Ci son voluti vent'anni ma finalmente gliel'abbiamo fatta a scollare il Cavaliere dal cadreghino di Palazzo Chigi. Rimettere in sesto i disastri di vent'anni di Berlusconismo sarà un'impresa titanica ma, almeno per il momento, non è la nostra priorità.
La nostra priorità è evitare il default e rimettere in sesto i conti, ridando fiducia ai mercati e, possibilmente, mettendo a punto quelle riforme basilari sempre promesse e mai realizzate, occupati com'erano gli ultimi governi a risolvere i problemi giudiziari e personali del nano di Arcore.
In questo scenario è entrato in gioco Mario Monti, una persona di sicuro spessore anche (e soprattutto) morale. La scelta di affidare il governo a Monti non è piaciuta ai più, e tutti sembrano impegnati a gufare contro per poter poi dire "l'avevamo detto noi che Monti avrebbe fallito. Dovevate far risolvere la crisi a noi".
Io, invece, di Monti mi fido, almeno per il momento, al di là del fatto che la scelta fosse abbastanza obbligata. In una situazione critica come quella in cui ci trovavamo (anzi, ci troviamo ancora), le dimissioni del Governo sono arrivate con almeno un anno di ritardo, ed un'0altra soluzione interna al centrodestra era francamente improponibile. Altrettanto improponibile era andare ad elezioni subito, sia perchè avrebbe dilatato ulteriormente i tempi di incertezza ed instabilità politica, sia perchè dalle urne non sarebbe usvcito nulla di buono, chiunque avesse vinto.
Tolto Berlusconi, il centrodestra non ha un leader capace di coalizzare tutte le varie anime che coesistono a fatica (è ora di sfatare il mito del centrodestra coeso contrapposto ad un centrosinistra frammentato e diviso, abbiamo visto chiaramente che in entrambi gli schieramenti esiste una serie di correnti più o meno ufficiali tendente all'infinito), tanto che caduto il capo la Lega si è immediatamente sfilata dalla scena dando l'impressione di non aspettare altro da anni.
Dal canto suo il centrosinistra non sta certo meglio. Andiamo ad elezioni ma chi votiamo? Bersani lo smacchiatore di giaguari? O qualche vecchio rottame modello Veltroni/D'Alema? O un Renzi tanto bravo a parole ma sfuggente nei fatti? Vendola? Di Pietro? Per carità!!!
Il terzo polo è ancora troppo marginale per poter rappresentare qualcosa più di una spalla da maggioranza.
In questo scenario, ripeto, un governo tecnico era il meglio che potessimo avere, e Monti ha la personalità e le qualità per accontentare tutti.
Sono comunque convinto che non sia un prestigiatore, per cui dal pantano ci tireremo fuori solo attraverso provvedimenti che colpiranno inevitabilmente le nostre tasche ed i nostri diritti, ma ciò non dipende da Monti. Chi si lamenta del "lacrime e sangue" prospettato da Monti crede davvero che Berlusconi o suoi eventuali sostituti avrebbero risolto la crisi senza intervenire in maniera decisa sui cittadini? E' stata proprio questa prospettiva di passare per massacratore delle genti, che ha convinto il tronfio nanetto a dimettersi per non poter essere accostato ad eventuali provvedimenti impopolari.
Parimenti mi fa ridere chi continua, ogni tre per due, a recitare il mantra dello spread che non diminuisce "quindi come volevasi dimostrare non era colpa di Berlusconi". A parte il fatto che non sappiamo cosa sarebbe successo se fosse rimasto in sella. Magari sarebbe già raddoppiato, chi può dirlo? E poi, sinceramente, lo spread lo determinano i mercati, ed i mercati vogliono delle risposte, non delle ipotesi, per cui finchè le manovre e le soluzioni non saranno messe nero su bianco, sono abbastanza sicuro che la situazione resterà uguale ad oggi: un po' lo spread scende, ed un po' risale.
Per il resto, le critiche che leggo sono piuttosto risibili.
Monti è massone? Può darsi, ma siamo governati da un branco di massoni deviati da vent'anni (e forse anche di più)... il peggio che possa accadere è che non cambi nulla.
Monti fa parte del gruppo Bilderberg? Tremonti pure, e quindi?
Monti fa parte della trilaterale? Non essendo tra coloro che considerano la trilaterale una minaccia per il mondo al pari dei servizi segreti deviati, dei Maya e degli UFO, la cosa mi lascia totalmente indifferente.
E poi, ripeto, avevamo un presidente del consiglio (e molti parlamentari) piduista, dei ministri dal passato inquietante di agitatori e picchiatori, altri personaggi di dubbia qualità con alle spalle interessanti carriere nello showbiz più becero e fortissime competenze sul nulla, e ci preoccupiamo di una squadra di governo formata da persone qualificate e competenti?
Le mie maggiori speranze in Monti sono riposte in una parola che ha pronunciato più volte nel suo discorso di insediamento: equità. Come detto prima, sono convinto che la cura non sarà indolore, ma se sarà applicata a tutti con "equità", ognuno per quanto gli spetta e gli tocca, allora sarò soddisfatto anche se dovrò pagare delle tasse in più.
Sono prontissimo a ricredermi (con i fatti, però, non con le bufale che provengono da non si sa dove...) se Monti dovesse disattendere le promesse e le intenzioni mostrate in questi dieci giorni di "governo". Ormai manca poco, ed anche Monti scoprirà le sue carte, così tutti potremo fare e rivedere le nostre valutazioni ed opinioni sul suo operato.
Il masso su per la montagna dobbiamo spingerlo comunque. Facciamolo almeno col sorriso sulle labbra.
venerdì 25 novembre 2011
venerdì 11 novembre 2011
Il penultimo
Il 9-10-11 ve lo siete risparmiato, ma questo no.
Sono le ore 11:11 dell'11/11/11. Sapevàtelo.
Sono le ore 11:11 dell'11/11/11. Sapevàtelo.
lunedì 7 novembre 2011
Hashtag
L'hashtag è quella parola preceduta dal segno di cancelletto (hash, cioè '#') che su Twitter serve a categorizzare i cinguettii per poterli recuperare tutti tramite una semplice ricerca. Durante l'allerta meteo di questi giorni, e soprattutto ieri sera, quando l'emergenza per l'ondata di piena sulla Dora che, incidentalmente, passa sotto le mie finestre, seguire l'hashtag #allertameteoPM è stato l'unico modo per avere delle notizie fresche ed aggiornate sulla situazione minuto per minuto, assieme all'utilissima diretta webcam sul Ponte Carpanini che è durata tutta la notte ed ha consentito di avere un'idea precisa del livello del fiume senza muoversi da casa.
Tanto per dire, la notizia dell'allagamento del sottopasso di Corso Marche sul sito de "La Stampa" è arrivata quasi un'ora dopo l'avvenimento, mentre su Twitter la notizia è andata praticamente in tempo reale.
Da questo blog e dai suoi tre lettori, un sentito ringraziamento a chiunque abbia inviato anche un solo tweet con l'hashtag #allertameteoPM.
Questa è AutoProtezione Civile!
Tanto per dire, la notizia dell'allagamento del sottopasso di Corso Marche sul sito de "La Stampa" è arrivata quasi un'ora dopo l'avvenimento, mentre su Twitter la notizia è andata praticamente in tempo reale.
Da questo blog e dai suoi tre lettori, un sentito ringraziamento a chiunque abbia inviato anche un solo tweet con l'hashtag #allertameteoPM.
Questa è AutoProtezione Civile!
giovedì 27 ottobre 2011
Nuovo progetto
Era da qualche mese che insieme a Giovanni pensavamo di mettere online un aggregatore di articoli sul football americano: notizie varie, squadre, NFL, NCAA, Italia, Europa e chi più ne ha più ne metta.
Alla fine ce l'abbiamo fatta: AGGREGAFOOTBALL è nato
Alla fine ce l'abbiamo fatta: AGGREGAFOOTBALL è nato
Ubicazione:
Torino, Italia
martedì 11 ottobre 2011
Early adopter
Si, lo ammetto, è tutta colpa mia. Tutta colpa mia e di quei dementi come me che hanno avuto la balzana idea di compilare il censimento on line proprio domenica 9 ottobre causando il blocco del sistema informatico messo a punto dall'ISTAT. Del resto lo sanno tutti, ti dicono che puoi iniziare dal 9 ottobre, ma non è proprio così. E' una data indicativa, perchè si sa che noi italiani facciamo sempre le cose all'ultimo momento. Siamo quelli che data una scadenza, chiediamo la proroga, e la proroga della proroga.
Pensa che mi hanno detto che in USA il censimento partiva un dato giorno e l'applicazione on line funzionava da subito, mica da due giorni dopo. Vabbè, ma loro sono americani, sono abituati che senza istruzioni precise non sanno cosa fare, mica sono creativi come noi.
E poi ieri ci si sono messi anche gli altri matti, quelli che hanno "preso d'assalto" gli uffici postali per consegnare il plico del censimento compilato a mano. Scene da isteria collettiva. Gli uffici postali hanno dovuto prendere in consegna, registrare e protocollare una media di ben sette moduli per ufficio postale. In un giorno! Ma siamo matti?!? Si tratta di circa 1,20 moduli ogni ora per gli uffici postali che chiudono alle due. Cifre da schiavismo bello e buono.
E' così... è sempre colpa degli utenti troppo zelanti.
Ma vaffanculo va!!!
Pensa che mi hanno detto che in USA il censimento partiva un dato giorno e l'applicazione on line funzionava da subito, mica da due giorni dopo. Vabbè, ma loro sono americani, sono abituati che senza istruzioni precise non sanno cosa fare, mica sono creativi come noi.
E poi ieri ci si sono messi anche gli altri matti, quelli che hanno "preso d'assalto" gli uffici postali per consegnare il plico del censimento compilato a mano. Scene da isteria collettiva. Gli uffici postali hanno dovuto prendere in consegna, registrare e protocollare una media di ben sette moduli per ufficio postale. In un giorno! Ma siamo matti?!? Si tratta di circa 1,20 moduli ogni ora per gli uffici postali che chiudono alle due. Cifre da schiavismo bello e buono.
E' così... è sempre colpa degli utenti troppo zelanti.
Ma vaffanculo va!!!
mercoledì 5 ottobre 2011
Il popolo del copia/incolla
In questi giorni si parla molto della cosiddetta "Legge bavaglio", che metterà (se approvata così com'è) a rischio non solo la libertà di informazione, ma addirittura la libertà di parola ed espressione. Vedi, senti e leggi tanti appelli per una informazione indipendente, tante persone ti mettono in guardia contro la cosiddetta informazione di regime, guidata, censurata ed incanalata in pochi, strategici argomenti per nascondere altre cose ben più importanti. E' tutto vero. L'informazione "classica", i media tradizionali come giornali e TV, non sono affidabili, controllati e manipolati come sono dalla politica e dalla convenienza di chi li comanda.
La risposta è apparentemente semplice. Un mantra diventato slogan è "informarsi sulla rete per essere informati sulla verità". E qui casca l'asino. Come fare a capire se l'informazione trovata in rete è davvero attendibile, super partes e disinteressata?
Un esempio su tutti, ma se ne potrebbero fare altri mille, è il movimento No Tav. Dicono che i media non raccontano la verità, che distorcono i fatti, che mistificano la realtà. Non stento a crederlo. Ma chi mi garantisce che la "loro" verità, quella del movimento, non è altrettanto faziosa e distorta?
E' proprio qui che entra in gioco la nostra capacità di analisi, di critica, di comprensione, ed è proprio qui, di nuovo, che casca l'asino.
Siamo diventati un popolo di copia/incolla, incapaci di sviluppare un pensiero proprio o, al limite, di prenderne uno di un altro e svilupparlo criticamente. Tutta questa gente che strepita contro l'informazione libera e critica, è spesso la prima che vedi pubblicare sul proprio profilo su Facebook delle stronzate megagalattiche come il "Fen Shui" (secondo cui una volta ogni 832 anni il mese di ottobre ha 5 sabati, 5 domeniche e 5 lunedì), o i ripetuti allarmi sulla privacy di facebook che pubblica numeri di telefono a tradimento, diventa a pagamento (sempre dal mese prossimo... da almeno due anni) o compie le peggiori nefandezze a tua insaputa.
E' una vita difficile, e far girare due rotelle nella testa costa fatica. Se sei d'accordo, copia e incolla questo post sulla tua bacheca di facebook...
La risposta è apparentemente semplice. Un mantra diventato slogan è "informarsi sulla rete per essere informati sulla verità". E qui casca l'asino. Come fare a capire se l'informazione trovata in rete è davvero attendibile, super partes e disinteressata?
Un esempio su tutti, ma se ne potrebbero fare altri mille, è il movimento No Tav. Dicono che i media non raccontano la verità, che distorcono i fatti, che mistificano la realtà. Non stento a crederlo. Ma chi mi garantisce che la "loro" verità, quella del movimento, non è altrettanto faziosa e distorta?
E' proprio qui che entra in gioco la nostra capacità di analisi, di critica, di comprensione, ed è proprio qui, di nuovo, che casca l'asino.
Siamo diventati un popolo di copia/incolla, incapaci di sviluppare un pensiero proprio o, al limite, di prenderne uno di un altro e svilupparlo criticamente. Tutta questa gente che strepita contro l'informazione libera e critica, è spesso la prima che vedi pubblicare sul proprio profilo su Facebook delle stronzate megagalattiche come il "Fen Shui" (secondo cui una volta ogni 832 anni il mese di ottobre ha 5 sabati, 5 domeniche e 5 lunedì), o i ripetuti allarmi sulla privacy di facebook che pubblica numeri di telefono a tradimento, diventa a pagamento (sempre dal mese prossimo... da almeno due anni) o compie le peggiori nefandezze a tua insaputa.
E' una vita difficile, e far girare due rotelle nella testa costa fatica. Se sei d'accordo, copia e incolla questo post sulla tua bacheca di facebook...
martedì 9 agosto 2011
Una legge universale
Esiste una legge universale che recita: "Più un veicolo è grosso ed ingombrante, più esso verrà parcheggiato in posizione tale da intralciare il traffico e/o ostruire la visuale agli automobilisti che devono superare un incrocio o effettuare una manovra".
venerdì 5 agosto 2011
Il mio Google
Interessante giochino dai risultati un po' sorprendenti. Da quando Google ha lanciato il suggerimento immediato nella sua pagina di ricerca, avrete forse notato che non appena si inizia a digitare qualcosa nel box di ricerca appaiono una serie di parole che, secondo le intenzioni di BigG, dovrebbe aiutarvi nella digitazione, rappresentando le parole più spesso utilizzate nelle vostre ricerche. Ovviamente i risultati possono variare da macchina a macchina, perchè l'indicizzazione avviene a livello locale ed i risultati vengono salvati in dei cookie sulla propria macchina.
Ho provato allora a fare un test: quali sono le prime parole che vengono suggerite immettendo solo una lettera, per ogni lettera dell'alfabeto? Ho fatto lo stesso test sul PC di casa e su quello in ufficio, ed i risultati li vedete nella tabellina qui riportata.
Un po' per gioco, ma anche no. Infatti, visti i risultati, inizio a pensare che il sistema di indicizzazione di Google funzioni in maniera piuttosto originale...
Ecco i miei risultati.
Ho provato allora a fare un test: quali sono le prime parole che vengono suggerite immettendo solo una lettera, per ogni lettera dell'alfabeto? Ho fatto lo stesso test sul PC di casa e su quello in ufficio, ed i risultati li vedete nella tabellina qui riportata.
Un po' per gioco, ma anche no. Infatti, visti i risultati, inizio a pensare che il sistema di indicizzazione di Google funzioni in maniera piuttosto originale...
Ecco i miei risultati.
PC Ufficio | PC Casa | |
A | Ansa | Alice |
B | Bavisela | Bennet |
C | Corriere | Corriere |
D | Decathlon | Dizionario |
E | Ebay.it | Ebay |
F | ||
G | Gmail | |
H | Hotmail | Hotmail |
J | Java | Juventus |
K | Kinemax | Kijiji |
I | Il Piccolo | Il meteo |
L | Libero | Libero |
M | Meteo | Meteo |
N | Netlog | Nimbus |
O | Osmer | Oroscopo |
P | Pagine Bianche | Pagine Bianche |
Q | Quattroruote | Quattroruote |
R | Repubblica | Rai |
S | Subito | Subito |
T | Trenitalia | Trenitalia |
U | Unicredit | Unicredit |
V | Vodafone | Vodafone |
W | Wikipedia | Wikipedia |
X | Xbox | Xbox |
Y | Youtube | Youtube |
Z | Zara | Zara |
giovedì 4 agosto 2011
Scozia 2011: Appunti di viaggio/6
Siamo arrivati alla fine del viaggio, un po' in calando rispetto ai primi giorni, soprattutto perchè la scelta di dedicare due giorni sia a Glasgow che ad Edimburgo si è rivelata poco felice, e le alternative rimediate all'ultimo (Stirling e Rosslyn Chapel) non hanno dato i risultati sperati.
Tutto sommato, però, l'esperienza è stata positiva. Ci ha permesso di visitare luoghi meravigliosi, di scoprire una popolazione tranquilla, non stressata (o certamente non ai nostri livelli), capace di apprezzare la natura che, fortuna loro, li circonda, di sfruttarla a scopo turistico senza però snaturarla (snaturare la natura è un bell'esercizio di equilibrismo dialettico!).
Quando si visitano dei luoghi, bisogna sempre fare la tara tra la visita da turista e la vita di tutti i giorni. Ricordo che anni fa andai a trovare un amico a San Francisco, e gli dissi che lo invidiavo, perchè abitava in una città splendida. La sua risposta mi segò le gambe. Si, la città era splendida, ma era costretto a vivere in un monolocale in affitto che gli portava via buona parte dello stipendio, lasciandogli ben poco per tutto il resto, tanto che spesso e volentieri mangiava da "Jack in the Box", una sorta di discount del fast food, perchè non poteva permettersi i più costosi McDonald's o Burger King. Ed aveva un lavoro tutto sommato dignitoso e mediamente ben retribuito. Quindi si, la città era splendida, ma la vita da turista era totalmente differente da quella di cittadino permanente. Il turista, tutto sommato, è più portato a considerare solo gli aspetti positivi.
Ciononostante, vedendo un piccolo paesino come Ullapool, il tarlo del trasferimento viene a tutti, inutile girarci intorno. Che poi sia fattibile o meno è un altro discorso, ma farci un pensierino credo sia abbastanza automatico.
Quello che colpisce maggiormente, oltre alla bellezza dei luoghi, è però l'estrema cordialità della gente (vabbe'... cameriera del Portree Hotel esclusa...), la pacatezza, da non confondere con l'indolenza, con cui fanno le cose, il senso di tranquillità che trasmettono al prossimo. Poca gente ingrugnita, probabilmente anche perchè, come giustamente dice mia moglie, quando ti alzi al mattino e vedi un panorama del genere, non puoi essere incazzato.
Ci è costata poca fatica, tutto sommato, adattarsi agli usi e costumi locali, anche alla guida, per esempio. Al di là della mano da tenere in strada, suggerirei a qualsiasi automobilista italiano di recarsi in Gran Bretagna (ma anche in Francia, sia chiaro), cercare una grande rotonda e fermarsi una mezz'oretta per vedere come ci si comporta. Come si imbocca, come si percorre, come si esce da una rotonda, rispettando precedenze e segalando intenzioni, senza sgommare, scattare, strombazzare, tagliare la strada, fare traiettorie da formula uno. Ci si accorgerà come anche quando il traffico è elevato, non si formi alcuna congestione come quelle che siamo abituati a vedere da noi. Lo stesso dicasi per gli incroci, dove non si vedrà quasi mai l'incrocio ostruito da un'auto che si ferma in coda nel bel mezzo dello stesso. Piuttosto ci si ferma al semaforo (anche se verde) per lasciare libera la circolazione nel caso diventasse rosso prima che la coda si muova.
Per chiudere questo enorme pippone, vi lascio alcuni highlights della vacanza che resteranno impressi nella mia memoria.
- Il figlioletto novenne che si fa tradurre il menu per poi ordinare in autonomia e, quando il cameriere fa cenno di avere capito, esultare con il pugnetto: "Evvai!!!".
- Il brusco risveglio alle sei di mattina a Glasgow, con l'allarme antincendio che suonava, io che cercavo affannosamente il telefono da spegnere pensando che fosse quello ad ululare come un coyote ed infine, recuperato il lume della ragione, l'ordinata evacuazione attraverso le uscite di sicurezza come da manuale.
- Entrare in un ristorante alle 6 di sera e dover aspettare mezz'ora un tavolo libero.
- Girare in tondo rimbalzando da una rotonda e l'altra negli svincoli di uscita dall'aeroporto di Edimburgo, pensando "ma chi me l'ha fatto fare di prendere la macchina dove si guida a sinistra?".
- Starbucks ed il caramel macchiato tall, TGIF (OK ad Aberdeen, decisamente KO a Glasgow), Pizza Hut (sufficiente ad Aberdeen, OK a Glasgow) ed il mitico ristorante Bella Italia di Edimburgo, dove ti servono le penne al pesto con i pezzi di pollo.
- Le pecore, le capre ed i montoni che costellano tutto il territorio, ti attraversano la strada a tradimento oppure ti osservano placidamente da bordo strada masticando distrattamente l'erbetta.
- Gli otto/dieci gradi dell'Isola di Skye e la costante richiesta, rimasta sempre inascoltata, "se fossi in te mi metterei una felpa".
- Scalzare dalla mayorship dell'albergo di Aberdeen su Foursquare un tizio che mi risponde con un pacato: I WILL DESTROY YOU! (Per la cronaca, sono ancora Sindaco, pùppamelo!).
Spero che questo resoconto a puntate sia stato di vostro gradimento. Arrivederci al prossimo!!
Tutto sommato, però, l'esperienza è stata positiva. Ci ha permesso di visitare luoghi meravigliosi, di scoprire una popolazione tranquilla, non stressata (o certamente non ai nostri livelli), capace di apprezzare la natura che, fortuna loro, li circonda, di sfruttarla a scopo turistico senza però snaturarla (snaturare la natura è un bell'esercizio di equilibrismo dialettico!).
Quando si visitano dei luoghi, bisogna sempre fare la tara tra la visita da turista e la vita di tutti i giorni. Ricordo che anni fa andai a trovare un amico a San Francisco, e gli dissi che lo invidiavo, perchè abitava in una città splendida. La sua risposta mi segò le gambe. Si, la città era splendida, ma era costretto a vivere in un monolocale in affitto che gli portava via buona parte dello stipendio, lasciandogli ben poco per tutto il resto, tanto che spesso e volentieri mangiava da "Jack in the Box", una sorta di discount del fast food, perchè non poteva permettersi i più costosi McDonald's o Burger King. Ed aveva un lavoro tutto sommato dignitoso e mediamente ben retribuito. Quindi si, la città era splendida, ma la vita da turista era totalmente differente da quella di cittadino permanente. Il turista, tutto sommato, è più portato a considerare solo gli aspetti positivi.
Ciononostante, vedendo un piccolo paesino come Ullapool, il tarlo del trasferimento viene a tutti, inutile girarci intorno. Che poi sia fattibile o meno è un altro discorso, ma farci un pensierino credo sia abbastanza automatico.
Quello che colpisce maggiormente, oltre alla bellezza dei luoghi, è però l'estrema cordialità della gente (vabbe'... cameriera del Portree Hotel esclusa...), la pacatezza, da non confondere con l'indolenza, con cui fanno le cose, il senso di tranquillità che trasmettono al prossimo. Poca gente ingrugnita, probabilmente anche perchè, come giustamente dice mia moglie, quando ti alzi al mattino e vedi un panorama del genere, non puoi essere incazzato.
Ci è costata poca fatica, tutto sommato, adattarsi agli usi e costumi locali, anche alla guida, per esempio. Al di là della mano da tenere in strada, suggerirei a qualsiasi automobilista italiano di recarsi in Gran Bretagna (ma anche in Francia, sia chiaro), cercare una grande rotonda e fermarsi una mezz'oretta per vedere come ci si comporta. Come si imbocca, come si percorre, come si esce da una rotonda, rispettando precedenze e segalando intenzioni, senza sgommare, scattare, strombazzare, tagliare la strada, fare traiettorie da formula uno. Ci si accorgerà come anche quando il traffico è elevato, non si formi alcuna congestione come quelle che siamo abituati a vedere da noi. Lo stesso dicasi per gli incroci, dove non si vedrà quasi mai l'incrocio ostruito da un'auto che si ferma in coda nel bel mezzo dello stesso. Piuttosto ci si ferma al semaforo (anche se verde) per lasciare libera la circolazione nel caso diventasse rosso prima che la coda si muova.
Per chiudere questo enorme pippone, vi lascio alcuni highlights della vacanza che resteranno impressi nella mia memoria.
- Il figlioletto novenne che si fa tradurre il menu per poi ordinare in autonomia e, quando il cameriere fa cenno di avere capito, esultare con il pugnetto: "Evvai!!!".
- Il brusco risveglio alle sei di mattina a Glasgow, con l'allarme antincendio che suonava, io che cercavo affannosamente il telefono da spegnere pensando che fosse quello ad ululare come un coyote ed infine, recuperato il lume della ragione, l'ordinata evacuazione attraverso le uscite di sicurezza come da manuale.
- Entrare in un ristorante alle 6 di sera e dover aspettare mezz'ora un tavolo libero.
- Girare in tondo rimbalzando da una rotonda e l'altra negli svincoli di uscita dall'aeroporto di Edimburgo, pensando "ma chi me l'ha fatto fare di prendere la macchina dove si guida a sinistra?".
- Starbucks ed il caramel macchiato tall, TGIF (OK ad Aberdeen, decisamente KO a Glasgow), Pizza Hut (sufficiente ad Aberdeen, OK a Glasgow) ed il mitico ristorante Bella Italia di Edimburgo, dove ti servono le penne al pesto con i pezzi di pollo.
- Le pecore, le capre ed i montoni che costellano tutto il territorio, ti attraversano la strada a tradimento oppure ti osservano placidamente da bordo strada masticando distrattamente l'erbetta.
- Gli otto/dieci gradi dell'Isola di Skye e la costante richiesta, rimasta sempre inascoltata, "se fossi in te mi metterei una felpa".
- Scalzare dalla mayorship dell'albergo di Aberdeen su Foursquare un tizio che mi risponde con un pacato: I WILL DESTROY YOU! (Per la cronaca, sono ancora Sindaco, pùppamelo!).
Spero che questo resoconto a puntate sia stato di vostro gradimento. Arrivederci al prossimo!!
Scozia 2011: Appunti di viaggio/5
Lasciata la natura selvaggia ed inospitale dell'Isola di Skye, l'ultima parte del nostro itinerario è dedicata alla visita di Glasgow ed Edimburgo, raggiunte dopo un viaggio che ha toccato un po' a sorpresa Eilean Donan Castle (meglio conosciuto come "il castello di Highlander", se vogliamo utilizzare la stessa logica per cui la Romanza Per Violino n.2 Op.50 di Ludwig Van Beethoven è nota a tutti come "La musica della Vecchia Romagna"), oltre a costeggiare la solita sfilata di laghi, laghini e laghetti, compreso quel Loch Lomont che rappresenta il principale luogo di svago domenicale dei Glasgowiani.
Glasgow è una città turisticamente inappetibile. Lo avevo già constatato in occasione del World Bowl del 2003 quando, per non morire di inedia per quattro giorni, fummo praticamente costretti a spendere il giorno in cui non c'erano conferenza stampa da seguire a... Edimburgo.
Una seconda visita a questa città non ha minimamente scalfito questa convinzione ed anzi, anche in questo caso la visita a Glasgow si è trasformata in una visita al Castello di Stirling, piuttosto deludente anch'esso.
Notevole, invece, la visita alla cattedrale di Glasgow, probabilmente l'unica cosa che valga la pena di vedere in una città che non ricordavo così sporca, disordinata e scostante. Molto poco scozzese, insomma, se prendiamo come metro di paragone Aberdeen o Inverness o, in generale, il nord della Scozia.
Le cose vanno un po' meglio ad Edimburgo, ma esclusivamente perchè la città ha decisamente più attrattive. La confusione è ancora maggiore, complice il festival di Edimburgo nel bel mezzo del quale siamo capitati, e camminare sulla via commerciale è un vero delirio.
Una grossa delusione viene dalla spianata di fronte al Castello di Edimburgo, occupata da spalti tipo stadio con tanto di seggiolino, copertura e postazioni televisive. La struttura si rende necessaria per accogliere il pubblico che vuole assistere alle varie maniofestazioni del festival, ma è indubbio che siano un vero pugno nello stomaco, in un ambiente tardo medievale come quello della spianata.
Per i più disattenti, segnalo la presenza in Edimburgo di una luogo particolare, che vi troverete a percorrere, come è successo a noi, dalle dieci alle quindici volte al giorno: il Waverley Bridge.
Il Waverley Bridge è il ponte che dà l'accesso alla stazione ferroviaria, ma la sua particolarità è quella di essere la via più comoda per passare dalla città bassa alla città alta, quella dove c'è il castello per intenderci, per cui è sempre affollato da centinaia e centinaia di persone.
Associata alla visita di Edimburgo, ci sarebbe stata la puntatina verso la Rosslyn Chapel, un luogo impregnato di storia e leggenda, citata anche nel libero "Il Codice Da Vinci" di Dan Brown, sebbene tutti i riferimenti contenuti nel libro siano inventati di sana pianta (tanto per dirne una, la stella a sei punte incastonata nel pavimento, non esiste per niente).
Uso il condizionale perchè quando siamo arrivati a destinazione ci siamo trovati di fronte ad un fabbricato in ristrutturazione, avvolto per metà dai ponteggi. Inoltre l'ingresso era gratuito, secondo la guida turistica, ma un cartello avvertiva che si poteva scegliere se fare una donazione di 10 sterline oppure iscriversi alla fondazione per la salvaguardia della Cappella versando la medesima cifra. Entrambe le soluzioni garantivano l'accesso alla Cappella. Strano concetto di gratuità, devo dire.
Come non bastasse all'interno della Cappella era vietato fare fotografie e riprese video, e la visita era effettuata esclusivamente da guide fornite dalla fondazione.
Insomma, secondo i miei canoni di giudizio, li tutto si raffigurava come il miglior modo per far tornare i turisti sui loro passi, cosa che abbiamo puntualmente fatto.
L'ultimo giorno è stato caratterizzato da una lieve pioggerellina subito trasformatasi in diluvio, che ci ha praticamente obbligato a trasferirci in aeroporto con "un po' di anticipo" (alle 10 eravamo già lì, ed il volo partiva alle 14...).
Il ritorno in Buru... a-her... Italia ci ha lasciati con un po' di malinconia nei confronti degli stupendi posti visitati, soprattutto quelli nella parte nord dell'isola, che testimonia però l'alto gradimento che questo Tour ha avuto da parte nostra.
Glasgow è una città turisticamente inappetibile. Lo avevo già constatato in occasione del World Bowl del 2003 quando, per non morire di inedia per quattro giorni, fummo praticamente costretti a spendere il giorno in cui non c'erano conferenza stampa da seguire a... Edimburgo.
Una seconda visita a questa città non ha minimamente scalfito questa convinzione ed anzi, anche in questo caso la visita a Glasgow si è trasformata in una visita al Castello di Stirling, piuttosto deludente anch'esso.
Notevole, invece, la visita alla cattedrale di Glasgow, probabilmente l'unica cosa che valga la pena di vedere in una città che non ricordavo così sporca, disordinata e scostante. Molto poco scozzese, insomma, se prendiamo come metro di paragone Aberdeen o Inverness o, in generale, il nord della Scozia.
Le cose vanno un po' meglio ad Edimburgo, ma esclusivamente perchè la città ha decisamente più attrattive. La confusione è ancora maggiore, complice il festival di Edimburgo nel bel mezzo del quale siamo capitati, e camminare sulla via commerciale è un vero delirio.
Una grossa delusione viene dalla spianata di fronte al Castello di Edimburgo, occupata da spalti tipo stadio con tanto di seggiolino, copertura e postazioni televisive. La struttura si rende necessaria per accogliere il pubblico che vuole assistere alle varie maniofestazioni del festival, ma è indubbio che siano un vero pugno nello stomaco, in un ambiente tardo medievale come quello della spianata.
Per i più disattenti, segnalo la presenza in Edimburgo di una luogo particolare, che vi troverete a percorrere, come è successo a noi, dalle dieci alle quindici volte al giorno: il Waverley Bridge.
Il Waverley Bridge è il ponte che dà l'accesso alla stazione ferroviaria, ma la sua particolarità è quella di essere la via più comoda per passare dalla città bassa alla città alta, quella dove c'è il castello per intenderci, per cui è sempre affollato da centinaia e centinaia di persone.
Associata alla visita di Edimburgo, ci sarebbe stata la puntatina verso la Rosslyn Chapel, un luogo impregnato di storia e leggenda, citata anche nel libero "Il Codice Da Vinci" di Dan Brown, sebbene tutti i riferimenti contenuti nel libro siano inventati di sana pianta (tanto per dirne una, la stella a sei punte incastonata nel pavimento, non esiste per niente).
Uso il condizionale perchè quando siamo arrivati a destinazione ci siamo trovati di fronte ad un fabbricato in ristrutturazione, avvolto per metà dai ponteggi. Inoltre l'ingresso era gratuito, secondo la guida turistica, ma un cartello avvertiva che si poteva scegliere se fare una donazione di 10 sterline oppure iscriversi alla fondazione per la salvaguardia della Cappella versando la medesima cifra. Entrambe le soluzioni garantivano l'accesso alla Cappella. Strano concetto di gratuità, devo dire.
Come non bastasse all'interno della Cappella era vietato fare fotografie e riprese video, e la visita era effettuata esclusivamente da guide fornite dalla fondazione.
Insomma, secondo i miei canoni di giudizio, li tutto si raffigurava come il miglior modo per far tornare i turisti sui loro passi, cosa che abbiamo puntualmente fatto.
L'ultimo giorno è stato caratterizzato da una lieve pioggerellina subito trasformatasi in diluvio, che ci ha praticamente obbligato a trasferirci in aeroporto con "un po' di anticipo" (alle 10 eravamo già lì, ed il volo partiva alle 14...).
Il ritorno in Buru... a-her... Italia ci ha lasciati con un po' di malinconia nei confronti degli stupendi posti visitati, soprattutto quelli nella parte nord dell'isola, che testimonia però l'alto gradimento che questo Tour ha avuto da parte nostra.
mercoledì 3 agosto 2011
Scozia 2011: Appunti di viaggio/4
Lasciarsi alle spalle Inverness significa entrare nel vivo del viaggio, almeno per quanto riguarda la parte naturalistica. Puntiamo verso l'Isola di Skye, che sembra essere un paradiso naturale, un territorio probabilmente poco ospitale ma decisamente affascinante.
Il nostro itinerario prevede il trasferimento a Portree, ma una felice intuizione della sin qui impeccabile organizzatrice del viaggio che siede al mio fianco, ci fa deviare verso un paesino chiamato Ullapool, situato una cinquantina di miglia più a nord rispetto ad Inverness.
Mai variazione sull'itinerario è stata più azzeccata. Dopo l'ormai abituale viaggio in mezzo a boschi, prati, laghi e laghetti, si staglia improvvisamente di fronte a noi il profilo (lo skyline, direbbero quelli che ne sanno un sacco) di uno splendido villaggio di pescatori adagiato su una baia di una lingua di mare che si insinua nell'entroterra per qualche chilometro.
Devo dirlo? Devo usare di nuovo la parolina magica? Ebbene si: Ullapool è davvero spettacolare. Il senso di quiete che infonde, il silenzio che la pervade nonostante non sia deserta, la cortesia della gente che la abita, fa nascere anche in un cittadino convinto ed irrecuperabile come me la voglia di fuggire dalla "frenesia della vita moderna" (cit.) e stabilirmi in questo angolo sperduto del mondo.
Il colpo d'occhio è notevole, il paesaggio da cartolina, e quando d'inverno il freddo ed il gelo ti obbligano a rintanarti in casa, viene facile immaginare la classica scenetta della finestra affacciata sul porto o sulla baia, il fuoco nel caminetto, e fanculo a tutto il resto.
Probabilmente, come sempre, il qudretto reale non sarebbe poi così idilliaco, ma sognare non costa nulla (e no, la cit. di Marzullo non la metto!!!).
Ad ogni buon conto, dopo la puntata su Ullapool, arriviamo a Portree ed iniziano i primi problemi. La signora del B&B non c'è, ed ha lasciato un bigliettino attaccato alla porta con un numero di telefono da chiamare. Peccato che i nostri telefoni siano completamente muti, non riuscendo ad agganciare alcuna rete (problema che avremo per tutti e due i giorni di permanenza sull'Isola di Skye), e quando la agganciano, non è possibile nè chiamare nè ricevere, non si sa bene per quale motivo. Risolto l'empasse grazie alla gentilezza della vicina che ci fa usare il suo telefono, prendiamo possesso della nostra camera e... decidiamo immediatamente che la soluzione Bed & Breakfast non fa per noi. Non essere in albergo pesa, e non solo per il bagno in comune, scomodità tutto sommato accettabile. Io sono a disagio ad essere ospite in casa di amici, figuriamoci ad esserlo in casa di sconosciuti! Ad ogni modo Norma, la proprietaria, è una persona squisita, e ci offre anche un opttimo consiglio turistico per visitare l'isola: fare la strada che corre lungo la costa. Sicuramente più scomoda, ma decisamente più scenografica.
Aiutati anche dal tempo nuvoloso (con otto gradi centigradi, leggasi OTTO gradi: come dice bene il Gabbo, in Scozia bisogna andarci d'estate. Uhm... dove sto sbagliando?!?!?) che incornica alla perfezione il panorama, iniziamo un giro, indovinate un po', SPETTACOLARE. Un susseguirsi di anse, scogliere a picco come Kilt Rock, prati, dolmen naturali come l'Old Man of Storr, il tutto intervallato da piccoli villaggi e punteggiati dalle pecore. Centinaia e centinaia di pecore e montoni che brucano dappertutto e che attraversano la strada a tradimento sono una costante per tutta l'isola.
Dopo una breve tappa all'inutile Donvegan Castle, la cui unica caratteristica è quella di essere l'unico castello ancora in mano alla famiglia che l'ha costruito, arriviamo a Neist Point, dove dovrebbe esserci un faro molto caratteristico. Norma ci ha avvertito che la strada per raggiungere il faro è piuttosto ripida, per cui ci prepariamo psicologicamente.
In effetti la strada è davvero ripida, molto ripida, più di quanto uno potrebbe immaginarsi, ma il problema non è la ripidità. Il problema è che quando pensi di aver fatto il pezzo più difficile, ti si presenta un'altro pezzo di strada ancora più ripida, ed ovviamente il pensiero non va tanto alla discesa (comunque impegnativa) quanto alla risalita successiva, che sarà davvero faticosa. Il posto vale la fatica, comunque. Vi lascio immaginare come lo definirei...
In linea di massima la visita all'Isola di Skye termina con un bilancio positivo, sebbene le aspettative fossero maggiori e Portree sia stata piuttosto deludente.
Mi permetto una segnalazione pratica e gastronomica allo stesso tempo: non andate a mangiare al ristorante del Portree Hotel. Ripeto, NON andateci.
Il personale è piuttosto scortese (spero fosse solo una giornata storta, ma buttarmi sul tavolo il piatto in maniera quasi sprezzante ha certamente a che fare con la mia decisione di non lasciare nemmeno un penny di mancia), ed il cibo non è poi nulla di trascendentale. Molto meglio il ristorante del Tongadale Hotel 100 metri più in là.
Chiusa la parentesi Isola di Skye, la parte final ede viaggio si svolgerà nelle due maggiori città scozzesi: Glasgow ed Edimburgo.
Il nostro itinerario prevede il trasferimento a Portree, ma una felice intuizione della sin qui impeccabile organizzatrice del viaggio che siede al mio fianco, ci fa deviare verso un paesino chiamato Ullapool, situato una cinquantina di miglia più a nord rispetto ad Inverness.
Mai variazione sull'itinerario è stata più azzeccata. Dopo l'ormai abituale viaggio in mezzo a boschi, prati, laghi e laghetti, si staglia improvvisamente di fronte a noi il profilo (lo skyline, direbbero quelli che ne sanno un sacco) di uno splendido villaggio di pescatori adagiato su una baia di una lingua di mare che si insinua nell'entroterra per qualche chilometro.
Devo dirlo? Devo usare di nuovo la parolina magica? Ebbene si: Ullapool è davvero spettacolare. Il senso di quiete che infonde, il silenzio che la pervade nonostante non sia deserta, la cortesia della gente che la abita, fa nascere anche in un cittadino convinto ed irrecuperabile come me la voglia di fuggire dalla "frenesia della vita moderna" (cit.) e stabilirmi in questo angolo sperduto del mondo.
Il colpo d'occhio è notevole, il paesaggio da cartolina, e quando d'inverno il freddo ed il gelo ti obbligano a rintanarti in casa, viene facile immaginare la classica scenetta della finestra affacciata sul porto o sulla baia, il fuoco nel caminetto, e fanculo a tutto il resto.
Probabilmente, come sempre, il qudretto reale non sarebbe poi così idilliaco, ma sognare non costa nulla (e no, la cit. di Marzullo non la metto!!!).
Ad ogni buon conto, dopo la puntata su Ullapool, arriviamo a Portree ed iniziano i primi problemi. La signora del B&B non c'è, ed ha lasciato un bigliettino attaccato alla porta con un numero di telefono da chiamare. Peccato che i nostri telefoni siano completamente muti, non riuscendo ad agganciare alcuna rete (problema che avremo per tutti e due i giorni di permanenza sull'Isola di Skye), e quando la agganciano, non è possibile nè chiamare nè ricevere, non si sa bene per quale motivo. Risolto l'empasse grazie alla gentilezza della vicina che ci fa usare il suo telefono, prendiamo possesso della nostra camera e... decidiamo immediatamente che la soluzione Bed & Breakfast non fa per noi. Non essere in albergo pesa, e non solo per il bagno in comune, scomodità tutto sommato accettabile. Io sono a disagio ad essere ospite in casa di amici, figuriamoci ad esserlo in casa di sconosciuti! Ad ogni modo Norma, la proprietaria, è una persona squisita, e ci offre anche un opttimo consiglio turistico per visitare l'isola: fare la strada che corre lungo la costa. Sicuramente più scomoda, ma decisamente più scenografica.
Aiutati anche dal tempo nuvoloso (con otto gradi centigradi, leggasi OTTO gradi: come dice bene il Gabbo, in Scozia bisogna andarci d'estate. Uhm... dove sto sbagliando?!?!?) che incornica alla perfezione il panorama, iniziamo un giro, indovinate un po', SPETTACOLARE. Un susseguirsi di anse, scogliere a picco come Kilt Rock, prati, dolmen naturali come l'Old Man of Storr, il tutto intervallato da piccoli villaggi e punteggiati dalle pecore. Centinaia e centinaia di pecore e montoni che brucano dappertutto e che attraversano la strada a tradimento sono una costante per tutta l'isola.
Dopo una breve tappa all'inutile Donvegan Castle, la cui unica caratteristica è quella di essere l'unico castello ancora in mano alla famiglia che l'ha costruito, arriviamo a Neist Point, dove dovrebbe esserci un faro molto caratteristico. Norma ci ha avvertito che la strada per raggiungere il faro è piuttosto ripida, per cui ci prepariamo psicologicamente.
In effetti la strada è davvero ripida, molto ripida, più di quanto uno potrebbe immaginarsi, ma il problema non è la ripidità. Il problema è che quando pensi di aver fatto il pezzo più difficile, ti si presenta un'altro pezzo di strada ancora più ripida, ed ovviamente il pensiero non va tanto alla discesa (comunque impegnativa) quanto alla risalita successiva, che sarà davvero faticosa. Il posto vale la fatica, comunque. Vi lascio immaginare come lo definirei...
In linea di massima la visita all'Isola di Skye termina con un bilancio positivo, sebbene le aspettative fossero maggiori e Portree sia stata piuttosto deludente.
Mi permetto una segnalazione pratica e gastronomica allo stesso tempo: non andate a mangiare al ristorante del Portree Hotel. Ripeto, NON andateci.
Il personale è piuttosto scortese (spero fosse solo una giornata storta, ma buttarmi sul tavolo il piatto in maniera quasi sprezzante ha certamente a che fare con la mia decisione di non lasciare nemmeno un penny di mancia), ed il cibo non è poi nulla di trascendentale. Molto meglio il ristorante del Tongadale Hotel 100 metri più in là.
Chiusa la parentesi Isola di Skye, la parte final ede viaggio si svolgerà nelle due maggiori città scozzesi: Glasgow ed Edimburgo.
martedì 2 agosto 2011
Scozia 2011: Appunti di viaggio/3
Il viaggio di trasferimento che ci porta ad Inverness è spettacolare. Si, lo so, sto usando la parola "spettacolare" un po' troppo spesso, ma è l'unica parola che riesce a trasmettere appieno le sensazioni che si provano (o, almeno, che ho provato io) in determinati posti ed in determinate situazioni in Scozia.
Abbandonata l'autostrada che ci ha condotto da Edimburgo ad Aberdeen lungo tutta la costa, imbocchiamo una strada che si snoda in mezzo ai boschi ed alla natura, dove vedi talmente tante sfumature di verde da non ritenere possibile l'esistenza di così tante tonalità differenti. Percorriamo chilometri e chilometri senza vedere segni di vita, non dico autogrill o aree di servizio (qui praticamente inesistenti), ma anche case e piccoli paesini. Sembra che qui non esista il concetto di "mi faccio una casa sperduto nel nulla", ma le cominità si riuniscano comunque in piccoli paesi o villaggi, anzichè disperdersi sul territorio come spesso accade da noi.
Inverness ci appare come una città quasi deserta. Poca gente per strada e nei negozi, quiete e tranquillità dappertutto, ma dopo pochi minuti scopriamo l'arcano. Dopo aver preso possesso della camera d'albergo, siamo andati in centro città dopo le 17, e questo è un particolare importantissimo. Tutti i negozi alle 17 chiudono, e il centro città si svuota in quattro e quattr'otto, perchè la gente torna a casa oppure va a cenare. Alle 5, direte voi? Si, alle 5 del pomeriggio, anche se l'ora di punta per la cena arriva circa verso le 18, quando i ristoranti sono affollati e magari tocca attendere un tavolo anche mezz'ora buona.
Decisamente più piccola di Aberdeen, Inverness (Inbhir Nis in gaelico) vanta il titolo di Capitale delle Highlands, anche perchè la sua popolazione è formata da un quarto del totale degli abitanti delle Highlands stesse.
La cittadina è gradevole, bagnata dal fiume Ness, con un centro pedonale delizioso, l'immancabile cattedrale (St.Andrews) e l'altrettanto immancabile castello, ma è innegabile che la maggiore attrattiva si trovi a qualche miglia di distanza anche in questa occasione. Parliamo del lago di Ness, cioè il celeberrimo Loch Ness (poichè Loch Ness significa già di per sè Lago di Ness, è evidente che dire "Il lago di Loch Ness" è un errore madornale, come se dicessimo "Il Lago di Lago Maggiore"), una delle mie personalissime meraviglie, cioè quei luoghi che sogno di vedere fin da bambino.
Dopo aver depennato dalla lista Le cascate del Niagara, New York con annessi Empire State Building, Statua della Libertà e Ponte di Brooklyn, Alcatraz, Mount Rushmore e Tour Eiffel, è stata la volta di Loch Ness, un luogo che ha riempito moltissime delle mie fantasticazioni infantili.
Le aspettative non sono andate deluse. Il lago è spettacolare (a ridaje!), ed il punto di osservazione di Urquhart Castle non è da meno. Nessie non si è fatta vedere, ma è comprensibile, non è che uno va in un posto una volta ed il mostro si fa vedere subito! A tale proposito è stata molto interessante la visita al Loch Ness Visitor Centre, dove abbiamo assistito ad una serie di documentari molto ben fatti che elencavano (e distruggevano) tutte le teorie sull'esistenza del fantomatico mostro.
Certo, è difficile credere che esista sul serio e nessuno, o pochissimi, si sia imbattuto nella creatura anche solo per caso, e quando il lago è stato scandagliato con varie strumentazioni non siano emerse prove cwerte della sua esistenza, ma è altrettanto difficile credere che tutte le foto (taroccamenti a parte, ovviamente) degli avvistamenti si debbano spiegare con giochi di luce sulle onde del lago o sulle increspature delle acque. Possibile che solo in questo lago ci siano i giochi di luce? E sugli altri millemila laghi della Scozia, niente?
Ad ogni buon conto, la puntata a Loch Ness si rivela davvero positiva sotto ogni punto di vista, e sulla via del ritorno decidiamo di fermarci a pranzare a Drumnadrochit, scelto più che altro per la facilità di enunciazione del nome (e non crediate: è il nome Scozzese, che quello in gaelico è Druim na Droichaid, con tanti saluti alla lingua che si attorciglia dieci volte per pronunciarlo).
Alla fine della giornata, però, a nanna presto, perchè il giorno dopo ci aspetta l'Isola di Skye, da cui ci attendiamo molto dal punto di vista naturalistico.
Abbandonata l'autostrada che ci ha condotto da Edimburgo ad Aberdeen lungo tutta la costa, imbocchiamo una strada che si snoda in mezzo ai boschi ed alla natura, dove vedi talmente tante sfumature di verde da non ritenere possibile l'esistenza di così tante tonalità differenti. Percorriamo chilometri e chilometri senza vedere segni di vita, non dico autogrill o aree di servizio (qui praticamente inesistenti), ma anche case e piccoli paesini. Sembra che qui non esista il concetto di "mi faccio una casa sperduto nel nulla", ma le cominità si riuniscano comunque in piccoli paesi o villaggi, anzichè disperdersi sul territorio come spesso accade da noi.
Inverness ci appare come una città quasi deserta. Poca gente per strada e nei negozi, quiete e tranquillità dappertutto, ma dopo pochi minuti scopriamo l'arcano. Dopo aver preso possesso della camera d'albergo, siamo andati in centro città dopo le 17, e questo è un particolare importantissimo. Tutti i negozi alle 17 chiudono, e il centro città si svuota in quattro e quattr'otto, perchè la gente torna a casa oppure va a cenare. Alle 5, direte voi? Si, alle 5 del pomeriggio, anche se l'ora di punta per la cena arriva circa verso le 18, quando i ristoranti sono affollati e magari tocca attendere un tavolo anche mezz'ora buona.
Decisamente più piccola di Aberdeen, Inverness (Inbhir Nis in gaelico) vanta il titolo di Capitale delle Highlands, anche perchè la sua popolazione è formata da un quarto del totale degli abitanti delle Highlands stesse.
La cittadina è gradevole, bagnata dal fiume Ness, con un centro pedonale delizioso, l'immancabile cattedrale (St.Andrews) e l'altrettanto immancabile castello, ma è innegabile che la maggiore attrattiva si trovi a qualche miglia di distanza anche in questa occasione. Parliamo del lago di Ness, cioè il celeberrimo Loch Ness (poichè Loch Ness significa già di per sè Lago di Ness, è evidente che dire "Il lago di Loch Ness" è un errore madornale, come se dicessimo "Il Lago di Lago Maggiore"), una delle mie personalissime meraviglie, cioè quei luoghi che sogno di vedere fin da bambino.
Dopo aver depennato dalla lista Le cascate del Niagara, New York con annessi Empire State Building, Statua della Libertà e Ponte di Brooklyn, Alcatraz, Mount Rushmore e Tour Eiffel, è stata la volta di Loch Ness, un luogo che ha riempito moltissime delle mie fantasticazioni infantili.
Le aspettative non sono andate deluse. Il lago è spettacolare (a ridaje!), ed il punto di osservazione di Urquhart Castle non è da meno. Nessie non si è fatta vedere, ma è comprensibile, non è che uno va in un posto una volta ed il mostro si fa vedere subito! A tale proposito è stata molto interessante la visita al Loch Ness Visitor Centre, dove abbiamo assistito ad una serie di documentari molto ben fatti che elencavano (e distruggevano) tutte le teorie sull'esistenza del fantomatico mostro.
Certo, è difficile credere che esista sul serio e nessuno, o pochissimi, si sia imbattuto nella creatura anche solo per caso, e quando il lago è stato scandagliato con varie strumentazioni non siano emerse prove cwerte della sua esistenza, ma è altrettanto difficile credere che tutte le foto (taroccamenti a parte, ovviamente) degli avvistamenti si debbano spiegare con giochi di luce sulle onde del lago o sulle increspature delle acque. Possibile che solo in questo lago ci siano i giochi di luce? E sugli altri millemila laghi della Scozia, niente?
Ad ogni buon conto, la puntata a Loch Ness si rivela davvero positiva sotto ogni punto di vista, e sulla via del ritorno decidiamo di fermarci a pranzare a Drumnadrochit, scelto più che altro per la facilità di enunciazione del nome (e non crediate: è il nome Scozzese, che quello in gaelico è Druim na Droichaid, con tanti saluti alla lingua che si attorciglia dieci volte per pronunciarlo).
Alla fine della giornata, però, a nanna presto, perchè il giorno dopo ci aspetta l'Isola di Skye, da cui ci attendiamo molto dal punto di vista naturalistico.
lunedì 1 agosto 2011
Scozia 2011: Appunti di viaggio/2
Superato lo choc delle prime 100 miglia di guida contromano, arriviamo nella splendida villa in stile vittoriano, riadattata ad albergo, che ci ospiterà per i due giorni della nostra permanenza ad Aberdeen.
Una breve visita nel lontano novembre 1993, in occasione di una mitica trasferta di coppa (ah... girare l'Europa seguendo il Toro nelle le coppe europee... sniff, sniff...) per pochi intimi, mi aveva lasciato un'ottima impressione della città, ed avevo il desiderio di visitarla un po' più tranquillamente. Diciotto anni dopo, ecco l'occasione per farlo, dunque, e l'impressione di allora viene ampiamente confermata. Una città particolare, dove il colore predominante è il grigio del granito con cui sono costruiti quasi tutti i suoi palazzi, ma non il grigio smorto delle nostre metropoli. Piuttosto un grigio scintillante, esaltato dai pochi raggi di sole che fanno capolino dalla spessa coltre di nubi che ci accompagnerà per quasi tutto il viaggio.
Particolarmente caratteristico il piccolo cimitero di fianco alla chiesa di St.Nicholas, dove fa bella mostra di sè una splendida croce celtica di quasi due metri. Peccato che il simbolo sia stato "espropriato" da movimenti politici di estrema destra, perchè in tutta la Scozia ce ne sono centinaia, una più bella dell'altra.
Per essere la terza città scozzese come numero di abitanti, Aberdeen è molto vivibile, anche come traffico, ed è davvero gradevole da girare in tutta tranquillità.
Molto caratteristiche sono Union Street, dove sorge anche la stazione ferroviaria parzialmente riconvertita in centro commerciale, e la sua prosecuzione Castle Street, al fondo della quale troviamo la New Town House con la sua caratteristica torre e la piazza del mercato (o Mercat Cross, come si chiama in Gran Bretagna) con l'altrettanto caratteristico "gazebo" centrale.
Il vero pezzo forte di Aberdeen, però, sta qualche miglio più a sud rispetto alla città, poco fuori dall'abitato di Stonehaven, un simpatico villaggio di pescatori. Arroccato su uno spuntone di roccia a strapiombo sul mare troviamo infatti il "Dùn Fhoithear", altrimenti conosciuto come Dunnottar Castle. La vista è mozzafiato, come lo è il poter arrivare fino sul ciglio del dirupo di fronte al castello, e di fronte ad uno scenario spettacolare come quello che si presenta, si potrebbe stare ore ed ore in beata contemplazione, nonostante il vento gelido renda la permanenza non proprio agevole. La visita è di quelle impegnative, perchè bisogna scendere un ripido sentiero (che poi bisognerà risalire...) e salirne uno altrettanto ripido (che poi bisognerà ridiscendere, e quando è ripida, la discesa non è poi molto meno impegnativa della salita) per accedere al castello. La considerazione viene spontanea: va bene che il castello deve essere inespugnabile, ma renderlo difficilmente accessibile anche agli abitanti "legittimi" non mi è parsa una buona idea.
Terminata la visita a questo magnifico luogo, è ora di tornare in albergo a riposarsi prima di andare a cena e poi, la mattina seguente, partire per la seconda tappa del viaggio: Inverness.
Una breve visita nel lontano novembre 1993, in occasione di una mitica trasferta di coppa (ah... girare l'Europa seguendo il Toro nelle le coppe europee... sniff, sniff...) per pochi intimi, mi aveva lasciato un'ottima impressione della città, ed avevo il desiderio di visitarla un po' più tranquillamente. Diciotto anni dopo, ecco l'occasione per farlo, dunque, e l'impressione di allora viene ampiamente confermata. Una città particolare, dove il colore predominante è il grigio del granito con cui sono costruiti quasi tutti i suoi palazzi, ma non il grigio smorto delle nostre metropoli. Piuttosto un grigio scintillante, esaltato dai pochi raggi di sole che fanno capolino dalla spessa coltre di nubi che ci accompagnerà per quasi tutto il viaggio.
Particolarmente caratteristico il piccolo cimitero di fianco alla chiesa di St.Nicholas, dove fa bella mostra di sè una splendida croce celtica di quasi due metri. Peccato che il simbolo sia stato "espropriato" da movimenti politici di estrema destra, perchè in tutta la Scozia ce ne sono centinaia, una più bella dell'altra.
Per essere la terza città scozzese come numero di abitanti, Aberdeen è molto vivibile, anche come traffico, ed è davvero gradevole da girare in tutta tranquillità.
Molto caratteristiche sono Union Street, dove sorge anche la stazione ferroviaria parzialmente riconvertita in centro commerciale, e la sua prosecuzione Castle Street, al fondo della quale troviamo la New Town House con la sua caratteristica torre e la piazza del mercato (o Mercat Cross, come si chiama in Gran Bretagna) con l'altrettanto caratteristico "gazebo" centrale.
Il vero pezzo forte di Aberdeen, però, sta qualche miglio più a sud rispetto alla città, poco fuori dall'abitato di Stonehaven, un simpatico villaggio di pescatori. Arroccato su uno spuntone di roccia a strapiombo sul mare troviamo infatti il "Dùn Fhoithear", altrimenti conosciuto come Dunnottar Castle. La vista è mozzafiato, come lo è il poter arrivare fino sul ciglio del dirupo di fronte al castello, e di fronte ad uno scenario spettacolare come quello che si presenta, si potrebbe stare ore ed ore in beata contemplazione, nonostante il vento gelido renda la permanenza non proprio agevole. La visita è di quelle impegnative, perchè bisogna scendere un ripido sentiero (che poi bisognerà risalire...) e salirne uno altrettanto ripido (che poi bisognerà ridiscendere, e quando è ripida, la discesa non è poi molto meno impegnativa della salita) per accedere al castello. La considerazione viene spontanea: va bene che il castello deve essere inespugnabile, ma renderlo difficilmente accessibile anche agli abitanti "legittimi" non mi è parsa una buona idea.
Terminata la visita a questo magnifico luogo, è ora di tornare in albergo a riposarsi prima di andare a cena e poi, la mattina seguente, partire per la seconda tappa del viaggio: Inverness.
domenica 31 luglio 2011
Scozia 2011: Appunti di viaggio/1
Ed anche quest'annole ferie sono finite, e mi ritrovo a fare un breve resoconto del viaggio appena terminato (eh... lo so che non vedevate l'ora!!!).
Quest'anno abbiamo scelto come meta la Scozia: aereo fino ad Edimburgo, poi macchina per le tappe prestabilite ad Aberdeen, Inverness, Portree, Glasgow e di nuovo Edimburgo. Il tutto in dieci giorni, quindi un po' di corsa.
Prima di partire avevo due grosse preoccupazioni: la macchina e la lingua. La macchina perchè ovviamente guidare "contromano" rende tutto più difficile, non tanto durante la guida normale, ma quando qualche imprevisto ti obbliga a reagire d'istinto. E così arrivi lungo alla rotonda, la imbocchi dalla parte giusta, ma invece di guardare a destra se arriva traffico, guardi a sinistra, e quando ti accorgi dell'errore sei già in mezzo alle corsie, e ringrazi che i britannici non sono, nella media, come noi italiani: spesso capiscono l'errore e sono più tolleranti. Avrò sentito si e no due volte suonare il clacson, in dieci giorni, ed entrambe le volte era una "strombazzata" molto contenuta, giusto il minimo per farsi sentire.
La difficoltà più grossa, alla fine, è stata avere a che fare con il cambio a sinistra, con la prima in alto a sinistra e la sesta in basso a destra: un delirio...
Per quanto riguarda le strade ed il traffico, pochissimi problemi, a parte le maledettissime "single track road" di cui è piena la parte più a nord della Scozia. Si tratta di strade a doppio senso di marcia ma a corsia singola, con piazzole ai lati della strada mediamente ogni centinaio di metri, le cosiddette "passing zones" dove accostare e far passare l'auto che arriva in senso contrario.
Insomma, alla fine mille miglia contromano alla guida di una Renault Megan Scenic Turbodiesel sono andate via quasi come niente. "Quasi", eh? Non sono state proprio una passeggiata di salute.
La seconda preoccupazione era la lingua. Gli scozzesi sono rinomati per risultare incomprensibili anche ad inglesi ed americani madrelingua a causa del loro forte accento gaelico (altrimenti detto "parlare con le patate in bocca"), e l'unica esperienza avuta con uno scozzese (il mio amico Dez, ricordi Gio?) avvalorava in pieno questa tesi.
Invece, devo dire che non ho avuto alcun problema, nemmeno nel profondo nord dove il gaelico è molto più radicato, tanto che la segnaletica stradale è tutta bilingue.
Beh, no, in effetti qualche problema ce l'ho avuto a Glasga. Glasga sarebbe Glasgow, ma lì l'unica vocale che tutti paiono conoscere è la "a", e quindi parlano come se avessero non una patata ma un'intera piantagione di patate in bocca.
Ho avuto le mie brave difficoltà a capire quello che mi diceva il concierge dell'albergo al nostro arrivo, ma alla fine ci sono riuscito, aiutandomi con il senso generale delle frasi. Quando però sono sceso per chiedere l'asciugacapelli ed il suo collega mi ha accolto con un incomprensibile "MA-AHAPPIUSAH?" sono rimasto basito per circa un minuto cercando di decodificare ciò che mi aveva detto, riuscendo poi a tradurlo in un classico "May I help you, Sir?".
Ad ogni modo, arrivati ad Edimburgo e presa la macchina, ci siamo diretti verso Aberdeen, prima tappa del nostro itinerario. O meglio, abbiamo cercato di dirigerci, perchè un po' per la preoccupazione della guida a sinistra, un po' il navigatore che dava informazioni dubbie, fatto sta che abbiamo fatto il giro completo di tutte le strade intorno all'aeroporto di Edimburgo prima di riuscire a prendere la superstrada per il Nord.
Quest'anno abbiamo scelto come meta la Scozia: aereo fino ad Edimburgo, poi macchina per le tappe prestabilite ad Aberdeen, Inverness, Portree, Glasgow e di nuovo Edimburgo. Il tutto in dieci giorni, quindi un po' di corsa.
Prima di partire avevo due grosse preoccupazioni: la macchina e la lingua. La macchina perchè ovviamente guidare "contromano" rende tutto più difficile, non tanto durante la guida normale, ma quando qualche imprevisto ti obbliga a reagire d'istinto. E così arrivi lungo alla rotonda, la imbocchi dalla parte giusta, ma invece di guardare a destra se arriva traffico, guardi a sinistra, e quando ti accorgi dell'errore sei già in mezzo alle corsie, e ringrazi che i britannici non sono, nella media, come noi italiani: spesso capiscono l'errore e sono più tolleranti. Avrò sentito si e no due volte suonare il clacson, in dieci giorni, ed entrambe le volte era una "strombazzata" molto contenuta, giusto il minimo per farsi sentire.
La difficoltà più grossa, alla fine, è stata avere a che fare con il cambio a sinistra, con la prima in alto a sinistra e la sesta in basso a destra: un delirio...
Per quanto riguarda le strade ed il traffico, pochissimi problemi, a parte le maledettissime "single track road" di cui è piena la parte più a nord della Scozia. Si tratta di strade a doppio senso di marcia ma a corsia singola, con piazzole ai lati della strada mediamente ogni centinaio di metri, le cosiddette "passing zones" dove accostare e far passare l'auto che arriva in senso contrario.
Insomma, alla fine mille miglia contromano alla guida di una Renault Megan Scenic Turbodiesel sono andate via quasi come niente. "Quasi", eh? Non sono state proprio una passeggiata di salute.
La seconda preoccupazione era la lingua. Gli scozzesi sono rinomati per risultare incomprensibili anche ad inglesi ed americani madrelingua a causa del loro forte accento gaelico (altrimenti detto "parlare con le patate in bocca"), e l'unica esperienza avuta con uno scozzese (il mio amico Dez, ricordi Gio?) avvalorava in pieno questa tesi.
Invece, devo dire che non ho avuto alcun problema, nemmeno nel profondo nord dove il gaelico è molto più radicato, tanto che la segnaletica stradale è tutta bilingue.
Beh, no, in effetti qualche problema ce l'ho avuto a Glasga. Glasga sarebbe Glasgow, ma lì l'unica vocale che tutti paiono conoscere è la "a", e quindi parlano come se avessero non una patata ma un'intera piantagione di patate in bocca.
Ho avuto le mie brave difficoltà a capire quello che mi diceva il concierge dell'albergo al nostro arrivo, ma alla fine ci sono riuscito, aiutandomi con il senso generale delle frasi. Quando però sono sceso per chiedere l'asciugacapelli ed il suo collega mi ha accolto con un incomprensibile "MA-AHAPPIUSAH?" sono rimasto basito per circa un minuto cercando di decodificare ciò che mi aveva detto, riuscendo poi a tradurlo in un classico "May I help you, Sir?".
Ad ogni modo, arrivati ad Edimburgo e presa la macchina, ci siamo diretti verso Aberdeen, prima tappa del nostro itinerario. O meglio, abbiamo cercato di dirigerci, perchè un po' per la preoccupazione della guida a sinistra, un po' il navigatore che dava informazioni dubbie, fatto sta che abbiamo fatto il giro completo di tutte le strade intorno all'aeroporto di Edimburgo prima di riuscire a prendere la superstrada per il Nord.
martedì 12 luglio 2011
Cameri con vista
Ieri sera ascoltavo il TG3 Piemonte, e facevo alcune riflessioni su una notizia apparentemente innocua se non addirittura positiva: l'apertura di un nuovo stabilimento della Alenia a Cameri, per la costruzione delle ali dell'F-35.
Il faccione sudaticcio di Cota, che pare abbia un contratto secondo il quale deve apparire al TG3 Piemonte almeno una volta in ogni edizione, certamente più di quante sopno le sue apparizioni in Consiglio Regionale, spiegava come la costruzione dello stabilimento fosse l'opera più importante attualmente in Piemonte, e snocciolava i numeri dei posti di lavoro creati con questa nuova fabbrica, tutto inorgoglito. Ci mancava solo il sottotitolo "Roberto Cota, il Presidente Bravo e Bello che crea posti di lavoro dal nulla e protegge il nostro futuro di Piemontesi".
Bossi, nel suo bofonchiare quasi incomprensibile, benediceva l'opera rispondendo con un disarmante "Se non lo facevamo noi lo faceva qualcun altro" a chi gli faceva notare che non era proprio il massimo della coerenza per la Lega sbandierare da una parte la contrarietà alla Guerra e dall'altra un accordo per costruire un aereo militare.
Al di la' delle questioni politico-militari, comunque, alcuni pensieri mi frullavano in testa. Li riporto così, in ordine sparso.
Che bisogno c'era di costruire uno stabilimento nuovo a Cameri e smantellare l'impianto di Torino?
Le ali dell'F-35 non potevano essere costruite a Torino?
Lo stabilimento di Cameri darà davvero nuovo lavoro a molti novaresi oppure, come più probabile, la maggior parte del personale proverrà dal dismesso stabilimento di Torino?
E se fosse questo il caso, come si può definire un grande successo il trasferimento coatto di almeno 400 persone (dati dell'ottobre 2010, magari ora i numeri sono diversi) da Torino a Cameri mentre si sarebbe tranquillamente potuto usare ciò che già esisteva senza sprecare soldi regionali per finanziare un nuovo stabilimento apparentemente inutile?
In ultima analisi: perchè questa gente (centro, destra, sinistra senza distinzioni) continua a prenderci bellamente per il culo raccontando favole e millantando operazioni che nascondono sempre, sempre, sempre degli interessi particolari?
Il faccione sudaticcio di Cota, che pare abbia un contratto secondo il quale deve apparire al TG3 Piemonte almeno una volta in ogni edizione, certamente più di quante sopno le sue apparizioni in Consiglio Regionale, spiegava come la costruzione dello stabilimento fosse l'opera più importante attualmente in Piemonte, e snocciolava i numeri dei posti di lavoro creati con questa nuova fabbrica, tutto inorgoglito. Ci mancava solo il sottotitolo "Roberto Cota, il Presidente Bravo e Bello che crea posti di lavoro dal nulla e protegge il nostro futuro di Piemontesi".
Bossi, nel suo bofonchiare quasi incomprensibile, benediceva l'opera rispondendo con un disarmante "Se non lo facevamo noi lo faceva qualcun altro" a chi gli faceva notare che non era proprio il massimo della coerenza per la Lega sbandierare da una parte la contrarietà alla Guerra e dall'altra un accordo per costruire un aereo militare.
Al di la' delle questioni politico-militari, comunque, alcuni pensieri mi frullavano in testa. Li riporto così, in ordine sparso.
Che bisogno c'era di costruire uno stabilimento nuovo a Cameri e smantellare l'impianto di Torino?
Le ali dell'F-35 non potevano essere costruite a Torino?
Lo stabilimento di Cameri darà davvero nuovo lavoro a molti novaresi oppure, come più probabile, la maggior parte del personale proverrà dal dismesso stabilimento di Torino?
E se fosse questo il caso, come si può definire un grande successo il trasferimento coatto di almeno 400 persone (dati dell'ottobre 2010, magari ora i numeri sono diversi) da Torino a Cameri mentre si sarebbe tranquillamente potuto usare ciò che già esisteva senza sprecare soldi regionali per finanziare un nuovo stabilimento apparentemente inutile?
In ultima analisi: perchè questa gente (centro, destra, sinistra senza distinzioni) continua a prenderci bellamente per il culo raccontando favole e millantando operazioni che nascondono sempre, sempre, sempre degli interessi particolari?
venerdì 8 luglio 2011
Sono circondato
Con questa settimana l'assedio è completo: accerchiati da tre parti, e l'unica via di fuga è rappresentata da un collo di bottiglia intasato 24/7/365.
Per chiarire il concetto, sto parlando di casa mia e di come, tra i mille cantieri, mi trovi praticamente recluso in una zona di Torino cinta d'assedio da ruspe, camion e polvere.
I lavori sono necessari, per carità, nessuno lo discute. Il problema è costituito dalla cronica disorganizzazione di chi questi lavori dovrebbe gestirli e coordinarli.
Per chi non fosse pratico della zona, consiglio di aprirsi una finestra con Google Maps puntando la mappa in Via Biella / Strada del Fortino, così per verificare con i propri occhi quello che sto dicendo.
Da anni Corso Principe Oddone è un cantiere aperto a causa della Spina 3 del Passante Ferroviario. Quando ho acquistato casa dove abito ora, il programma dei lavori prevedevano il termine degli stessi nel 2008/2009, con tanto di ferrovia interrata, corso rimesso a nuovo e attraversamenti delle vie da una parte all'altra dell'ex ferrovia, cosa che riuniva due parti della città rimaste separate dai binari per quasi 70 anni.
Inutile dire che siamo nel 2011, il cantiere è ancora aperto e non si parla di chiuderlo ancora per almeno un paio d'anni.
Con il cantiere di Corso Principe Oddone oramai ci conviviamo, e così con la viabilità del corso che subisce variazioni ogni tre per due.
Mesi fa, hanno chiuso l'accesso a Strada del Fortino per scavare un accesso di servizio al tunnel del passante. Anche qui, lavori previsti per pochi mesi, ed è passato quasi un anno. Fatto sta che per andare o tornare da Corso Principe Oddone, ora non posso più fare la strada più breve, ma devo fare dei giri dell'oca.
Lo scorso Natale, poi, hanno deciso di chiudere il sottopasso di Corso Regina, deviando il traffico sui controviali e rendendo monco l'attraversamento di Corso Regina da arte di Corso Principe Oddone. Per andare verso Piazza Statuto si fa la "chicane" di Via Don Bosco e ce la si cava con poco. Per tornare a casa, però, Si scende in Corso Principe Oddone, si gira nel controviale di Corso Regina, si arriva fino quasi al Rondò della Forca e da li' si inverte la direzione per tornare verso Corso Principe Oddone. Lascio immaginare l'intasamento nelle ore di punta.
Da qualche giorno, poi, hanno chiuso anche il Rondò della Forca, per sostituzione binari, fino a Settembre.
Anche la via di fuga rappresentata dall'imbuto di Via Cigna, quindi, si rivela inefficace per andare verso il centro.
La prossima settimana, poi, inizierà finalmente la demolizione del pezzo rimanente della vecchia sopraelevata di Corso Vigevano/Corso Mortara, che durerà qualche settimana e che comporterà la variazione della viabilità in Piazza Baldissera e Corso Principe Oddone.
Ora, cartina alla mano, mi dite cortesemente dove dovrei passare per andare a lavorare e/o tornare a casa senza fare le gimkane che fanno tanto festa di paese ma sono deleterie per i nervi dei guidatori?
Per chiarire il concetto, sto parlando di casa mia e di come, tra i mille cantieri, mi trovi praticamente recluso in una zona di Torino cinta d'assedio da ruspe, camion e polvere.
I lavori sono necessari, per carità, nessuno lo discute. Il problema è costituito dalla cronica disorganizzazione di chi questi lavori dovrebbe gestirli e coordinarli.
Per chi non fosse pratico della zona, consiglio di aprirsi una finestra con Google Maps puntando la mappa in Via Biella / Strada del Fortino, così per verificare con i propri occhi quello che sto dicendo.
Da anni Corso Principe Oddone è un cantiere aperto a causa della Spina 3 del Passante Ferroviario. Quando ho acquistato casa dove abito ora, il programma dei lavori prevedevano il termine degli stessi nel 2008/2009, con tanto di ferrovia interrata, corso rimesso a nuovo e attraversamenti delle vie da una parte all'altra dell'ex ferrovia, cosa che riuniva due parti della città rimaste separate dai binari per quasi 70 anni.
Inutile dire che siamo nel 2011, il cantiere è ancora aperto e non si parla di chiuderlo ancora per almeno un paio d'anni.
Con il cantiere di Corso Principe Oddone oramai ci conviviamo, e così con la viabilità del corso che subisce variazioni ogni tre per due.
Mesi fa, hanno chiuso l'accesso a Strada del Fortino per scavare un accesso di servizio al tunnel del passante. Anche qui, lavori previsti per pochi mesi, ed è passato quasi un anno. Fatto sta che per andare o tornare da Corso Principe Oddone, ora non posso più fare la strada più breve, ma devo fare dei giri dell'oca.
Lo scorso Natale, poi, hanno deciso di chiudere il sottopasso di Corso Regina, deviando il traffico sui controviali e rendendo monco l'attraversamento di Corso Regina da arte di Corso Principe Oddone. Per andare verso Piazza Statuto si fa la "chicane" di Via Don Bosco e ce la si cava con poco. Per tornare a casa, però, Si scende in Corso Principe Oddone, si gira nel controviale di Corso Regina, si arriva fino quasi al Rondò della Forca e da li' si inverte la direzione per tornare verso Corso Principe Oddone. Lascio immaginare l'intasamento nelle ore di punta.
Da qualche giorno, poi, hanno chiuso anche il Rondò della Forca, per sostituzione binari, fino a Settembre.
Anche la via di fuga rappresentata dall'imbuto di Via Cigna, quindi, si rivela inefficace per andare verso il centro.
La prossima settimana, poi, inizierà finalmente la demolizione del pezzo rimanente della vecchia sopraelevata di Corso Vigevano/Corso Mortara, che durerà qualche settimana e che comporterà la variazione della viabilità in Piazza Baldissera e Corso Principe Oddone.
Ora, cartina alla mano, mi dite cortesemente dove dovrei passare per andare a lavorare e/o tornare a casa senza fare le gimkane che fanno tanto festa di paese ma sono deleterie per i nervi dei guidatori?
mercoledì 22 giugno 2011
Come mi vede mio figlio
Uno degli ultimi compiti di italiano che hanno dato a mio figlio a scuola (terza elementare), si intitolava "Descrivi una persona della tua famiglia a te particolarmente cara". Questo il suo svolgimento.
DESCRIVO MIO PAPA'
Mio papà ha gli occhi marroni, ha pochi capelli, è alto, anche le braccia e le gambe sono lunghe.
Porta sempre la cintura e ha sempre la maglia a maniche corte.
Lui sa di mare in primavera.
Quando lo tocco è un po' ruvido.
Alcune volte ha la voce un po' rauca.
Si arrabbia quando faccio qualcosa di male.
Le sue passioni sono il football, il calcio e il golf.
A mio papà piace mangiare la pizza.
Io lo trovo speciale perchè quando non ero ancora nato lui si annoiava e invece quando sono nato io si divertiva di più perchè aveva qualcuno con cui condividere le sue passioni.
Io e mio papà andiamo spesso a golf e ci divertiamo un sacco!
DESCRIVO MIO PAPA'
Mio papà ha gli occhi marroni, ha pochi capelli, è alto, anche le braccia e le gambe sono lunghe.
Porta sempre la cintura e ha sempre la maglia a maniche corte.
Lui sa di mare in primavera.
Quando lo tocco è un po' ruvido.
Alcune volte ha la voce un po' rauca.
Si arrabbia quando faccio qualcosa di male.
Le sue passioni sono il football, il calcio e il golf.
A mio papà piace mangiare la pizza.
Io lo trovo speciale perchè quando non ero ancora nato lui si annoiava e invece quando sono nato io si divertiva di più perchè aveva qualcuno con cui condividere le sue passioni.
Io e mio papà andiamo spesso a golf e ci divertiamo un sacco!
venerdì 10 giugno 2011
Sant'Oro
Non ho mai guardato Annozero. non mi piace Santoro nè, in generale, mi piacciono le trasmissioni in cui la lite fa parte del copione principale. Ballaro', pur ammorbato anch'esso da frequenti discussioni sopra le righe, è un esempio di trasmissione che seguo più volentieri, perchè nonostante tutto lascia parlare tutti ed il conduttore è decisamente meno fazioso (anche se si capisce, ovviamente, da che parte stia).
Detto ciò, mi sto davvero divertendo a leggere i commenti sulla presunta cacciata di Santoro dalla RAI con annessa chiusura del programma.
Da una parte ci sono i Berluscones duri e puri, che dicono peste e corna del programma sostenendo che non dà voce alla destra, e poi fanno a cazzotti per andarci a sbraitare (e quindi: di che stiamo parlando?)
Fanno parte di questa categoria i Castelli, i La Russa e le Santanchè di turno.
Poi ci sono tutta una serie di spettatori, mediamente di centrodestra, che vomita ogni genere di insulto verso Santoro e la sua trasmissione.
Generalmente le argomentazioni sono queste:
1) Santoro è pagato dai nostri soldi attraverso il canone. A parte che la maggior parte di chi pronuncia questa frase, il canone poi si vanta di non pagarlo, sfugge ai più il piccolo particolare che Annozero, volente o nolente, raccoglie in pubblicità circa cinque volte più di quanto costa una puntata. Quindi NO, non lo paghiamo noi, Santoro, e tantomeno lo paghiamo con i soldi del canone.
2) La trasmissione è oscena, è una vergogna che la RAI trasmetta queste cose. Io parto dal presupposto che per dire che sia oscena, la trasmissione uno l'abbia guardata. Beh, la soluzione è semplice: se ti fa schifo, non guardarla. Mi vengono in mente tutte quelle persone che guardano Grandi Fratelli, Isole e Fattorie varie per poi lamentarsi di quanto siano trasmissioni sgradevoli. MA SE SONO SGRADEVOLI PERCHE' LE GUARDATE?!?!? Se invece non le guardate ma vi lamentate della qualità della trasmissione, beh, che dire: siete dei fenomeni paranormali.
In generale, soprattutto in televisione, il successo della trasmissione lo decreta il pubblico. Se la trasmissione è seguita, continua, altrimenti no. Se davvero volete cacciare Santoro dalla RAI, sappiate che guardare ogni singola puntata per vomitargli addosso qualsiasi accusa, prima di tutto fa male al vostro fegato, secondariamente non fa altro che aumentare lo share e, di conseguenza, il successo della trasmissione stessa.
Fate vobis...
Detto ciò, mi sto davvero divertendo a leggere i commenti sulla presunta cacciata di Santoro dalla RAI con annessa chiusura del programma.
Da una parte ci sono i Berluscones duri e puri, che dicono peste e corna del programma sostenendo che non dà voce alla destra, e poi fanno a cazzotti per andarci a sbraitare (e quindi: di che stiamo parlando?)
Fanno parte di questa categoria i Castelli, i La Russa e le Santanchè di turno.
Poi ci sono tutta una serie di spettatori, mediamente di centrodestra, che vomita ogni genere di insulto verso Santoro e la sua trasmissione.
Generalmente le argomentazioni sono queste:
1) Santoro è pagato dai nostri soldi attraverso il canone. A parte che la maggior parte di chi pronuncia questa frase, il canone poi si vanta di non pagarlo, sfugge ai più il piccolo particolare che Annozero, volente o nolente, raccoglie in pubblicità circa cinque volte più di quanto costa una puntata. Quindi NO, non lo paghiamo noi, Santoro, e tantomeno lo paghiamo con i soldi del canone.
2) La trasmissione è oscena, è una vergogna che la RAI trasmetta queste cose. Io parto dal presupposto che per dire che sia oscena, la trasmissione uno l'abbia guardata. Beh, la soluzione è semplice: se ti fa schifo, non guardarla. Mi vengono in mente tutte quelle persone che guardano Grandi Fratelli, Isole e Fattorie varie per poi lamentarsi di quanto siano trasmissioni sgradevoli. MA SE SONO SGRADEVOLI PERCHE' LE GUARDATE?!?!? Se invece non le guardate ma vi lamentate della qualità della trasmissione, beh, che dire: siete dei fenomeni paranormali.
In generale, soprattutto in televisione, il successo della trasmissione lo decreta il pubblico. Se la trasmissione è seguita, continua, altrimenti no. Se davvero volete cacciare Santoro dalla RAI, sappiate che guardare ogni singola puntata per vomitargli addosso qualsiasi accusa, prima di tutto fa male al vostro fegato, secondariamente non fa altro che aumentare lo share e, di conseguenza, il successo della trasmissione stessa.
Fate vobis...
venerdì 13 maggio 2011
In campo
E' successo tutto talmente in fretta che ancora non me ne rendo bene conto. A novembre prendevo per la prima volta in mano un bastone da golf, e dopo soli sei mesi mi ritrovo in campo, dopo aver ottenuto l'abilitazione ed aver superato l'esame di regole in un battibaleno, a misurarmi con le diciotto buche del Golf Club La Margherita di Carmagnola, un percorso molto tecnico dove (si legge sul loro sito) spesso vengono ad allenarsi anche gli atleti della nazionale italiana.
Non sono affatto pronto. Nonostante un totale di una quindicina di lezioni, nessuno mi ha insegnato approcci ed uscite dal bunker, o anche solo le differenze nell'utilizzo dei diversi bastoni, ed in campo pratica ho tirato prevalentemente dalla pedana, con e senza tee. Il driver lo uso in maniera incostante (e probabilmente errata... chi lo sa?). Quando la prendo bene mi parte ad una bella distanza, ma... quante volte la prendo bene? Pochissime.
Comunque, sacca in spalla, cappellino in testa , guantino nella mano sinistra, una quantità spropositata di palline in sacca, eccomi pronto per il mio esordio in campo. La giornata si preannuncia splendida (fin troppo, farà un caldo bestia), ed i miei compagni di gioco Walter, Claudio e Manuela (i primi due sono i diretti responsabili del mio ingresso nel mondo del golf) sono curiosi quanto me di vedere come me la caverò.
Ammetto di essere un po' emozionato. Mi piazzo sul tee di partenza della buca uno, metto giu' la palla sul tee, faccio un mezzo passaggio di prova con il driver e poi mi sistemo sulla palla. Il fiato è un po' corto, cerco di mantenere la concentrazione. Testa ferma, schiena dritta, braccio teso, fletti i polsi, piega leggermente le gambe, ruota il busto trascionando le braccia, non butare giù il bastone... SBAM!!!! Ecco... ho buttato giù il bastone con le braccia ed ho colpito il terreno dieci/quindici centimetri prima della palla.
Tranquillo. Rimettiti in posizione e concentrati. Testa ferma, schiena dritta, braccio teso, fletti i polsi, piega leggermente le gambe, ruota il busto trascionando le braccia, non butare giù il bastone... SWISH!!!! Ecco... ho tirato su le braccia ed ho mancato la palla. Un air shot, come si dice in gergo.
Comincio ad agitarmi, mi rimetto in posizione e ripeto tutti i movimenti mentalmente. Al terzo tentativo finalmente sento il TOC metallico che mi fa capire che stavolta la pallina l'ho presa. Peccato che sia partita tutta sulla destra, andando fuori limite in un campo coltivato adiacente al percorso. Andiamo bvene. Ancora non ho iniziato e già ho perso la prima palla. Sarà una lunga giornata, penso ad alta voce.
Decido che non è il caso di intestardirmi, e prendo il ferro 7, quello con cui ho piu' confidenza. La palla parte finalmente dritta ed atterra poco prima del fairway. Non sarà il massimo, ma almeno sono in gioco e posso muovermi da quella maledetta pedana di partenza della buca 1.
In effetti si rivelerà una lunga giornata, calda, sfiancante, a volte frustrante, ma alla fine soddisfacente. Il ghiaccio è rotto e da qui non si può che migliorare.
Lo score è indecoroso. Ho rinunciato a finire sette buche, un po' per frustrazione, un po' per non rallentare più di quanto già non abbia fatto il gioco del nostro quartetto (abbiamo dato strada ben quattro volte), e sulle restanti undici ho totalizzato 113 colpi (su un par totale di 46). Un paio di volte ho chiuso in sette colpi un par 4, per il resto è stato un disastro, ma lo scendere in campo è già stato una vittoria.
Highlights della giornata ce ne sono tanti. Uno su tutti: quando sono riuscito a mandare la palla nell'ostacolo d'acqua che avevo alle mie spalle. Ma si distinguono anche i due bunker in cui ho ripetutamente colpito il bordo senza riuscire ad uscire e lo swing che ha zappato una zolla di dimensioni colossali mezzo metro prima della palla con annessa perdita del grip sul bastone che è atterrato a dieci metri di distanza, il tutto sotto gli occhi della direzione del campo che ci stava controllando da lontano.
Fortunatamente non ho solo collezionato figure barbine. Vado particolarmente fiero di come ho aggirato un ostacolo d'acqua frontale con due colpi, visto che il colpo singolo non era alla mia portata, o anche di come sono uscito benissimo da dentro un albero (dentro, nel senso che ero in mezzo ai rami cadenti) arrivando in avangreen, o di come ho giocato una par 5 in cui sono arrivato in green al sesto colpo, per poi sprecare tutto puttando un quattro colpi.
Insomma, esordio positivo, tutto sommato, ma soprattutto esco da questa giornata con la consapevolezza che questo sport mi piace assai e continuerò a praticarlo.
Non sono affatto pronto. Nonostante un totale di una quindicina di lezioni, nessuno mi ha insegnato approcci ed uscite dal bunker, o anche solo le differenze nell'utilizzo dei diversi bastoni, ed in campo pratica ho tirato prevalentemente dalla pedana, con e senza tee. Il driver lo uso in maniera incostante (e probabilmente errata... chi lo sa?). Quando la prendo bene mi parte ad una bella distanza, ma... quante volte la prendo bene? Pochissime.
Comunque, sacca in spalla, cappellino in testa , guantino nella mano sinistra, una quantità spropositata di palline in sacca, eccomi pronto per il mio esordio in campo. La giornata si preannuncia splendida (fin troppo, farà un caldo bestia), ed i miei compagni di gioco Walter, Claudio e Manuela (i primi due sono i diretti responsabili del mio ingresso nel mondo del golf) sono curiosi quanto me di vedere come me la caverò.
Ammetto di essere un po' emozionato. Mi piazzo sul tee di partenza della buca uno, metto giu' la palla sul tee, faccio un mezzo passaggio di prova con il driver e poi mi sistemo sulla palla. Il fiato è un po' corto, cerco di mantenere la concentrazione. Testa ferma, schiena dritta, braccio teso, fletti i polsi, piega leggermente le gambe, ruota il busto trascionando le braccia, non butare giù il bastone... SBAM!!!! Ecco... ho buttato giù il bastone con le braccia ed ho colpito il terreno dieci/quindici centimetri prima della palla.
Tranquillo. Rimettiti in posizione e concentrati. Testa ferma, schiena dritta, braccio teso, fletti i polsi, piega leggermente le gambe, ruota il busto trascionando le braccia, non butare giù il bastone... SWISH!!!! Ecco... ho tirato su le braccia ed ho mancato la palla. Un air shot, come si dice in gergo.
Comincio ad agitarmi, mi rimetto in posizione e ripeto tutti i movimenti mentalmente. Al terzo tentativo finalmente sento il TOC metallico che mi fa capire che stavolta la pallina l'ho presa. Peccato che sia partita tutta sulla destra, andando fuori limite in un campo coltivato adiacente al percorso. Andiamo bvene. Ancora non ho iniziato e già ho perso la prima palla. Sarà una lunga giornata, penso ad alta voce.
Decido che non è il caso di intestardirmi, e prendo il ferro 7, quello con cui ho piu' confidenza. La palla parte finalmente dritta ed atterra poco prima del fairway. Non sarà il massimo, ma almeno sono in gioco e posso muovermi da quella maledetta pedana di partenza della buca 1.
In effetti si rivelerà una lunga giornata, calda, sfiancante, a volte frustrante, ma alla fine soddisfacente. Il ghiaccio è rotto e da qui non si può che migliorare.
Lo score è indecoroso. Ho rinunciato a finire sette buche, un po' per frustrazione, un po' per non rallentare più di quanto già non abbia fatto il gioco del nostro quartetto (abbiamo dato strada ben quattro volte), e sulle restanti undici ho totalizzato 113 colpi (su un par totale di 46). Un paio di volte ho chiuso in sette colpi un par 4, per il resto è stato un disastro, ma lo scendere in campo è già stato una vittoria.
Highlights della giornata ce ne sono tanti. Uno su tutti: quando sono riuscito a mandare la palla nell'ostacolo d'acqua che avevo alle mie spalle. Ma si distinguono anche i due bunker in cui ho ripetutamente colpito il bordo senza riuscire ad uscire e lo swing che ha zappato una zolla di dimensioni colossali mezzo metro prima della palla con annessa perdita del grip sul bastone che è atterrato a dieci metri di distanza, il tutto sotto gli occhi della direzione del campo che ci stava controllando da lontano.
Fortunatamente non ho solo collezionato figure barbine. Vado particolarmente fiero di come ho aggirato un ostacolo d'acqua frontale con due colpi, visto che il colpo singolo non era alla mia portata, o anche di come sono uscito benissimo da dentro un albero (dentro, nel senso che ero in mezzo ai rami cadenti) arrivando in avangreen, o di come ho giocato una par 5 in cui sono arrivato in green al sesto colpo, per poi sprecare tutto puttando un quattro colpi.
Insomma, esordio positivo, tutto sommato, ma soprattutto esco da questa giornata con la consapevolezza che questo sport mi piace assai e continuerò a praticarlo.
lunedì 9 maggio 2011
Il rompiballe
Sono ufficialmente un rompicoglioni. In verità lo sospettavo già da tempo, ma da oggi lo sono a pieno titolo perchè ho osato non allinearmi al coro entusiastico di coloro che in questo fine settimana hanno "rivissuto lo spirito di Torino Olimpica", in occasione del Raduno degli Alpini e della partenza del Giro d'Italia che, anche se non lo sentirete in nessun notiziario e non lo leggerete su alcun giornale, ha provocato dei forti disagi in città. A parte che lo spirito della Torino Olimpica era tutt'altra cosa rispetto alla cagnara di questi giorni, ma vabbe'... son opinioni.
Il senso del raduno degli Alpini non lo capisco, così come non capisco dove stia la differenza tra migliaia di alpini che si ubriacano per tre giorni (con tutti gli annessi e connessi del caso, dal disturbo della quiete pubblica all'utilizzo di aiuole e giardini come orinatoi) e centinaia di giovani che si sballano per tre giorni durante un rave party, se non che entrambi finiscono sui telegiornali, ma non con la stessa considerazione.
Del Giro d'Italia non potrebbe fregarmene di meno, avendo perso ogni interesse in uno sport dove vince chi riesce a fregare meglio i controlli antidoping.
Detto questo, non contesto l'evento in sè, ma principalmente due cose: 1) aver voluto fare tutto in contemporanea e 2) non aver saputo organizzare la gestione del prevedibilissimo caos che la concomitanza avrebbe creato.
Chiudere il centro di una città per tre giorni, per tutto che sia un weekend, genera forzatamente dei disagi, e quando delle persone sono costrette ad andare a dormire in albergo perchè non possono/riescono a raggiungere la propria abitazione, permettetemi, siamo di fronte all'assurdo di non saper gestire e garantire almeno il diritto fondamentale di poter rientrare in casa propria.
Lo stesso assurdo che ho sperimentato personalmente sabato pomeriggio. Sapevo perfettamente che dalle 12 tutto il tratto di corso Potenza-Lecce-Trapani (parliamo di una direttrice fondamentale per l'attraversamento della città) sarebbe stato chiuso fino alle 18 separando, di fatto, due parti di Torino. Gli annunci dei giorni precedenti, invitavano gli automobilisti ad utilizzare i due varchi previsti, in corso Grosseto ed in Piazza Rivoli, per superare il blocco. Addirittura, in tangenziale c'era scritto a caratteri cubuitali "CORSO FRANCIA PERCORRIBILE". Peccato che una volta arrivato in corso Francia mi sia trovato immediatamente imbottigliato in una coda di auto totalmente immobile, senza la possibilità di andare nè avanti nè indietro. Il tutto nella più totale assenza dei vigili. Sarebbero bastate un paio di pattuglie per far defluire il traffico alla rotonda di Piazza Rivoli, che e' stato il tappo che ha provocato l'ingorgo. E bastava anche cambiare i messaggi in tangenziale, così da dirottare la gente altrove.
Invece mi sono ritrovato ad essere il rompicoglioni che deve prendere la macchina a tutti i costi e passare dove c'e' traffico, invece di godermi la bella festa che si stava svolgendo a Torino.
Fortunatamente i dopati ci hanno lasciato sabato sera, e gli ultimi ubriaconi se ne sono andati stamattina. Ora possiamo riprenderci la nostra città in santa pace, e se da oggi c'e' un rompicoglioni in piu' mi sa che ve ne dovete fare una ragione.
Il senso del raduno degli Alpini non lo capisco, così come non capisco dove stia la differenza tra migliaia di alpini che si ubriacano per tre giorni (con tutti gli annessi e connessi del caso, dal disturbo della quiete pubblica all'utilizzo di aiuole e giardini come orinatoi) e centinaia di giovani che si sballano per tre giorni durante un rave party, se non che entrambi finiscono sui telegiornali, ma non con la stessa considerazione.
Del Giro d'Italia non potrebbe fregarmene di meno, avendo perso ogni interesse in uno sport dove vince chi riesce a fregare meglio i controlli antidoping.
Detto questo, non contesto l'evento in sè, ma principalmente due cose: 1) aver voluto fare tutto in contemporanea e 2) non aver saputo organizzare la gestione del prevedibilissimo caos che la concomitanza avrebbe creato.
Chiudere il centro di una città per tre giorni, per tutto che sia un weekend, genera forzatamente dei disagi, e quando delle persone sono costrette ad andare a dormire in albergo perchè non possono/riescono a raggiungere la propria abitazione, permettetemi, siamo di fronte all'assurdo di non saper gestire e garantire almeno il diritto fondamentale di poter rientrare in casa propria.
Lo stesso assurdo che ho sperimentato personalmente sabato pomeriggio. Sapevo perfettamente che dalle 12 tutto il tratto di corso Potenza-Lecce-Trapani (parliamo di una direttrice fondamentale per l'attraversamento della città) sarebbe stato chiuso fino alle 18 separando, di fatto, due parti di Torino. Gli annunci dei giorni precedenti, invitavano gli automobilisti ad utilizzare i due varchi previsti, in corso Grosseto ed in Piazza Rivoli, per superare il blocco. Addirittura, in tangenziale c'era scritto a caratteri cubuitali "CORSO FRANCIA PERCORRIBILE". Peccato che una volta arrivato in corso Francia mi sia trovato immediatamente imbottigliato in una coda di auto totalmente immobile, senza la possibilità di andare nè avanti nè indietro. Il tutto nella più totale assenza dei vigili. Sarebbero bastate un paio di pattuglie per far defluire il traffico alla rotonda di Piazza Rivoli, che e' stato il tappo che ha provocato l'ingorgo. E bastava anche cambiare i messaggi in tangenziale, così da dirottare la gente altrove.
Invece mi sono ritrovato ad essere il rompicoglioni che deve prendere la macchina a tutti i costi e passare dove c'e' traffico, invece di godermi la bella festa che si stava svolgendo a Torino.
Fortunatamente i dopati ci hanno lasciato sabato sera, e gli ultimi ubriaconi se ne sono andati stamattina. Ora possiamo riprenderci la nostra città in santa pace, e se da oggi c'e' un rompicoglioni in piu' mi sa che ve ne dovete fare una ragione.
martedì 3 maggio 2011
Trova le differenze
Non mi sento di condannare l'uccisione di Bin Laden. Le feste in piazza, però, le trovo quanto meno inopportune.
sabato 16 aprile 2011
Il bipolarismo perfetto
La politica moderna, si diceva poco tempo fa, deve basarsi sul bipolarismo. Infatti a Torino, per le elezioni amministrative, sono state presentate ben 45 liste: 1. Comitato Torino Libera 2. Lega Padana Piemont 3. No Euro 4. Dipendenti, disoccupati e pensionati 5. Moderati per Fassino 6. Federazione della Sinistra 7. Sinistra Critica 8. Movimento 5 Stelle 9. Azzurri italiani 10. La Piazza 11. Forza Nuova 12. Sinistra ecologia e libertà 13. Forza Toro 14. Federazione dei Movimenti per Torino 15. Alleanza per Torino 16. Comitato Popolo Latino Americano (Co.Po.L.A.) 17. Forza Juve 18. Lista Bunga Bunga 19. No immigrazione-No nucleare 20. Fiamma Tricolore 21. Partito Comunista dei Lavoratori 22. Coscienza comune 23. Italia dei valori 24. Insieme per Torino 25. Pdl 26. La Destra 27. Udc 28. No Ue 29. Movimento Fascismo e Libertà 30. Gariglio Sindaco 31. Alleanza per la città 32. Alleanza di centro Pionati 33. Pensionati e invalidi per Fassino 34. Lista Coppola per Torino più rosa 35. Pd 36. Verdi verdi 37. Consumatori per Fassino 38. Pli-Psdi 39. P.S.I. (Torino laica, socialista e liberale) 40. Lega Nord 41. Popolari Italia domani 42. Ambientalisti del sì 43. Verdi Piemonte Europa Ecologia 44. F.L.I. 45. Pensionati
Detto che alcune formazioni sono davvero esilaranti (una su tutte: Fascismo & Libertà...una contraddizione in termini), io credo che chiunque voti una lista che si chiama Forza Toro, Forza Juve, Lista Bunga Bunga o simili, dovrebbe perdere il diritto di voto per almeno dieci anni.
Detto che alcune formazioni sono davvero esilaranti (una su tutte: Fascismo & Libertà...una contraddizione in termini), io credo che chiunque voti una lista che si chiama Forza Toro, Forza Juve, Lista Bunga Bunga o simili, dovrebbe perdere il diritto di voto per almeno dieci anni.
martedì 22 marzo 2011
Curare l'ambiente
Dal sito web della mia azienda:
Nel 2010 il Gruppo ha sottoscritto il Carbon Disclosure Project, iniziativa per l’impegno ad affrontare le sfide legate ai cambiamenti climatici e a limitare la portata di questi ultimi attraverso l’adozione di comportamenti ecosostenibili.Oggi in ufficio avevamo 30 gradi, il riscaldamento centralizzato acceso a palla e la finestra spalancata. Alla faccia dei comportamenti ecosostenibili.
giovedì 17 marzo 2011
Buon 150esimo Compleanno, Italia
Oggi è il compleanno dell'Italia. Sono 150 anni, è giovane e nel fiore degli anni. Eppure sembra vecchia e decrepita, superata. Nessuno la vuole, tutti la contestano, la gente non sa nemmeno come esporre correttamente il tricolore alla finestra, mettendo il rosso a sinistra. Gli italiani sono tutto tranne che uniti, ed il patriottismo è un sentimento caro solo a pochi reperti nazifascisti (alcuni dei quali occupano alte cariche parlamentari, purtroppo...). Tuttavia questo paese è caro a molti lo stesso ed io sono uno di quelli. Spesso mi vergogno di essere italiano, ma non per l'Italia: per gli italiani, o almeno alcuni di essi.
E' dura essere italiano quando hai una classe politica di pagliacci a rappresentarti,ed all'estero vieni deriso costantemente e puntualmente.
Pero' una parte di quella classe politica la dobbiamo ringiraziare sentitamente. Si, perchè è indubbio che senza i leghisti ed i loro ridicoli piagnistei contro le celebrazioni, ed il continuo riferimento ad una nazione inesistente come la Padania, la partecipazione morale a queste celebazioni del 150esimo anniversario del'Unità d'Italia sarebbero state minori. Moltominori.
Ed allora grazie anche a loro: per una volta vi siete resi utili anche voi.
E buona festa a tutti.
E' dura essere italiano quando hai una classe politica di pagliacci a rappresentarti,ed all'estero vieni deriso costantemente e puntualmente.
Pero' una parte di quella classe politica la dobbiamo ringiraziare sentitamente. Si, perchè è indubbio che senza i leghisti ed i loro ridicoli piagnistei contro le celebrazioni, ed il continuo riferimento ad una nazione inesistente come la Padania, la partecipazione morale a queste celebazioni del 150esimo anniversario del'Unità d'Italia sarebbero state minori. Moltominori.
Ed allora grazie anche a loro: per una volta vi siete resi utili anche voi.
E buona festa a tutti.
mercoledì 23 febbraio 2011
Priorità aziendali
C'è un'azienda italiana, un grande gruppo, una multinazionale europea, la terza in Europa nel proprio settore, dove i dipendenti devono fare i salti mortali per fare delle economie definite "da buon padre di famiglia", anche su cose strettamente necessarie per lo svolgimento del proprio lavoro.
Ecco allora che i "bravi dipendenti" stampano fronte/retro per non sprecare carta, magari impaginando due fogli per pagina A4 rendendo i documenti simili ad un tabellone per la visita oculistica comprendente solo le righe visibili a chi ha 11 o 12 decimi. Per avere un toner di ricambio devono compilare moduli e scartoffie che ne certifichino l'assoluta necessità, e nel mentre si devono adattare estraendo la cartuccia del toner esaurita e shakerandola per andare a pescare gli ultimi granelli di micropolvere per stampare (male) un documento essenziale.
Gli stessi devono poi elemosinare un ordine di cancelleria l'anno (e non più di uno), e se per caso le scorte finiscono prima, si devono arrangiare. Inutile dire che, ovviamente, fare ordini sovrastimati è impossibile, perchè l'inflessibile controllore degli ordini di cancelleria ti chiede di giustificare perchè chiedi dieci bloc notes se lo scorso anno ne hai usati nove.
Poi arriva il bollettino del dopolavoro aziendale, da consultarsi rigorosamente on-line onde non sprecare carta e toner per l'inutile stampa, che dà notizia della vittoria del team aziendale nella gara di categoria di uno sport caro all'amministratore delegato dell'azienda.
Capita quindi che i componenti di detta squadra vengano chimati nell'ufficio dell'amministratore delegato per ricevere i complimenti dell'azienda oltre ad un sostanzioso e robusto contributo economico per comperare divise, materiali e gadget vari per ben presentare la squadra alle prossime gare.
Vien da sè che i bravi dipendenti, che già si interrogavano su quali nefasti effetti possano mai avere sul bilancio aziendale (per la cronaca in attivo di svariati miliardi di euro. MILIARDI, lo ribadisco per i più distratti) le richieste di un paio di bloc notes, evidenziatori di colori diversi (e non solo gialli), rotoli di scotch (attualmente contingentati in numero di tre cadauno per anno), bucatrici (attualmente assegnate in numero di una ogni quattro scrivanie), si domandano, senza darsi risposta o dandosene di assolutamente scontate, quanti ordini di cancelleria potrebbero fare con i soldi destinati ad evitare di dover presentare il team aziendale con la stessa tuta dello scorso anno (evento assolutamente disdicevole) o addirittura gareggiare con dei materiali giù usati una volta (orrore e sgomento!).
Ecco allora che i "bravi dipendenti" stampano fronte/retro per non sprecare carta, magari impaginando due fogli per pagina A4 rendendo i documenti simili ad un tabellone per la visita oculistica comprendente solo le righe visibili a chi ha 11 o 12 decimi. Per avere un toner di ricambio devono compilare moduli e scartoffie che ne certifichino l'assoluta necessità, e nel mentre si devono adattare estraendo la cartuccia del toner esaurita e shakerandola per andare a pescare gli ultimi granelli di micropolvere per stampare (male) un documento essenziale.
Gli stessi devono poi elemosinare un ordine di cancelleria l'anno (e non più di uno), e se per caso le scorte finiscono prima, si devono arrangiare. Inutile dire che, ovviamente, fare ordini sovrastimati è impossibile, perchè l'inflessibile controllore degli ordini di cancelleria ti chiede di giustificare perchè chiedi dieci bloc notes se lo scorso anno ne hai usati nove.
Poi arriva il bollettino del dopolavoro aziendale, da consultarsi rigorosamente on-line onde non sprecare carta e toner per l'inutile stampa, che dà notizia della vittoria del team aziendale nella gara di categoria di uno sport caro all'amministratore delegato dell'azienda.
Capita quindi che i componenti di detta squadra vengano chimati nell'ufficio dell'amministratore delegato per ricevere i complimenti dell'azienda oltre ad un sostanzioso e robusto contributo economico per comperare divise, materiali e gadget vari per ben presentare la squadra alle prossime gare.
Vien da sè che i bravi dipendenti, che già si interrogavano su quali nefasti effetti possano mai avere sul bilancio aziendale (per la cronaca in attivo di svariati miliardi di euro. MILIARDI, lo ribadisco per i più distratti) le richieste di un paio di bloc notes, evidenziatori di colori diversi (e non solo gialli), rotoli di scotch (attualmente contingentati in numero di tre cadauno per anno), bucatrici (attualmente assegnate in numero di una ogni quattro scrivanie), si domandano, senza darsi risposta o dandosene di assolutamente scontate, quanti ordini di cancelleria potrebbero fare con i soldi destinati ad evitare di dover presentare il team aziendale con la stessa tuta dello scorso anno (evento assolutamente disdicevole) o addirittura gareggiare con dei materiali giù usati una volta (orrore e sgomento!).
lunedì 14 febbraio 2011
Adesso.
Centinaia di migliaia di persone in piazza, ieri. Tante donne, ma anche uomini che rifuggono la logica del bunga-bunga con cui la destra ("certa" destra) ha egemonizzato l'Italia e che vuol farci credere che tutti apprezziamo.
Le donne della destra, di "quella" destra, si sono subito affannate a sminuire la portata della manifestazione. Dall'oca giuliva Gelmini, che ha avuto il coraggio di definire "quattro radical chic" la marea di persone che si è riversata nelle piazze italiane, all'assatanata Santanchè, che vorrebbe organizzare una bella manifestazione con le donne che sostengono Berlusconi (sicura di volere il confronto, anche solo numerico?), tutte le donne che attualòmente occupano un cadreghino grazie alla benevolenza del capo non hanno perso l'occasione di stigmatizzare o deridere la manifestazione.
Bene. Sono contento che sia accaduto. Tutto questo affannarsi a denigrare il sentimento di una gran moltitudine di persone, che fanno parte di quello stesso "popolo" che il loro capo agita sempre a sproposito quale ultimo legittimatore supremo di tutte le sue nefandezze, dimostra una volta di più che la manifestazione ha colpito nel segno. Si rosica, e si teme di perdere lo scranno, e quindi si va all'attacco, perchè come recita il vecchio adagio, non c'è milgior difesa dell'attacco.
Certo, la nostra piazza è diversa da quella dell'Egitto o dell'Algeria o della Tunisia, tanto per citare le ultime in ordine cronologico che "hanno cacciato i governi", ma affermare che le piazze non provocano le dimissioni è quanto meno incauto.
I tempi sono maturi, non facciamoci scappare anche questa occasione di rimettere in carreggiata l'Italia. "Se non ora, quando?" recitava lo slogan della manifestazione di ieri. Adesso.
Le donne della destra, di "quella" destra, si sono subito affannate a sminuire la portata della manifestazione. Dall'oca giuliva Gelmini, che ha avuto il coraggio di definire "quattro radical chic" la marea di persone che si è riversata nelle piazze italiane, all'assatanata Santanchè, che vorrebbe organizzare una bella manifestazione con le donne che sostengono Berlusconi (sicura di volere il confronto, anche solo numerico?), tutte le donne che attualòmente occupano un cadreghino grazie alla benevolenza del capo non hanno perso l'occasione di stigmatizzare o deridere la manifestazione.
Bene. Sono contento che sia accaduto. Tutto questo affannarsi a denigrare il sentimento di una gran moltitudine di persone, che fanno parte di quello stesso "popolo" che il loro capo agita sempre a sproposito quale ultimo legittimatore supremo di tutte le sue nefandezze, dimostra una volta di più che la manifestazione ha colpito nel segno. Si rosica, e si teme di perdere lo scranno, e quindi si va all'attacco, perchè come recita il vecchio adagio, non c'è milgior difesa dell'attacco.
Certo, la nostra piazza è diversa da quella dell'Egitto o dell'Algeria o della Tunisia, tanto per citare le ultime in ordine cronologico che "hanno cacciato i governi", ma affermare che le piazze non provocano le dimissioni è quanto meno incauto.
I tempi sono maturi, non facciamoci scappare anche questa occasione di rimettere in carreggiata l'Italia. "Se non ora, quando?" recitava lo slogan della manifestazione di ieri. Adesso.
mercoledì 5 gennaio 2011
Anno Nuovo, Aria Nuova
E' passato un quarto di secolo da quella sera di inizio gennaio del 1986 in cui entrai nella stanzetta musicale del centro d'incontro della circoscrizione 9 in Via Cherasco con in mano la mia Ibanez imitazione Les Paul e nella borsa un paio di cavi e il pedale distorsore che mi aveva costruito Mario con un progetto preso dalla rivista Nuova Elettronica.
Ero stato invitato da Claudio, l'allora quarterback dei Tauri, che suonava la batteria ed aveva un cugino ed un amico che suonavano la chitarra e voleva mettere in piedi un gruppo musicale.
Io, da perfetto autodidatta della chitarra, avevo qualche microesperienza con il gruppo di un mio compagno di università, gli Zip Whip, a cui avevo fatto da tecnico del suono in alcuni concerti e con cui ogni tanto mi univo durante le prove per dare quatro schitarrate e nulla più. Avevo appena comprato "The Blues Bible" ed avevo iniziato a destreggiarmi tra le scale pentatoniche convinto di riuscire ad emulare il grande B.B.King.
Oltre alle tre persone che mi aspettavo, nella stanzetta trovai altre setto/otto ragazzi, amici ed amici di amici che erano li' a curiosare. La stanza era davvero piccola, appena sufficiante per un gruppo da 4 persone con batteria, figurarsi contenerne otto in piu'! Inoltre il "fattore stalla" che intervenne dopo circa cinque minuti fu davvero devastante.
Nonostante tutto, e nonostante nessuno di noi avesse una qualsiasi idea su che cosa suonare, partimmo con una lunghissima improvvisazione, quella che coloro che parlano bene usano chiamare "Jam Session", e ne rimanemmo talmente soddisfatti che decidemmo che il feeling giusto per formare un gruppo fosse decisamente presente.
Il cugino del batterista si eclissò quasi subito, e l'altro chitarrista, inchinandosi alla mia prestazione di quella sera (manco fossi Jimi Hendrix...) si convertì al basso, e mai scelta fu per lui più felice, perchè negli anni diventò un bassista con i controcazzi (che non so esattamente cosa siano, i controcazzi, intendo, ma sempre coloro che parlano bene usano il termine per sottolineare la bravura di qualcuno).
Era un periodo bislacco della mia vita, come tanti ce ne sono stati tra gli anni '80 e '90. Stavo meditando l'abbandono dell'università, i Tauri avevano appena fatto una fusione con i Gators per sopravvivere, perdendo in gran parte lo "spirito Tauro" della prima ora, il Toro veleggiava a metà classifica senza infamia e senza lode, stavo dietro ad una mia compagna di università (gran gnocca, devo dire) a cui "piacevo moltissimo", che però prima non me la dava perchè era già fidanzata con un tizio che faceva il gelataio a Pinerolo, e poi, una volta mollato quello, non me la dava perchè "nel frattempo" aveva una storia con un altro tizio conosciuto in montagna. Non ho mai capito di quale frattempo parlasse, ma ci misi un po' a capire che mi stava bellamente prendendo per il culo, as usual, e non la presi molto bene.
La prospettiva di mettere su un gruppo musicale, quindi, mi allettava molto, per cui mi ci buttai a capofitto.
Nacquero così gli "Aria Nuova": Chitarra, Basso, Batteria e Voce (la fidanzata del batterista).
Se il nome non vi è nuovo non vi preoccupate: è proprio quello a cui state pensando. Dovendo cercare un nome per il gruppo, ognuno di noi spremette le meningi, ma non saltò fuori nulla che piacesse a tutti, finchè il batterista arrivò con questo nome: Aria Nuova. Una volta stabilito che poteva andar bene, ovviamente gli chiedemmo cosa lo aveva spinto a scegliere questo nome, e la sua risposta fu disarmante: "Boh, che ne so. Non avevo idee, finchè ieri ero seduto al cesso, non avevo niente da leggere e mi sono messo a leggere le etichette della roba che c'era sulla lavatrice. Mi sono ritrovato davanti lo scatolotto del deodorante "Gled Arianuova", ed ho pensato che fosse un bel nome".
Insomma, avevamo un nome che faceva proprio cagare (o almeno era stato partorito "durante").
Non durò molto. Basso e Chitarra spingevano sempre per il Rock ed il Blues, mentre Voce e Batteria volevano più New Wave, per cui fu inevitabile la separazione dopo pochi anni, durante i quali, comunque, avemmo il tempo di incidere una cassetta con 5 pezzi in studio (ho ancora il master da qualche parte) e suonare a diverse manifestazioni, fare concerti in birrerie e feste e divertirci comunque quanto basta. Resterà sempre nei nostri cuori l'ultimo concerto prima dello scioglimento, al Circolo Socialista Garibaldi di Vinovo. Il volantino (che vedemmo solo una volta giunti in loco) recitava: "Allieterà la serata l'Orchestra Aria Nuova". Ci dovemmo esibire di fronte ad un pubblico di pensionati che interrupero a metà il terzo pezzo (un bluesaccio da paura) per chiedere se potevamo fare "Calabrisella Mia", ed al nostro diniego un tizio tiro' fuori la fisarmonica da non so dove ed inizio' a suonarla lui.
Prendemmo gli strumenti, incassammo il compenso pattuito (una Moretti piccola ed un panino rinsecchito con due fette di salame), salutammo batterista e fidanzata, ed io e il bassista andammo ad ubriacarci in un pub ripromettendoci che non saremmo mai più cascati in un trappolone del genere.
Da li' a breve sarebbero nati i "Bluestinti", ma questa e' un'altra storia, che magari vi racconterò un'altra volta.
Ero stato invitato da Claudio, l'allora quarterback dei Tauri, che suonava la batteria ed aveva un cugino ed un amico che suonavano la chitarra e voleva mettere in piedi un gruppo musicale.
Io, da perfetto autodidatta della chitarra, avevo qualche microesperienza con il gruppo di un mio compagno di università, gli Zip Whip, a cui avevo fatto da tecnico del suono in alcuni concerti e con cui ogni tanto mi univo durante le prove per dare quatro schitarrate e nulla più. Avevo appena comprato "The Blues Bible" ed avevo iniziato a destreggiarmi tra le scale pentatoniche convinto di riuscire ad emulare il grande B.B.King.
Oltre alle tre persone che mi aspettavo, nella stanzetta trovai altre setto/otto ragazzi, amici ed amici di amici che erano li' a curiosare. La stanza era davvero piccola, appena sufficiante per un gruppo da 4 persone con batteria, figurarsi contenerne otto in piu'! Inoltre il "fattore stalla" che intervenne dopo circa cinque minuti fu davvero devastante.
Nonostante tutto, e nonostante nessuno di noi avesse una qualsiasi idea su che cosa suonare, partimmo con una lunghissima improvvisazione, quella che coloro che parlano bene usano chiamare "Jam Session", e ne rimanemmo talmente soddisfatti che decidemmo che il feeling giusto per formare un gruppo fosse decisamente presente.
Il cugino del batterista si eclissò quasi subito, e l'altro chitarrista, inchinandosi alla mia prestazione di quella sera (manco fossi Jimi Hendrix...) si convertì al basso, e mai scelta fu per lui più felice, perchè negli anni diventò un bassista con i controcazzi (che non so esattamente cosa siano, i controcazzi, intendo, ma sempre coloro che parlano bene usano il termine per sottolineare la bravura di qualcuno).
Era un periodo bislacco della mia vita, come tanti ce ne sono stati tra gli anni '80 e '90. Stavo meditando l'abbandono dell'università, i Tauri avevano appena fatto una fusione con i Gators per sopravvivere, perdendo in gran parte lo "spirito Tauro" della prima ora, il Toro veleggiava a metà classifica senza infamia e senza lode, stavo dietro ad una mia compagna di università (gran gnocca, devo dire) a cui "piacevo moltissimo", che però prima non me la dava perchè era già fidanzata con un tizio che faceva il gelataio a Pinerolo, e poi, una volta mollato quello, non me la dava perchè "nel frattempo" aveva una storia con un altro tizio conosciuto in montagna. Non ho mai capito di quale frattempo parlasse, ma ci misi un po' a capire che mi stava bellamente prendendo per il culo, as usual, e non la presi molto bene.
La prospettiva di mettere su un gruppo musicale, quindi, mi allettava molto, per cui mi ci buttai a capofitto.
Nacquero così gli "Aria Nuova": Chitarra, Basso, Batteria e Voce (la fidanzata del batterista).
Se il nome non vi è nuovo non vi preoccupate: è proprio quello a cui state pensando. Dovendo cercare un nome per il gruppo, ognuno di noi spremette le meningi, ma non saltò fuori nulla che piacesse a tutti, finchè il batterista arrivò con questo nome: Aria Nuova. Una volta stabilito che poteva andar bene, ovviamente gli chiedemmo cosa lo aveva spinto a scegliere questo nome, e la sua risposta fu disarmante: "Boh, che ne so. Non avevo idee, finchè ieri ero seduto al cesso, non avevo niente da leggere e mi sono messo a leggere le etichette della roba che c'era sulla lavatrice. Mi sono ritrovato davanti lo scatolotto del deodorante "Gled Arianuova", ed ho pensato che fosse un bel nome".
Insomma, avevamo un nome che faceva proprio cagare (o almeno era stato partorito "durante").
Non durò molto. Basso e Chitarra spingevano sempre per il Rock ed il Blues, mentre Voce e Batteria volevano più New Wave, per cui fu inevitabile la separazione dopo pochi anni, durante i quali, comunque, avemmo il tempo di incidere una cassetta con 5 pezzi in studio (ho ancora il master da qualche parte) e suonare a diverse manifestazioni, fare concerti in birrerie e feste e divertirci comunque quanto basta. Resterà sempre nei nostri cuori l'ultimo concerto prima dello scioglimento, al Circolo Socialista Garibaldi di Vinovo. Il volantino (che vedemmo solo una volta giunti in loco) recitava: "Allieterà la serata l'Orchestra Aria Nuova". Ci dovemmo esibire di fronte ad un pubblico di pensionati che interrupero a metà il terzo pezzo (un bluesaccio da paura) per chiedere se potevamo fare "Calabrisella Mia", ed al nostro diniego un tizio tiro' fuori la fisarmonica da non so dove ed inizio' a suonarla lui.
Prendemmo gli strumenti, incassammo il compenso pattuito (una Moretti piccola ed un panino rinsecchito con due fette di salame), salutammo batterista e fidanzata, ed io e il bassista andammo ad ubriacarci in un pub ripromettendoci che non saremmo mai più cascati in un trappolone del genere.
Da li' a breve sarebbero nati i "Bluestinti", ma questa e' un'altra storia, che magari vi racconterò un'altra volta.
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