La partita è appena terminata e la squadra viene sotto il nostro spicchio di curva, stracolmo fino all'inverosimile, a prendersi i meritati quanto mesti aplausi.
La traversa sta ancora tremando dopo il tiro di Sordo, e tutto lo stadio, dopo un improvviso momento di silenzio e brivido, ha ripreso ad accendere torce e cantare "We are the champions" che, da quella sera, mi diverrà assai indigesta.
La sedia alzata del Mondo, i tre pali, il destino "cinico e baro" (cit.) che ci ha nuovamente voltato le spalle nel momento cruciale.
Al fischio finale, nel silenzio del nostro spicchio, Checco ha trascinato un "Toro! Toro!" da brividi, ma le lacrime di rabbia rigano le guance di molti.
Non lo sappiamo ancora, ma sarà il nostro canto del cigno. Arriverà una Coppa Italia con Goveani, poi solo morte e distruzione fino al nulla cosmico della Cairese attuale.
Sulla via del ritorno, alla frontiera svizzera ci fanno scendere dal bus. Mentre i cani antidroga setacciano l'autobus, un poliziotto ci chiede se abbiamo qualcosa da denunciare.
Ci sono alcune cose, alcuni avvenimenti, alcuni momenti, che devono essere fissati nella memoria. La serata di ieri è uno di questi.
Si festeggiava il trentennale di attività di "Carletto e gli Impossibili", un gruppo torinese formato dall'unione di diverse esperienze musicali anche diversissime tra loro, che il buon Carletto ha rinsaldato attorno a sè: una missione apparentemente impossibile (da qui l nome) che invece non solo è riuscita alla perfezione, ma ha anche resistito, con varie vicissitudini ed alternarsi di protagonisti, per be 30 anni. Un'era geologica intera nella musica, specialmente quella underground dove i gruppi si formano e si sciolgono nel giro di un concerto.
Non avevo mai sentito Carletto, o meglio, ne avevo sentito le sue componenti nei gruppi più disparati, a partire dalle Funky Lips, primo gruppo rock torinese tutto al femminile, che nei ruggenti anni '90 aveva allietato molte delle mie serate nei vari locali di quella che ancora non si chiamava Movida ma semplicemente Nightclubbing.
Ieri sera, quindi, mi sono avvicinato alla Suoneria di Settimo con molta curiosità, grazie anche all'invito del bassista del gruppo, mio ex compagno di squadra nei Tauri, Marco "Ciccio" Cubal.
Il concerto è stato, ça va sans dire, letteralmente strepitoso. Se un gruppo riesce a far ballare anche il sottoscritto (beh... ballare è una cosa grossa. È noto che io ed il ballo siamo due mondi agli esatti opposti dell'universo), vuol dire che tanto male non è.
Un tiro pazzesco per due ore e più di concerto, la voce di Roberta Bacciolo una spanna sopra tutte le altre (almeno finchè non è arrivata Robertina Magnetti, ex Carlettina e dotata di una voce che adoro proprio dai tempi delle Funky Lips), la chitarra di Carletto perfetta, la sezione ritmica a dare un gran brio ai medley scatenati, e le altre due voci principali (perdonatemi, ma non ricordo i nomi) a condurre perfettamente i medley scatenati che hanno mandato letteralmente in delirio i 500 presenti.
Ecco, parliamo dei 500 presenti, perchè l'altra parte della serata è stata proprio caratterizzata dalle presenze.
Così come quando prendi l'autobus tutti i giorni alla stessa ora finisci per incontrare le stesse persone, che diventano quasi familiari, pur non conoscendole, la sensazione provata ieri sera è stata quella di un flashback improvviso. Molti sguardi si sono incrociati con il tipico "Ma, ci conosciamo?" stampato sul viso, ed in effetti si, molti di noi si conoscevano, almeno di vista, per aver frequentato gli stessi locali trent'anni fa, a sentire gli stessi concerti, a partecipare alle stesse serate, fino a diventare come le persone dell'autobus di cui parlavo prima: dei perfetti sconosciuti ma decisamente familiari. Magari ti incontravi all'Hiroshima, al Tuxedo, al Metrò, ti riconoscevi di vista, accennavi un saluto. Ecco, ieri sera molte di queste persone si sono ritrovate dopo anni, chi del partito dei capelli grigi, chi (è il mio caso) in quello dei capelli diradati, le donne sempre in gran tiro, alcune con qualche ruga in più, altre che sembrano essersi abbeverate alla fonte dell'eterna giovinezza.
E per due ore mi sono completamente immerso nell'atmosfera, pensando di essere ancora una volta lo sfigato 28enne di allora.
E, nonostante tutto, è stato magico.
Poi, stamattina, l'acufene all'orecchio destro mi ha riportato alla realtà, ma intanto una bella serata ed un viaggio nel tempo, hanno fatto bene al cuore ed alla mente.
Agevolo breve filmato con Robertina Magnetti al canto. Non potevo esimermi