Nel 2010 il Gruppo ha sottoscritto il Carbon Disclosure Project, iniziativa per l’impegno ad affrontare le sfide legate ai cambiamenti climatici e a limitare la portata di questi ultimi attraverso l’adozione di comportamenti ecosostenibili.Oggi in ufficio avevamo 30 gradi, il riscaldamento centralizzato acceso a palla e la finestra spalancata. Alla faccia dei comportamenti ecosostenibili.
Il masso su per la montagna dobbiamo spingerlo comunque. Facciamolo almeno col sorriso sulle labbra.
martedì 22 marzo 2011
Curare l'ambiente
Dal sito web della mia azienda:
giovedì 17 marzo 2011
Buon 150esimo Compleanno, Italia
Oggi è il compleanno dell'Italia. Sono 150 anni, è giovane e nel fiore degli anni. Eppure sembra vecchia e decrepita, superata. Nessuno la vuole, tutti la contestano, la gente non sa nemmeno come esporre correttamente il tricolore alla finestra, mettendo il rosso a sinistra. Gli italiani sono tutto tranne che uniti, ed il patriottismo è un sentimento caro solo a pochi reperti nazifascisti (alcuni dei quali occupano alte cariche parlamentari, purtroppo...). Tuttavia questo paese è caro a molti lo stesso ed io sono uno di quelli. Spesso mi vergogno di essere italiano, ma non per l'Italia: per gli italiani, o almeno alcuni di essi.
E' dura essere italiano quando hai una classe politica di pagliacci a rappresentarti,ed all'estero vieni deriso costantemente e puntualmente.
Pero' una parte di quella classe politica la dobbiamo ringiraziare sentitamente. Si, perchè è indubbio che senza i leghisti ed i loro ridicoli piagnistei contro le celebrazioni, ed il continuo riferimento ad una nazione inesistente come la Padania, la partecipazione morale a queste celebazioni del 150esimo anniversario del'Unità d'Italia sarebbero state minori. Moltominori.
Ed allora grazie anche a loro: per una volta vi siete resi utili anche voi.
E buona festa a tutti.
E' dura essere italiano quando hai una classe politica di pagliacci a rappresentarti,ed all'estero vieni deriso costantemente e puntualmente.
Pero' una parte di quella classe politica la dobbiamo ringiraziare sentitamente. Si, perchè è indubbio che senza i leghisti ed i loro ridicoli piagnistei contro le celebrazioni, ed il continuo riferimento ad una nazione inesistente come la Padania, la partecipazione morale a queste celebazioni del 150esimo anniversario del'Unità d'Italia sarebbero state minori. Moltominori.
Ed allora grazie anche a loro: per una volta vi siete resi utili anche voi.
E buona festa a tutti.
mercoledì 23 febbraio 2011
Priorità aziendali
C'è un'azienda italiana, un grande gruppo, una multinazionale europea, la terza in Europa nel proprio settore, dove i dipendenti devono fare i salti mortali per fare delle economie definite "da buon padre di famiglia", anche su cose strettamente necessarie per lo svolgimento del proprio lavoro.
Ecco allora che i "bravi dipendenti" stampano fronte/retro per non sprecare carta, magari impaginando due fogli per pagina A4 rendendo i documenti simili ad un tabellone per la visita oculistica comprendente solo le righe visibili a chi ha 11 o 12 decimi. Per avere un toner di ricambio devono compilare moduli e scartoffie che ne certifichino l'assoluta necessità, e nel mentre si devono adattare estraendo la cartuccia del toner esaurita e shakerandola per andare a pescare gli ultimi granelli di micropolvere per stampare (male) un documento essenziale.
Gli stessi devono poi elemosinare un ordine di cancelleria l'anno (e non più di uno), e se per caso le scorte finiscono prima, si devono arrangiare. Inutile dire che, ovviamente, fare ordini sovrastimati è impossibile, perchè l'inflessibile controllore degli ordini di cancelleria ti chiede di giustificare perchè chiedi dieci bloc notes se lo scorso anno ne hai usati nove.
Poi arriva il bollettino del dopolavoro aziendale, da consultarsi rigorosamente on-line onde non sprecare carta e toner per l'inutile stampa, che dà notizia della vittoria del team aziendale nella gara di categoria di uno sport caro all'amministratore delegato dell'azienda.
Capita quindi che i componenti di detta squadra vengano chimati nell'ufficio dell'amministratore delegato per ricevere i complimenti dell'azienda oltre ad un sostanzioso e robusto contributo economico per comperare divise, materiali e gadget vari per ben presentare la squadra alle prossime gare.
Vien da sè che i bravi dipendenti, che già si interrogavano su quali nefasti effetti possano mai avere sul bilancio aziendale (per la cronaca in attivo di svariati miliardi di euro. MILIARDI, lo ribadisco per i più distratti) le richieste di un paio di bloc notes, evidenziatori di colori diversi (e non solo gialli), rotoli di scotch (attualmente contingentati in numero di tre cadauno per anno), bucatrici (attualmente assegnate in numero di una ogni quattro scrivanie), si domandano, senza darsi risposta o dandosene di assolutamente scontate, quanti ordini di cancelleria potrebbero fare con i soldi destinati ad evitare di dover presentare il team aziendale con la stessa tuta dello scorso anno (evento assolutamente disdicevole) o addirittura gareggiare con dei materiali giù usati una volta (orrore e sgomento!).
Ecco allora che i "bravi dipendenti" stampano fronte/retro per non sprecare carta, magari impaginando due fogli per pagina A4 rendendo i documenti simili ad un tabellone per la visita oculistica comprendente solo le righe visibili a chi ha 11 o 12 decimi. Per avere un toner di ricambio devono compilare moduli e scartoffie che ne certifichino l'assoluta necessità, e nel mentre si devono adattare estraendo la cartuccia del toner esaurita e shakerandola per andare a pescare gli ultimi granelli di micropolvere per stampare (male) un documento essenziale.
Gli stessi devono poi elemosinare un ordine di cancelleria l'anno (e non più di uno), e se per caso le scorte finiscono prima, si devono arrangiare. Inutile dire che, ovviamente, fare ordini sovrastimati è impossibile, perchè l'inflessibile controllore degli ordini di cancelleria ti chiede di giustificare perchè chiedi dieci bloc notes se lo scorso anno ne hai usati nove.
Poi arriva il bollettino del dopolavoro aziendale, da consultarsi rigorosamente on-line onde non sprecare carta e toner per l'inutile stampa, che dà notizia della vittoria del team aziendale nella gara di categoria di uno sport caro all'amministratore delegato dell'azienda.
Capita quindi che i componenti di detta squadra vengano chimati nell'ufficio dell'amministratore delegato per ricevere i complimenti dell'azienda oltre ad un sostanzioso e robusto contributo economico per comperare divise, materiali e gadget vari per ben presentare la squadra alle prossime gare.
Vien da sè che i bravi dipendenti, che già si interrogavano su quali nefasti effetti possano mai avere sul bilancio aziendale (per la cronaca in attivo di svariati miliardi di euro. MILIARDI, lo ribadisco per i più distratti) le richieste di un paio di bloc notes, evidenziatori di colori diversi (e non solo gialli), rotoli di scotch (attualmente contingentati in numero di tre cadauno per anno), bucatrici (attualmente assegnate in numero di una ogni quattro scrivanie), si domandano, senza darsi risposta o dandosene di assolutamente scontate, quanti ordini di cancelleria potrebbero fare con i soldi destinati ad evitare di dover presentare il team aziendale con la stessa tuta dello scorso anno (evento assolutamente disdicevole) o addirittura gareggiare con dei materiali giù usati una volta (orrore e sgomento!).
lunedì 14 febbraio 2011
Adesso.
Centinaia di migliaia di persone in piazza, ieri. Tante donne, ma anche uomini che rifuggono la logica del bunga-bunga con cui la destra ("certa" destra) ha egemonizzato l'Italia e che vuol farci credere che tutti apprezziamo.
Le donne della destra, di "quella" destra, si sono subito affannate a sminuire la portata della manifestazione. Dall'oca giuliva Gelmini, che ha avuto il coraggio di definire "quattro radical chic" la marea di persone che si è riversata nelle piazze italiane, all'assatanata Santanchè, che vorrebbe organizzare una bella manifestazione con le donne che sostengono Berlusconi (sicura di volere il confronto, anche solo numerico?), tutte le donne che attualòmente occupano un cadreghino grazie alla benevolenza del capo non hanno perso l'occasione di stigmatizzare o deridere la manifestazione.
Bene. Sono contento che sia accaduto. Tutto questo affannarsi a denigrare il sentimento di una gran moltitudine di persone, che fanno parte di quello stesso "popolo" che il loro capo agita sempre a sproposito quale ultimo legittimatore supremo di tutte le sue nefandezze, dimostra una volta di più che la manifestazione ha colpito nel segno. Si rosica, e si teme di perdere lo scranno, e quindi si va all'attacco, perchè come recita il vecchio adagio, non c'è milgior difesa dell'attacco.
Certo, la nostra piazza è diversa da quella dell'Egitto o dell'Algeria o della Tunisia, tanto per citare le ultime in ordine cronologico che "hanno cacciato i governi", ma affermare che le piazze non provocano le dimissioni è quanto meno incauto.
I tempi sono maturi, non facciamoci scappare anche questa occasione di rimettere in carreggiata l'Italia. "Se non ora, quando?" recitava lo slogan della manifestazione di ieri. Adesso.
Le donne della destra, di "quella" destra, si sono subito affannate a sminuire la portata della manifestazione. Dall'oca giuliva Gelmini, che ha avuto il coraggio di definire "quattro radical chic" la marea di persone che si è riversata nelle piazze italiane, all'assatanata Santanchè, che vorrebbe organizzare una bella manifestazione con le donne che sostengono Berlusconi (sicura di volere il confronto, anche solo numerico?), tutte le donne che attualòmente occupano un cadreghino grazie alla benevolenza del capo non hanno perso l'occasione di stigmatizzare o deridere la manifestazione.
Bene. Sono contento che sia accaduto. Tutto questo affannarsi a denigrare il sentimento di una gran moltitudine di persone, che fanno parte di quello stesso "popolo" che il loro capo agita sempre a sproposito quale ultimo legittimatore supremo di tutte le sue nefandezze, dimostra una volta di più che la manifestazione ha colpito nel segno. Si rosica, e si teme di perdere lo scranno, e quindi si va all'attacco, perchè come recita il vecchio adagio, non c'è milgior difesa dell'attacco.
Certo, la nostra piazza è diversa da quella dell'Egitto o dell'Algeria o della Tunisia, tanto per citare le ultime in ordine cronologico che "hanno cacciato i governi", ma affermare che le piazze non provocano le dimissioni è quanto meno incauto.
I tempi sono maturi, non facciamoci scappare anche questa occasione di rimettere in carreggiata l'Italia. "Se non ora, quando?" recitava lo slogan della manifestazione di ieri. Adesso.
mercoledì 5 gennaio 2011
Anno Nuovo, Aria Nuova
E' passato un quarto di secolo da quella sera di inizio gennaio del 1986 in cui entrai nella stanzetta musicale del centro d'incontro della circoscrizione 9 in Via Cherasco con in mano la mia Ibanez imitazione Les Paul e nella borsa un paio di cavi e il pedale distorsore che mi aveva costruito Mario con un progetto preso dalla rivista Nuova Elettronica.
Ero stato invitato da Claudio, l'allora quarterback dei Tauri, che suonava la batteria ed aveva un cugino ed un amico che suonavano la chitarra e voleva mettere in piedi un gruppo musicale.
Io, da perfetto autodidatta della chitarra, avevo qualche microesperienza con il gruppo di un mio compagno di università, gli Zip Whip, a cui avevo fatto da tecnico del suono in alcuni concerti e con cui ogni tanto mi univo durante le prove per dare quatro schitarrate e nulla più. Avevo appena comprato "The Blues Bible" ed avevo iniziato a destreggiarmi tra le scale pentatoniche convinto di riuscire ad emulare il grande B.B.King.
Oltre alle tre persone che mi aspettavo, nella stanzetta trovai altre setto/otto ragazzi, amici ed amici di amici che erano li' a curiosare. La stanza era davvero piccola, appena sufficiante per un gruppo da 4 persone con batteria, figurarsi contenerne otto in piu'! Inoltre il "fattore stalla" che intervenne dopo circa cinque minuti fu davvero devastante.
Nonostante tutto, e nonostante nessuno di noi avesse una qualsiasi idea su che cosa suonare, partimmo con una lunghissima improvvisazione, quella che coloro che parlano bene usano chiamare "Jam Session", e ne rimanemmo talmente soddisfatti che decidemmo che il feeling giusto per formare un gruppo fosse decisamente presente.
Il cugino del batterista si eclissò quasi subito, e l'altro chitarrista, inchinandosi alla mia prestazione di quella sera (manco fossi Jimi Hendrix...) si convertì al basso, e mai scelta fu per lui più felice, perchè negli anni diventò un bassista con i controcazzi (che non so esattamente cosa siano, i controcazzi, intendo, ma sempre coloro che parlano bene usano il termine per sottolineare la bravura di qualcuno).
Era un periodo bislacco della mia vita, come tanti ce ne sono stati tra gli anni '80 e '90. Stavo meditando l'abbandono dell'università, i Tauri avevano appena fatto una fusione con i Gators per sopravvivere, perdendo in gran parte lo "spirito Tauro" della prima ora, il Toro veleggiava a metà classifica senza infamia e senza lode, stavo dietro ad una mia compagna di università (gran gnocca, devo dire) a cui "piacevo moltissimo", che però prima non me la dava perchè era già fidanzata con un tizio che faceva il gelataio a Pinerolo, e poi, una volta mollato quello, non me la dava perchè "nel frattempo" aveva una storia con un altro tizio conosciuto in montagna. Non ho mai capito di quale frattempo parlasse, ma ci misi un po' a capire che mi stava bellamente prendendo per il culo, as usual, e non la presi molto bene.
La prospettiva di mettere su un gruppo musicale, quindi, mi allettava molto, per cui mi ci buttai a capofitto.
Nacquero così gli "Aria Nuova": Chitarra, Basso, Batteria e Voce (la fidanzata del batterista).
Se il nome non vi è nuovo non vi preoccupate: è proprio quello a cui state pensando. Dovendo cercare un nome per il gruppo, ognuno di noi spremette le meningi, ma non saltò fuori nulla che piacesse a tutti, finchè il batterista arrivò con questo nome: Aria Nuova. Una volta stabilito che poteva andar bene, ovviamente gli chiedemmo cosa lo aveva spinto a scegliere questo nome, e la sua risposta fu disarmante: "Boh, che ne so. Non avevo idee, finchè ieri ero seduto al cesso, non avevo niente da leggere e mi sono messo a leggere le etichette della roba che c'era sulla lavatrice. Mi sono ritrovato davanti lo scatolotto del deodorante "Gled Arianuova", ed ho pensato che fosse un bel nome".
Insomma, avevamo un nome che faceva proprio cagare (o almeno era stato partorito "durante").
Non durò molto. Basso e Chitarra spingevano sempre per il Rock ed il Blues, mentre Voce e Batteria volevano più New Wave, per cui fu inevitabile la separazione dopo pochi anni, durante i quali, comunque, avemmo il tempo di incidere una cassetta con 5 pezzi in studio (ho ancora il master da qualche parte) e suonare a diverse manifestazioni, fare concerti in birrerie e feste e divertirci comunque quanto basta. Resterà sempre nei nostri cuori l'ultimo concerto prima dello scioglimento, al Circolo Socialista Garibaldi di Vinovo. Il volantino (che vedemmo solo una volta giunti in loco) recitava: "Allieterà la serata l'Orchestra Aria Nuova". Ci dovemmo esibire di fronte ad un pubblico di pensionati che interrupero a metà il terzo pezzo (un bluesaccio da paura) per chiedere se potevamo fare "Calabrisella Mia", ed al nostro diniego un tizio tiro' fuori la fisarmonica da non so dove ed inizio' a suonarla lui.
Prendemmo gli strumenti, incassammo il compenso pattuito (una Moretti piccola ed un panino rinsecchito con due fette di salame), salutammo batterista e fidanzata, ed io e il bassista andammo ad ubriacarci in un pub ripromettendoci che non saremmo mai più cascati in un trappolone del genere.
Da li' a breve sarebbero nati i "Bluestinti", ma questa e' un'altra storia, che magari vi racconterò un'altra volta.
Ero stato invitato da Claudio, l'allora quarterback dei Tauri, che suonava la batteria ed aveva un cugino ed un amico che suonavano la chitarra e voleva mettere in piedi un gruppo musicale.
Io, da perfetto autodidatta della chitarra, avevo qualche microesperienza con il gruppo di un mio compagno di università, gli Zip Whip, a cui avevo fatto da tecnico del suono in alcuni concerti e con cui ogni tanto mi univo durante le prove per dare quatro schitarrate e nulla più. Avevo appena comprato "The Blues Bible" ed avevo iniziato a destreggiarmi tra le scale pentatoniche convinto di riuscire ad emulare il grande B.B.King.
Oltre alle tre persone che mi aspettavo, nella stanzetta trovai altre setto/otto ragazzi, amici ed amici di amici che erano li' a curiosare. La stanza era davvero piccola, appena sufficiante per un gruppo da 4 persone con batteria, figurarsi contenerne otto in piu'! Inoltre il "fattore stalla" che intervenne dopo circa cinque minuti fu davvero devastante.
Nonostante tutto, e nonostante nessuno di noi avesse una qualsiasi idea su che cosa suonare, partimmo con una lunghissima improvvisazione, quella che coloro che parlano bene usano chiamare "Jam Session", e ne rimanemmo talmente soddisfatti che decidemmo che il feeling giusto per formare un gruppo fosse decisamente presente.
Il cugino del batterista si eclissò quasi subito, e l'altro chitarrista, inchinandosi alla mia prestazione di quella sera (manco fossi Jimi Hendrix...) si convertì al basso, e mai scelta fu per lui più felice, perchè negli anni diventò un bassista con i controcazzi (che non so esattamente cosa siano, i controcazzi, intendo, ma sempre coloro che parlano bene usano il termine per sottolineare la bravura di qualcuno).
Era un periodo bislacco della mia vita, come tanti ce ne sono stati tra gli anni '80 e '90. Stavo meditando l'abbandono dell'università, i Tauri avevano appena fatto una fusione con i Gators per sopravvivere, perdendo in gran parte lo "spirito Tauro" della prima ora, il Toro veleggiava a metà classifica senza infamia e senza lode, stavo dietro ad una mia compagna di università (gran gnocca, devo dire) a cui "piacevo moltissimo", che però prima non me la dava perchè era già fidanzata con un tizio che faceva il gelataio a Pinerolo, e poi, una volta mollato quello, non me la dava perchè "nel frattempo" aveva una storia con un altro tizio conosciuto in montagna. Non ho mai capito di quale frattempo parlasse, ma ci misi un po' a capire che mi stava bellamente prendendo per il culo, as usual, e non la presi molto bene.
La prospettiva di mettere su un gruppo musicale, quindi, mi allettava molto, per cui mi ci buttai a capofitto.
Nacquero così gli "Aria Nuova": Chitarra, Basso, Batteria e Voce (la fidanzata del batterista).
Se il nome non vi è nuovo non vi preoccupate: è proprio quello a cui state pensando. Dovendo cercare un nome per il gruppo, ognuno di noi spremette le meningi, ma non saltò fuori nulla che piacesse a tutti, finchè il batterista arrivò con questo nome: Aria Nuova. Una volta stabilito che poteva andar bene, ovviamente gli chiedemmo cosa lo aveva spinto a scegliere questo nome, e la sua risposta fu disarmante: "Boh, che ne so. Non avevo idee, finchè ieri ero seduto al cesso, non avevo niente da leggere e mi sono messo a leggere le etichette della roba che c'era sulla lavatrice. Mi sono ritrovato davanti lo scatolotto del deodorante "Gled Arianuova", ed ho pensato che fosse un bel nome".
Insomma, avevamo un nome che faceva proprio cagare (o almeno era stato partorito "durante").
Non durò molto. Basso e Chitarra spingevano sempre per il Rock ed il Blues, mentre Voce e Batteria volevano più New Wave, per cui fu inevitabile la separazione dopo pochi anni, durante i quali, comunque, avemmo il tempo di incidere una cassetta con 5 pezzi in studio (ho ancora il master da qualche parte) e suonare a diverse manifestazioni, fare concerti in birrerie e feste e divertirci comunque quanto basta. Resterà sempre nei nostri cuori l'ultimo concerto prima dello scioglimento, al Circolo Socialista Garibaldi di Vinovo. Il volantino (che vedemmo solo una volta giunti in loco) recitava: "Allieterà la serata l'Orchestra Aria Nuova". Ci dovemmo esibire di fronte ad un pubblico di pensionati che interrupero a metà il terzo pezzo (un bluesaccio da paura) per chiedere se potevamo fare "Calabrisella Mia", ed al nostro diniego un tizio tiro' fuori la fisarmonica da non so dove ed inizio' a suonarla lui.
Prendemmo gli strumenti, incassammo il compenso pattuito (una Moretti piccola ed un panino rinsecchito con due fette di salame), salutammo batterista e fidanzata, ed io e il bassista andammo ad ubriacarci in un pub ripromettendoci che non saremmo mai più cascati in un trappolone del genere.
Da li' a breve sarebbero nati i "Bluestinti", ma questa e' un'altra storia, che magari vi racconterò un'altra volta.
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