Si sa, noi del Toro siamo legati al passato in maniera quasi morbosa ed ossessiva. Sempre lì a parlare del Grande Torino, di Mazzola e Gabetto, ma anche di Pulici e Graziani e dello scudetto del 76. Forse è una forma di autodifesa nei confronti dello squallido presente, che ci vede tristemente in fondo alla classifica in maniera stabile da tre anni a questa parte (per non parlare delle vicissitudini societarie di questi ultimi 20 anni). Sento spesso dire che il Toro è prigioniero di un passato troppo pesante ed ingombrante che gli impedisce di evolvere in società sportiva "moderna" e tornare grande, e pur essendo in parted'accordo, non riesco a vedere come potremmo mai separarci dalle nostre manie, piccole e grandi, che ci legano al passato.
Una di queste è rappresentata dai "segnali" che il Grande Torino manderebbe a noi tifosi, alla società, ai calciatori nei momenti decisivi e particolari della nostra storia.
E così leggenda vuole che sia proprio la farfalla granata a guidare il Nestor Combin inarrestabile che sette giorni dopo la morte di Meroni infilza per ben tre volte una Juve di gran lunga superiore.
Oppure il tifoso del Toro è convinto che quando Muller sbaglia il rigore della vittoria contro l'Ascoli che, a quattro giornate dalla fine, potrebbe tirare fuori la squadra dal pantano della zona retrocessione, sia Capitan Valentino in persona, imbestialito dalla squallida prestazione, a mandare un violento acquazzone con grandinata, in una giornata altrimenti caratterizzata da un gran solleone.
O ancora che il 13 luglio 2006, un giorno dopo che Cairo ha acquisito i trofei ed il titolo sportivo del Torino fallito l'estate precedente, garantendo la continuità con la vecchia società, sulla ruota di Torino vengono estratti i numeri 4-5-49-10-51, cioè 4 Maggio 1949 (anniversario di Superga), firmato Mazzola (numero 10). Un chiaro segno che Capitan Valentino ed i ragazzi sono grati al presidente per aver impedito che le loro gesta fossero per sempre disgiunte dalla maglia granata che ancora calca i campi di calcio.
E così anche ieri, durante Torino- Catania, il tifoso del Toro ha colto chiaramente i segni del destino.
Capita infatti che ad un quarto d'ora dalla fine il Toro sia inchiodato sullo zero a zero mentre tutte le concorrenti dirette alla salvezza stanno perdendo. Lo stadio intona a gran voce "Per restare in A bisogna vincere", ma la squadra resta contratta.
C'e' bisogno di una scossa, delle famose maniche arrotolate di Capitan Valentino che danno inizio al celeberrimo "quarto d'ora granata", quel quarto d'ora in cui non ce n'e' per nessuno.
Il segnale arriva sotto forma di un fulmine che cade dietro la Primavera, seguito da un tuono lungo, prolungato, molto forte.
In quel momento tutti quanti, indistintamente, abbiamo pensato "E' capitan Valentino che vuole spronare i ragazzi".
Arriva il gol dell'1-0, subito seguito dal pareggio catanese. E' ora del secondo tuono, come a ricordare ai ragazzi in campo che non è finita. Piove, inizia anche a grandinare, ed arriva il 2-1 che manda tutto lo stadio in delirio.
E' passato un quarto d'ora dal primo fulmine: sarà un caso?
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