lunedì 10 agosto 2009

Dipendenti: un onere da eliminare

Credo che chiunque sia stato un lavoratore dipendente abbia sentito, prima o poi nel corso della sua carriera, i propri capi e superiori pontificare sul lavoro a misura d'uomo e sui dipendenti come risorse che arricchiscono l'azienda, pronunciando le fatidiche frasi "noi mettiamo il lavoratore al centro del ciclo produttivo" e tutta una serie di menate di questo genere.
Solitamente queste frasi erano accompagnate dal solito tran tran: aumenti ed avanzamenti agli amici, ai lecchini o a coloro che potevano portare qualche vantaggio immediato, mentre il resto della truppa restava a marcire in ufficio, spesso demansionata, demotivata, non considerata.
Ora tutto questo non esiste piu'. La maschera e' definitivamente caduta ad inizio mese, quando la mia azienda ha messo on line sulla intranet aziendale un interessante documento intitolato "Riepilogo costi individuali".
Si tratta, in pratica, di un riepilogo di quanto tu "costi" all'azienda in termini di lavoro straordinario e di spese di missione e trasferta (che includono anche i corsi di formazione, ovviamente).
Naturalmente non viene fatta menzione alcuna dei benefici che l'azienda trae da questo lavoro straordinario e da queste missioni, ma si sa: il dipendente e' solamente un costo, e come tale va ridotto ai minimi termini.
Lo so, lo so, sono un povero idealista, ma vi assicuro che ero abbastanza convinto già da prima che le cose funzionassero in questa maniera. E' solo che vederlo cosi' esplicitato senza il minimo senso del pudore mi ha preso un po' allo stomaco. E' un po' la stessa sensazione che ho provato leggendo "Gomorra"; tutte cose risapute, bene o male, ma leggerle esplicitate e raccontate minuziosamente non può lasciarti indifferente.

1 commento:

Unknown ha detto...

Esistono rapporti conflittuali per definizione. Esempio? Padre-figlio.
Impossibile avere un rapporto totalmente esente da conflitti, anzi. Troppo
diversa l'età, troppo diversa l'aspettativa, troppo diverso il punto di vista. E
ve lo dice uno che si sforza 24h su 24 di mettersi a disposizione, chiede,
risponde, analizza, si mette in discussione, critica e si autocritica, con la
figlia di 13 anni. Senza cercare di apparire "amico" o senza mettersi allo
stesso livello, perchè sarebbe sbagliato, inutile, irrealizzabile e -
probabilmente - anche dannoso. Tutto ciò con il vantaggio indubbio e innegabile
dell'affetto e della mancanza di interesse, presupposto fondamentale per poter
operare in modo efficace. Bene. Figuriamoci dove l'interesse economico è alla
base del rapporto. Perchè autoilludersi che esista attenzione aziendale alla
persona? Perchè crederci? Proviamo ad analizzare la questione. Non si viene
assunti per rispondere a bisogni sociali, questo al massimo lo fanno (e male) le
Pubbliche Amministrazioni, con tutti i "ma" e i "se" del caso, con l'effetto -
spesso - di raggiungere un discreto livello di in-giustizia sociale. Non si
viene scelti per soddisfare le piccole o grandi necessità personali ma per
soddisfare il bisogno primario di ogni azienda: guadagnare di più spendendo di
meno. Più sei bravo e più produci, si direbbe, e più sarai pagato. Il paradosso
è che spesso sei bravo, costi poco, tiri la carretta e lo prendi bellamente in
saccoccia. Qualcuno, contro la regola aurea, costa molto e produce poco, ma
questo l'azienda - che non lo tollererebbe - non lo percepisce. Doppio problema
quindi: rapporto conflittuale azienda-dipendente drogato dall'interesse e
malcostume imperante nella società italiana che vincola i rapporti (anche quelli
aziendali di interesse) a logiche nepotiste. Idealisti? Sì, fino alla morte. Le
idee vincono, lo insegna la storia. Purtroppo con un sacco di morti nel mezzo,
ma forse quella fase ce la siamo lasciati dietro. Meglio continuare ad essere se
stessi, controbattere alle ingiustizie con le idee, dimostrare che le cose
possono andare bene anche con un modello nuovo che non mette il denaro al centro
di tutto. La crisi che stiamo scontando lo dimostra. "C'è qualcuno che pensa di
affrontare qualsiasi male con la forza innovatrice di uno Stato liberale. Che il
mercato risolva da solo tutte le miserie e che le multinazionali siano
necessarie." Viva Gaber, viva Mario, viva Massimo, continueremo a guardare negli
occhi i nostri figli e ad insegnare loro cos'è la giustizia. Sempre poveri, ma
giusti. A presto.