Vent'anni. Abbiamo aspettato vent'anni di poter tornare a casa, dopo che le ruspe maledette avevano fatto scempio di un pezzo di storia. Si preserva tutto, in Italia, paese in cui un vincolo delle Belle Arti non si nega a nessuno, tranne che al campo della leggenda. Campo...
Filadelfia! Ma chi sarà ‘l vilana ciamelu ‘n camp? Jera ne cuna‘d speranse, ‘d vita, ‘d rinasensa,jera sugnè, criè, jera la luna,jera la strà dla nostra chersensa.
(Grazie a Teo per la foto che gli ho "rubato" da Facebook) |
Per ovvi motivi anagrafici non ho potuto vivere il Fila degli Invincibili, la tromba di Oreste Bolmida, le maniche arrotolate di capitan Valentino. Ho vissuto però il Fila dello scudetto e dei cinquanta punti, delle annate in cui un grande Giacomini cavava il sangue dalle rape (averle oggi, quelle rape!!!) cresciute proprio su quel campo, della retrocessione e della rinascita con la finale di Amsterdam.
Un giorno di primo inverno, era il 1977, ero nel cortile ghiaioso completamente deserto, con in mano la mia copia di "Profondo Granata", il libro di Salvatore Lo Presti, Avevo raccolto le firme di Claudio e Patrizio Sala, Castellini, Santin, Graziani, Zaccarelli, Salvadori, Caporale, Mozzini, Pulici. Ogni foto di quel libro era regolarmente e religiosamente firmata dal protagonista. Ne mancava una: quella di Radice, che non usciva dagli spogliatoi. Rimasi lì anche quando venne buio, e quando il Mister uscì, si trovò di fronte un quattordicenne infreddolito, con le labbra viola, il libro in una mano e la penna nell'altra.
C'eravamo solo più io e lui (ed i custodi, ovviamente). Nello spazio bianco sopra la foto, avevo disegnato due scudetti con il numero 8 all'interno, ed avevo scritto "Tutti con te, Radice!". Era uno striscione che campeggiava al Comunale. Chissà cos'avrebbe pensato, il Mister, qualche anno dopo, vedendomi in curva a fine di una partita persa malamente in un anno balordo, a tenere un lembo dell'enorme striscione che recitava "Radice Maccarone Vattene". Perchè la Maratona non risparmiava nessuno. A torto o a ragione.
Con una gentilezza estrema mi mise una mano in testa, mi chiese come mi chiamavo e mi fece una bella dedica sulla sua foto che prendeva tutta una pagina. Mi allontanai felice come non mai, nell'eco dei miei passi scricchiolanti sulla ghiaia del cortile del Fila, il cui portone si chiuse alle mie spalle quando uscii.
Un'altra volta, qualche mese dopo, primavera 1978, ero tornato a casa in fretta e furia da scuola per mangiare e poi correre al campo per la partitella del giovedì contro la Primavera.
Assieme ad altri gagnu, alla fine della partitella ci piaceva infilarci in un buco della rete, passando per il campo dietro alla porta di sinistra rispetto alla tribuna, per metterci sulle gradinate dove in teoria nessuno poteva stare. Facevamo i raccattapalle recuperando i palloni che finivano oltre la porta durante le sessioni supplementari di tiro che Pulici e Graziani, ma anche altri, solevano effettuare a fine allenamento. In una di quelle occasioni Castellini si procurò una piccola distorsione alla caviglia (nulla di grave, la domenica successiva sarebbe stato regolarmente al suo posto tra i pali), e venne a sedersi sugli spalti vicino a noi, massaggiandosi la caviglia. Ovviamente noi due o tre che eravamo andammo subito da lui per "sincerarsi delle sue condizioni", ed il Giaguaro era tutt'altro che infastidito da questi tre mocciosi che si atteggiavano a grandi esperti di distorsioni. "Vedrai che non è niente", "Domenica giochi sicuro!!".
E poi i mille raduni precampionato, le partite della Primavera, i derby con la tribuna stracolma ed i gobbi intimoriti. Quelli sugli spalti e quelli in campo. E dopo le partite al Comunale, via al FIla ad aspettare i gicatori, per applaudirli (o anche contestarli, nel caso).
E la partenza per Amsterdam, con tante speranze sul quel pulmann maledetto, che il giovedì successivo ci scaricò nuovamente di fronte al Tempio stanchi, provati e delusi, ma maledettamente orgogliosi della maglia che avevamo addosso.
Non sono andato, oggi, all'inaugurazione ufficiale. Andrò sabato. Non è importante quando.
L'importnate è che la casa del Toro sia nuovamente aperta. Ora basta solo più che torni il Toro.
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