La partecipazione al Super Bowl LVI parte, come al solito, da molto lontano, e fino a poco tempo fa, non era assolutamente prevista. Come al solito questa maledetta pandemia ha sconvolto un po' tutti i piani e, in maniera del tutto inattesa, mi sono ritrovato su un aereo per Los Angeles il 10 Febbraio invece che il 5 novembre con gli USA ancora chiusi al turismo internazionale (avrebbero riaperto solo 3 giorni dopo).
Alla fine, non che la cosa mi dispiaccia, ovviamente, si tratta di un "ripiego" di lusso, ma dovrò andarci da solo, mentre a novembre sarebbe stato un viaggio con tutta la famiglia. Se contiamo, poi, che a novembre avrei visto perdere i Rams contro i Titans (e New Mexico State contro Utah State), direi che ci ho guadagnato il triplo, come minimo.
Saltato il viaggio di novembre, quindi, ci siamo subito mossi con obiettivo Super Bowl facendo richiesta di accredito che, con qualche difficoltà procedurale, è stato confermato subito dopo Natale: per la seconda volta avrei dunque assistito al Super Bowl dal vivo e scritto articoli di presentazione e resoconto per la Gazzetta di Mantova, il quotidiano più antico d'Italia ancora in edicola, essendo il suo primo numero uscito nel 1664 (lo stesso anno della Kronenburg: un caso? Io non credo...).
Gli ultimi giorni prima di partire sono stati un mezzo incubo, non solo per me, ma anche per chi mi era vicino. Dovendo fare un tampone il giorno prima di partire, mi sono praticamente isolato da tutto e da tutti negli ultimi quindici giorni per minimizzare il rischio di positivizzazione, proprio in un periodo in cui sembrava che bastasse uno sguardo per positivizzarsi, che avrebbe mandato tutto a monte. Non avrei potuto sopportare di dover rinviare il viaggio per l'ennesima volta a causa di un tampone positivo.
Non potete immaginare, quindi, il sollievo quando mi hanno comunicato l'esito del tampone il 9 febbraio, anche perchè, nel frattempo, si erano svolti i playoff, e per la NFC la squadra che si era qualificata al Super Bowl erano i Los Angeles Rams. Per la seconda volta, quindi, avrei visto la mia squadra in finale, con la speranza che andasse un po' meglio di Atlanta 2019, quando i Rams persero da "quelli là" dopo una partita pessima a cui si aggiunse anche uno dei peggiori half time show che la storia della NFL ricordi.
Anche dal punto di vista musicale, stavolta, le premesse erano decisamente migliori.
Insomma, alla fine il 10 febbraio si parte ed arrivo a Los Angeles fresco e riposato dopo solo 15 ore di volo via Francoforte. Cerco di passare la prima giornata in maniera da ammortizzare il fuso nel migliore dei modi, ma non c'è nulla da fare: alle 4 del mattino sono in piedi e non c'è verso di continuare a dormire. Sarà così fino al ritorno.
Il venerdì è la giornata clou. Al mattino alle 10 vado a ritirare l'accredito poi faccio un giro al centro stampa ed all'NFL Experience ancora chiusa al pubblico. Una cosa stupefacente. Quando ero andato ad Atlanta mi sembrava un parco giochi e poco più, invece qui, in pieno centro città, è una cosa fantascientifica, ed accanto ai soliti stand dove si può calciare un field goal, fare un percorso tra dummies, lanciare a palla nei bersagli e tutta una serie di attività divertenti, ci sono anche delle esposizioni di memorabilia spettacolari. Favoloso il cerchio degli anelli in cui sono esposti tutti gli anelli dei 55 Super Bowl fin qui giocati, ma anche il palco in cui si può fare una foto con il Vince Lombardi Trophy (quello vero, quello che sarà consegnato alla squadra vincitrice) è bellissimo.
Tra una diretta per Huddle Magazine ed una visita approfondita a tutti gli stand, compreso quello dove si svolge una dimostrazione pratica di come si costruisce un pallone, dall'unione dei pezzi di cuoio fino all'inserimento dei lacci, viene il primo pomeriggio.
L'intenzione era quella di andare a Cal Lutheran, sede di allenamento dei Rams, per assistere alla conferenza stampa in persona (l'unica. Le altre sono state tenute tutte n collegamento remoto) di Sean McVay ed altri otto giocatori. Il programma viene però stravolto dalle esigenze di Max Pircher, il ragazzo italiano che è attualmente nella practice squad dei Rams.
Avendogli richiesto un'intervista, purtroppo la sua disponibilità è solo per le due del pomeriggio e per solamente una decina di minuti, per cui a visita a Cal Lutheran salta, e faccio l'intervista a Max dal centro stampa. L'intervista viene trasmessa in diretta nella serata dedicata al Super Bowl da Huddle Magazine, ed è un vero successo, per cui è valsa la pena perdersi la conferenza stampa. Il pubblico italiano ha una vera e propria adorazione per Pircher. Rappresenta il sogno di tutti noi: essere in una squadra NFL, e se si conta che fino a quattro anni fa non sapeva cosa fosse il football, si può capire quale traguardo sia per lui essere nell'élite del football mondiale con la possibilità di entrare in campo dalla porta principale.
Espletate le formalità "giornalistiche", faccio un giro per downtown in attesa che venga l'ora di trasferirsi al Media Party, che la NFL ha organizzato per la serata del venerdì nientemeno che agli Universal Studios.
Un efficientissimo servizio navetta ci porta agli Universal Studios da uno dei due alberghi dedicati ai media, dribblando con maestria il proverbiale traffico di Los Angeles, ed in men che non si dica, ci ritroviamo in questa immensa struttura dove sono stati girati (e si girano attualmente) film famosissimi e serie TV di successo e che è stata trasformata anche in parco divertimenti.
La struttura viene chiusa al pubblico e riservata solo ai media accreditati per il Super Bowl, con attrazioni, bar e ristoranti a completa disposizione e completamente gratis. Non oso pensare a quanto abbia speso la NFL per ottenere una cosa del genere...
Gli Studios sono bellissimi. Prendo il trenino che in un'ora fa il giro degli Studios portandoti in tutti i luoghi più importanti condendo la visita anche con alcune attrazioni da vivere sul treno con occhialini 3D ed effetti speciali che le rendono particolarmente intense.
Passiamo dall'essere in mezzo ad una lotta tra dinosauri e King Kong sul set di Jurassic Park, con tanto di spruzzi d'acqua a simulare la bava dei dinosauri che cercano di "addentare" il trenino, ad un terremoto in una stazione della metropolitana con un convoglio che deraglia e si ferma a pochi centimetri da noi, ad un folle inseguimento per le vie di Los Angeles tra spari e cannonate con The Rock. Molto molto bello. E pensare che quando ero stato a Los Angeles nel 2018 avevo scartato a priori la visita agli studios, ritenendoli una versione più grande di altri parchi visti in Italia e in Europa. Invece è tutta un'atra cosa, e vale il prezzo (alto) del biglietto che si pagherebbe, se non fosse che sono qui completamente gratis.
Finito il giro è ora di cenare, e cosa c'è di meglio che andare a Springfield con I Simpson e mangiare un po' di pollo fritto?
Torno a casa un po' stanco ma decisamente soddisfatto. Il sabato mi aspetta un po' di svago, perchè non ci sono eventi ufficiali, e ne approfitto per fare un po' di shopping e visitare The Grove, un vecchio deposito di tram trasformato in centro commerciale nel quale si muove un tram d'epoca che porta i passeggeri in giro da un capo all'altro del centro.
Mi devo preparare per la partita: domani sarà il grande giorno. Vado a dormire per svegliarmi puntualmente alle 4 del mattino...
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