Ha occupato le prime pagine dei giornali e dei TG nazionali in questi giorni, sebbene nessuno (e sottolineo nessuno) si sia degnato di dare una spiegazione decente dei termini. Stiamo parlando del cosiddetto "Accordo separato", cioè l'ipotesi di accordo tra governo e parti sociali sulla riforma della contrattazione nazionale di lavoro, quello che la CGIL si è rifiutata di firmare, per fortuna.
Perchè per fortuna? Primo, perchè almeno la CGIL ha dovuto spiegare i motivi del suo no, e nel farlo ci ha fornito qualche vaga indicazione sui contenuti dell'accordo, e secondo perchè da quanto si riesce a sapere l'accordo è una totale fregatura.
In linea di massima questo accordo dovrebbe riformare la disciplina dei contratti di secondo livello, cioè quelli integrativi aziendali, e qui arriva il primo dubbio: perchè riformare questi accordi quando le aziende che ne possono usufruire sono la netta minoranza? Risulta infatti che la stragrande maggioranza delle imprese non abbia un contratto integrativo.
A mio avviso i motivi sono essenzialmente due.
Il primo è un chiaro tentativo di depotenziare l'efficacia dei sindacati anche attraverso la più che oscura norma sulla rappresentatività sindacale. Sembra di capire, infatti, che al tavolo delle trattative saranno ammesse solamente le sigle sindacali più rappresentative, escludendo di fatto le minoranze, che hanno sempre dato parecchio fastidio. Fa specie, però, che un accordo che in pratica consegna nelle mani dei maggiori sindacati italiani il potere di trattativa possa bellamente essere siglato in assenza dell'organizzazione PIU' rappresentativa, proprio quando al suo interno si cerca di escludere dalle trattative le organizzazioni MENO rappresentative. Insomma: un ottimo inizio.
Il secondo motivo è ancora più subdolo, e mi fa specie che due organizzazioni sindacali come CISL e UIL non si siano minimamente preoccupate delle conseguenze. L'accordo mira infatti a svilire la contrattazione aziendale, ad esempio impedendo la ulteriore discussione su argomenti già trattati in fase di contrattazione nazionale (uno su tutti: la composizione del salario).
Fino ad oggi si partiva dalla base fornita dal contratto nazionale, testo sacro ed inviolabile fino alla sua scadenza, per andare poi a trattare le particolarità locali e le esigenze sia dei lavoratori che delle aziende nello specifico, uno specifico che un contratto nazionale non può certo affrontare in maniera esaustiva.
Faccio un esempio banalissimo sul contratto che conosco: quello assicurativo. A livello nazionale viene stabilito un ticket restaurant di importo uguale per tutti. Nelle varie contrattazioni aziendali è stata discussa e contrattata la parte "aziendale" supplementare di questo ticket restaurant, in base principalmente al costo del pasto base nelle diverse mense aziendali. Capita così che a fronte di un ticket "nazionale" di 4 euro (faccio degli esempi di importi a caso tanto per fare un esempio semplice), in Toro si abbia un supplemento di 90 centesimi perche' il pasto costa 4,90 euro, in Reale un supplemento di 1 euro a fronte di un pasto dal costo di 5 euro e cosi' via per le altre aziende.
Con il nuovo accordo non si potrà più fare.
Avete contrattato un ticket da 4 euro a livello nazionale? Bene. La vostra mensa ne costa 5? Fottetevi.
E così per molte altre cose.
Di contro, però, le aziende, e solo loro, potranno ridiscutere pezzi di contratto nazionale gia' discusso ed approvato, anche prima della scadenza, basta che si sia in presenza di progetti di ristrutturazione occupazionale (che vuol dire tutto e niente).
Insomma, l'accordo è un attacco alla contrattazione collettiva vero e proprio, e fa davvero specie che CISL e UIL non solo non reagiscano, ma lo sottoscrivano anche, e persino Uòlter faccia pressione su Epifani per fargli firmare questa sconcezza di accordo.
E poi si dice che uno si butta a destra!!! (cit.)
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