo resoconto, la visita a Sheffield si trasforma in una mattinata spesa tra farmacia e NHS, l'ambulatorio dove ci si deve recare per farsi visitare ed ottenere una prescrizione medica, e tra una cosa e l'altra tutto il tempo che avrebbe dovuto essere dedicato ad una rapida escursione in città se ne va in "turismo sanitario", per cui ci incamminiamo in direzione Merseyside in leggero anticipo rispetto al previsto.
Negli anni ho sempre sentito parlare di Liverpool come di una città depressa, operaia, pesantemente colpita dalla crisi degli anni '80 dalla quale non si è mai più risollevata. La mia curiosità nei confronti della città dei Beatles e di Anfield Road, però, era comunque alta, anche se i racconti di tutti quelli che ci erano stati in passato non erano proprio incoraggianti.
Capirete quindi il mio stupore quando mi sono ritrovato in una città moderna, tutto sommato abbastanza vitale ed al centro di un processo di rinnovamento importante.
Gli abitanti di Liverpool sono spesso chiamati "Scousers", termine derivato da "lobscouse", un particolare tipo di stufato cucinato con le gallette tipicamente utilizzata sulle navi per le sue qualità di lunga conservazione. Ho sempre pensato che Scousers fosse un dispregiativo, ma ho invece imparato che gli abitanti stessi di Liverpool si definiscono più spesso Scousers che non Liverpudlians. Se poi fai parte della "metà blu" della città, quella cioè che tifa Everton, il termine Liverpudlian è quasi bandito, per ovvi motivi.
Il centro nevralgico di Liverpool si concentra tutto nella zona dei vecchi docks, il cosiddetto Liverpool Waterfront, dove si trova una mistura di stili architettonici che inizialmente sembra un pugno in un occhio, ma che ad un secondo sguardo risulta gradevole. Le forme ardite del Liverpool Museum e del Liverpool Convention Center o il parallelepipedo nero e spigoloso del'Open Eye Gallery sono in netto contrasto risptto all'architettura vittoriana o ai muri di mattoni rossi dei docks che li circondano, ma tutto sommato l'armonia del luogo non ne risente.
Lo so, in fatto di gusti architettonici non potete certo fidarvi di uno dei tre torinesi a cui piace la Torre Littoria di Piazza Castello, ma dovrete farvene una ragione: questo c'è e questo vi tocca.
Dalla parte del Mersey si susseguono il Princes Dock, il Pier Head, l'Albert Dock ed il King's Dock, vecchi edifici portuali, probabilmente ai tempi malfamati e maleodoranti, sapientemente trasformati in centro di attrazione turistica con tutto l'occorrente, dai negozietti ai ristoranti, dai musei alle gallerie d'arte alle attrazioni come una ruota panoramica in stile (molto ridotto) London Eye.
Molto particolare la minuscola stazione dei Ferry (across the Mersey, cit. Gerry and the Pacemakers), che per diversi decenni ha rappresentato il punto di approdo a Liverpool per migliaia di persone.
Dalla parte opposta dello stradone che costeggia i Docks il quartiere è stato completamente rifatto e riempito di centri commerciali e negozi tipici dei "centro città europei" (Zara, Starbucks, Footlocker, ecc. ecc.). La zona pedonale è molto affollata ma decisamente anonima. Se non fosse per gli store di Liverpool ed Everton praticamente fianco a fianco, ci si potrebbe trovare in una qualsiasi città moderna.
All'interno della zona pedonale c'e il Cavern District, dove ha sede l'omonimo locale che ha praticamente dato i natali ai Beatles, anche se i beatlesiani di ferro riconoscono la primogenitura ai locali di Amburgo come l'Indra ed il Kaiserkeller dove Lennon e soci (senza Ringo Starr) suonarono dal 1960 al 1962 prima di diventare famosi. Detto che il Cavern attuale non è quello originale, sacrificato sull'altare del business del condominio costruitoci sopra, ma una copia costruita 30 metri più a destra della sua locazione iniziale, davvero degno di nota è il muro di mattoni di fronte all'entrata, su ogni mattone del quale è inciso il nome del gruppo o del cantante che si è esibito al Cavern almeno una volta.
E qui veniamo all'argomento Beatles. Io immaginavo che, con tutti i beatleasiani sparsi nel pianeta, Liverpool presentasse i Fab Four ad ogni angolo, ne avesse fatto il simbolo della città e uno non potesse camminare per strada senza imbattersi in qualcosa che li ricordasse. Invece, a parte la Beatles Experience all'Albert Dock e le statue dei quattro sul palazzo di North John Street che fa angolo con Mathew Street, i Beatles sono praticamente assenti dalla città. Persino nei negozi di souvenir ci sono relativamente poche cose che li riguardano. Un mistero pari a quello del castello di Nottingham.
Come spesso facciamo nelle grandi città, abbiamo preso il locale "City Sightseeing" o suo equivalente mussulmano per avere almeno uno sguardo d'insieme, non potendo per ovvi motivi visitare tutto. Ed anche questo tour non ha una, dicasi una, fermata dedicata ai Beatles. Nella mia ignorante ingenuità mi sarei aspettato un Beatles Tour nei luoghi resi famosi dalle loro canzoni. Invece niente Strawberry Field dove "nothing is real and nothing to get hung about"e niente Penny Lane con il suo "barber showing photographs of every head he had the pleasure to have known", e niente Yellow Submarine, che starebbe bene da qualche parte ai docks.
Un'altra mezza delusione è stata la visita ad Anfield Road, complice i lavori di espansione di una delle tribune che ne ha limitato l'accesso. Tra le altre cose, ad esempio, non ho potuto vedere la famosa cancellata nera con la scritta dorata "You'll never walk alone", ed anche il tour dello stadio (a pagamento, non gratis come a Nottingham...) era ridotto a causa dei lavori (ma a prezzo pieno, anzi: pienissimo) per cui non ho ritenuto opportuno farlo.
La sistemazione alberghiera era ottima, un Premier Inn situato a Birkenhead, dall'altra parte del Mersey. Da un lato era comodissimo, perchè la stazione della metropolitana era a due passi ed in sole quattro fermate ti ritrovavi in centro città. Per contro, per usare la macchina per raggiungere Liverpool, dovevi sottostare al pagamento del tunnel di attraversamento del Mersey (indispensabile, perchè l'unico altro modo di arrivare dall'altra parte (1 Km in linea d'aria) è di circumnavigare l'estuario del Mersey percorrendo 64 chilometri...) e poi alle carissime tariffe dei parcheggi del waterfront. Inutile dire che la macchina ha svernato nel parcheggio dell'hotel per tre giorni.
Conclusa la visita a Liverpool, è ora di dirigersi verso un'altra meta del mio personalissimo pellegrinaggio: Tanworth-in-Arden.
Curiosi di sapere cosa c'è in questo minuscolo paesino sperduto del Warwickshire? Lo saprete la prossima volta.
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