Arrivo in centro ad Atlanta e mi dirigo verso l’hotel designato per il ritiro dell’accredito, che finalmente entra in mio possesso senza ulteriori problemi. L’albergo, Il Marriott Marquis, ha un’architettura particolare sia esternamente che internamente. E’ anch’esso addobbato a festa ed è uno dei due alberghi riservati ai media, nel quale si sono tenuti diversi eventi durante la settimana.
Sono solo le dieci del mattino, per cui decido di fare un giro nella città che inizia lentamente a rianimarsi dopo la notte di sabato in cui, ho letto, il centro è stato letteralmente invaso da gente festante. La colazione da Starbucks mi dà immediatamente l’esatta percezione di come sarà la giornata: il locale è pieno, ci sono una trentina di persone e nella mezz’ora che starò lì ne arriveranno circa un’altra trentina, e la percentuale di tifosi è decisamente sbilanciata in favore dei Patriots, oserei dire in proporzione di uno a sette se non di più. Io sono abbastanza anonimo, perché teoricamente in tribuna stampa non si può portare abbigliamento di una delle due squadre, ed è caldamente consigliato tenere un atteggiamento neutrale ed evitare di essere troppo tifosi. Tutto sommato per me non è un problema (per altri che vedrò vicino a me allo stadio nemmeno, ma in tutt’altro senso), però un po’ mi piacerebbe poter girare per la città con i colori della mia squadra addosso. Accontentiamoci di essere al Super Bowl, che è già tanta roba, come dicono quelli che parlano bene.
I cancelli dello stadio apriranno alle 14, ma decido comunque di dirigermi in zona per vivere un po’ l’evento fuori dai cancelli, e mai decisione si rivela più azzeccata.
Arrivo verso le undici e mezza, ma c’è già un bel po’ di gente. Nel tragitto verso lo stadio passo a fianco dell’albergo dei Patriots, con tutta una fila di autobus riservati ai giocatori ed ai loro familiari già in attesa per portarli allo stadio.
Mi imbatto anche in gipponi dell’esercito con tre o quattro soldati con fucili mitragliatori a presidiare gli angoli delle strade, e vicino allo stadio vengo superato da due auto apparentemente normali che si fermano poco più avanti e dalle quali scendono un paio di energumeni in uniforme tattica che aprono il bagagliaio e tirano fuori dei cosi neri che hanno tutta l’aria di essere delle custodie di armi militari. Lo spiegamento di forze è davvero imponente, e quello che si vede alla luce del sole è una minima parte di quello che invece è dislocato in diversi punti nevralgici e di cui ti accorgi, e non sempre, solo quando ci passi di fianco.
Purtroppo la connessione telefonica non migliora nemmeno in centro città. Scoprirò poi, una volta tornato, che il mio telefono supporta tutte le bande possibili ed immaginabili tranne quelle che servono negli USA per 3G e 4G. Bene ma non benissimo, direi.
Lo stadio si trova all’interno del parco olimpico, di fianco a dove sorgeva il vecchio Georgia Dome, ora abbattuto e trasformato in parcheggio ed area tailgate. A proposito di tailgate, nell’impossibilità di farne uno vero e proprio nella migliore tradizione americana con i tifosi che arrivano su pickup giganteschi dai quali tirano fuori gazebo e barbecue che farebbero invidia a tanti nostri “barbecuisti” (esiste? Boh… al massimo esiste da questo momento) della domenica, la NFL ha predisposto una Fan Area del tutto simile a quella allestita solitamente a Londra in occasione delle partite dell’International Series, solo molto più in grande.
Un palco di ESPN con una trasmissione in diretta, un altro palco con la riproduzione gigante del Lombardi Trophy e mille altre attrazioni ed intrattenimenti per i tifosi, rendono questa zona fittamente popolata già tre ore prima dell’apertura dei cancelli. Denominatore comune di questa folla, è l’estrema voglia di divertirsi partecipando ad uno degli eventi più esclusivi del pianeta, a livello sportivo. Niente tensioni, niente ubriachi, niente eccessi, solo tanta gente che fa festa e una marea di vibrazioni positive. In questo clima persino i tifosi dei Patriots mi sembrano più simpatici del solito.
Lo stadio da fuori è uno spettacolo. L’architettura tutta spigoli è splendida, ed il falco gigante di fronte all’ingresso principale è bellissimo. Peccato non riuscire a fotografarlo per bene, da una parte per la troppa gente che c’è intorno, dall’altra perché il mio ingresso è un altro, e non posso avvicinarmi più di tanto a quello principale. I tifosi vengono incanalati in maniera molto organizzata ma anche molto rigida. Se sul biglietto c’è scritto che devi entrare dal gate 1, non ti puoi presentare al gate 5, perché tanto ti rimandano indietro al prefiltraggio, e l’accredito media vale a poco: devo obbligatoriamente passare per il mio ingresso dedicato.
Decido di entrare al centro stampa ed attendere lì l’apertura dei cancelli. Salto quindi la fila dei tifosi che sono già in attesa dell’entrata e mi dirigo all’ingresso media, dove una serie di steward, estremamente gentili e disponibili ma altrettanto fermi nelle loro direttive, mi guidano al check point, dove vengo perquisito peggio che all’aeroporto. Ispezione visiva dello zaino, perquisizione personale da parte di un addetto, prima al tatto e poi con un metal detector manuale ed infine il metal detector classico, oltre ai raggi x per lo zaino. Efficienza, cortesia, sorrisi, determinazione sono le caratteristiche di questo processo a cui tutti devono sottoporsi. Vado con il pensiero a quando entro allo stadio a Torino, e non posso fare a meno di constatare a quanti anni luce di distanza siamo, in queste procedure.
Una volta dentro, mi spiaggio su una sedia dell’enorme centro stampa, un locale delle dimensioni di una palestra scolastica (bella grossa) dotato di tavoli, sedie e collegamenti rete che può ospitare, ad occhio e croce, almeno 400 postazioni di lavoro. Nel padiglione a fianco sta per iniziare il Super Bowl Party, una serie di concerti che andrà avanti fino al kickoff ed al quale assisteranno migliaia di persone, per cui la sala stampa, al momento deserta, è una piccola isola di quiete.
Dopo essermi riposato un po’ (la notte in aeroporto inizia a farsi sentire), mi avvicino allo stadio passando per l’immenso NFL Shop dove si possono trovare i gadget dell’evento. Un po’ deludente l’assortimento disponibile e soprattutto i prezzi. Prendo due cappellini ed un programma della partita per degli amici e la strisciata della carta di credito recita 100$. Alla faccia!!!
Per contro il cibo costa davvero poco, ed anche all’interno dello stadio sarà possibile mangiare a prezzi molto bassi rispetto agli standard degli stadi americani e soprattutto rispetto ai prezzi di tutto il resto in occasione del Super Bowl.
Tra una cosa e l’altra si fanno le 14, ed è finalmente ora di entrare allo stadio. L’ingresso avviene in maniera molto fluida e veloce, anche perché ormai il grosso dei controllo è stato fatto al prefiltraggio, per cui basta solo aprire lo zaino e dare una controllatina sommaria. Inizio a prendere una scala mobile dopo l’altra, perché il mio posto assegnato è nel settore 335, l’ultimo in alto. Dopo un paio di indicazioni da parte degli steward giungo finalmente alla mia postazione, in penultima fila, e mi aspetto di dover usare il binocolo per vedere il campo, ma quando mi giro e mi appare in tutta la sua maestosità e bellezza questo stadio super moderno, mi rendo conto che pur essendo in piccionaia la visione del campo è praticamente perfetta, ed in effetti durante la partita avrò bisogno poche volte di guardare lo schermo gigante anziché il campo.
Lo stadio è stupendo, il cerchio che contorna la parte semovente del tetto contiene un tabellone LED circolare spettacolare, e la parete in fondo all’end zone opposta a quella vicina a me è trasparente, in maniera che si possa vedere lo skyline della città, tanto che sembra quasi di essere in vetrina con vista sulla città.
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