venerdì 7 agosto 2015

Inghilterra 2015: appunti di viaggio / 2


Saliamo sulla nostra splendida Mazda 3 nera ed iniziamo il tour inglese. Nel frattempo, se volete accompagnare le poche note che scriverò con delle immagini, QUI potrete trovare un album fotografico del viaggio.
La prima tappa del nostro itinerario è Cambridge, e la sua celeberrima università. La cittadina appare subito bella frizzante, con un sacco di giovani per strada (per lo più turisti, un sacco di italiani e gli immancabili giapponesi intruppati con guida munita di ombrellino e macchina fotografica regolamentare al collo) ed un bel parco piuttosto frequentato.
Dei 31 College che compongono l’università, si distingue tra tutti l’imponente King’s College con annessa Cappella. Una costruzione che mette soggezione solo a guardarla. Frequentare l’università lì deve avere un fascino particolare, al di là della fama accademica.
Dribblati i venditori di “gite in barca sul fiume” che sembrano più numerosi dei testimoni di Geova la domenica mattina, facciamo un rapido giro nel centro storico di Cambridge constatando che, tutto sommato, oltre l’università non è che ci sia poi molto altro da vedere.
Dopo lo stop notturno ad Hungtindon, ci dirigiamo verso Nottingham per poi puntare verso Sheffield per la serata. Arrivando nella città di Robin Hood scorgiamo immediatamente quella che sarà la meta pomeridiana, il City Ground, ma la mattinata è dedicata ad una breve visita della città e del suo centro storico.
La prima cosa di cui ci rendiamo conto è che Nottingham è una città dai due volti (vi risparmio lo stereotipo delle “mille contraddizioni”). Parcheggiamo dalle parti del lungo fiume, in una zona piuttosto squallida e spettrale, con grosse costruzioni in mattoni che sembrano capannoni semi abbandonati, e ci avviamo verso il vicino centro commerciale alla ricerca di una farmacia per cercare di tamponare la tonsillite ricevuta come gentile omaggio da Ryanair. Il centro commerciale ha due ingressi, ed uscendo dalla parte opposta da quella da cui siamo entrati, ci immettiamo in quella che sembra essere un’altra città. Zona pedonale, negozi, un sacco di gente in movimento, ed improvvisamente l’apparente spettralità del luogo scompare.
Un giro nel quartiere centrale ci rivela invece una città molto vitale, piuttosto lontana dalle disarmanti descrizioni di chi me ne aveva parlato (male) in passato. Ci sono diversi cantieri e tutto ha un aspetto piuttosto moderno e recente, per cui può anche darsi che Nottingham sia nel bel mezzo di una trasformazione che, a vedere i primi risultati, sembra avvenire  piuttosto bene.
L’unica pecca è la segnaletica. La colpa è soprattutto mia che non mi sono preparato prima in maniera adeguata, pensando che un’attrazione turistica come il Castello di Nottingham sarebbe stato facile da raggiungere. Invece, ahimè, non è stato proprio così. Dopo aver consultato un paio di cartine, aver ricevuto le gentili indicazioni di una signora che ci ha spiegato la strada dicendo “è là in fondo” (che mi ha fatto ricordare i suggerimenti su come interpretare le indicazioni stradali degli irlandesi), aver fatto un po’ di strada avanti ed indietro, abbiamo alla fine rinunciato, preferendo andare a pranzo piuttosto che continuare a girovagare alla cieca alla ricerca di uno sputo di cartello che ci desse qualche indicazione. In questo frangente si è palesato un aspetto negativo del cambio di gestore telefonico da 3 a Fastweb, che non ha la comodissima opzione “All’estero come a casa” per la connessione dati. Non poter consultare Google Maps ha dato la botta decisiva alla decisione di “sospendere le ricerche” del Castello.
Ancora oggi, comunque, non mi capacito di come, guardando la cartina a posteriori, fossimo tanto vicini e non se ne vedesse l’ombra.
Saziato l’appetito in un TGIF praticamente deserto, ci siamo diretto oltre il fiume Trent, per il primo dei tanti pellegrinaggi previsti da questo viaggio: il City Ground.
La mia passione per il Nottingham Forest risale al 1978 quando, leggendo il Guerin Sportivo, rimasi affascinato dalla fantastica cavalcata di una squadra neopromossa in First Division (non si chiamava ancora Premier) che alla fine vinse il campionato con diversi punti di vantaggio sul Liverpool e perdendo tre sole  partite, iniziando un’epopea che portò anche due Coppe Campioni. Ora il Forest naviga a metà classifica della Championship (la nostra serie B) dopo aver passato diverse stagioni nella League One (Serie C), ma la passione per i Reds è rimasta intatta. Calcolando, poi, che ovunque vada io voglio vedere lo stadio della città che visito, andare al City Ground era praticamente un obbligo (e non ringrazierò mai abbastanza Monica per avere pianificato questa deviazione sul programma originario che non includeva Nottingham…).
Non è come andare allo stadio del Barcellona o del Liverpool, o del Chelsea. Non ci sono tour guidati. C’è il negozio ufficiale della squadra, dove fa bella mostra una replica di una delle due Coppe Campioni vinte, e dove si può trovare qualsiasi cosa marcata Forest, e c’è lo stadio. Aperto, non blindato come molti altri. Una rapida visita alla segreteria mi dà il permesso di visitare il campo e le tribune e finalmente sono lì, dove i Reds giocano le loro partite. Seduto su un seggiolino, affacciato al prato dove il giardiniere sta effettuando il taglio dell’erba. Il classico stadio inglese dei miei sogni, a mezzo metro dai giocatori, senza alcuna barriera. Sembra di sentire il Trent End cantare, e nonostante sia pieno giorno, ci sia il sole e ci siano 24 gradi, mi immagino gli spalti gremiti in una fredda serata di novembre, con la nebbia che sale dal fiume dietro le tribune, con i lampioni accesi e le maglie rosse che corrono dappertutto spinti dalla folla che non smette un attimo di incitarli.
Ad un certo punto mi risveglio… è ora di andare.
Lasciamo la zona degli stadi (dall’altra parte del fiume si vede lo stadio del Notts County, e di fianco a quello del Forest c’è lo stadio del Cricket), e ci dirigiamo verso Sheffield, dove arriviamo nel tardo pomeriggio.
Ci lasciamo alle spalle Nottingham, con una domanda: ma Robin Hood?!? Nemmeno una traccia in tutta la città, nemmeno nei negozi di souvenir. Ma è una cosa di cui avremo modo di parlare quando arriveremo a Liverpool, nella prossima puntata.

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