Certe cose le si sentono arrivare, come se esistesse veramente un sesto senso che ti avverte, che indirizza i tuoi pensieri e le tue azioni. Dev'essere per questo che quando ho letto sul mio feed delle notizie della valanga a Courmayeur non sono andato subito a leggere la notizia come avevo fatto per quella della settimana prima, per sincerarmi che tra le vittime ed i feriti non ci fosse nessuno che conoscevo. Ed ho continuato a girare intorno alla notizia senza cliccare, nemmeno nel pomeriggio o nella prima serata, quando sotto al titolo era comparsa la frase "un torinese tra le vittime".
Ma l'ultima notizia, l'ultimo link aveva l'immagine del tuo profilo Facebook in testa, un'immagine che conoscevo bene, perché i tuoi post erano per me sempre spunto di riflessione e condivisione, fin da quando, prima che i social iniziassero a spopolare, parlammo un bel po' della tua terribile esperienza a Genova. In quell'occasione conobbi chi davvero si celava dietro il nickname "Raggio di Sole", affibbiatoti dalla goliardia dei Warriors, la squadra in cui ti ho visto nascere e crescere come giocatore di football.
Ho cercato tra le tue foto un'immagine che mi potesse permettere di ricordarti per quello che eri: un ragazzo solare, sempre sorridente, sempre positivo, con gli occhi e lo sguardo determinati di chi insegue i propri sogni e lavora duro per realizzarli, ma al tempo stesso pieno di autoironia.
Eravamo in macchina assieme per andare a giocare a Savigliano. Ti volli in macchina con me per poter scambiare due parole, per cercare di capire cosa ti frenava durante allenamenti e partite. Non parlammo solo di Genova, ma anche, e soprattutto, di football, di etica, di allenamenti, di crescita individuale, di come diventare un giocatore di football.
Sei stato il primo giocatore di cui sono andato particolarmente orgoglioso, perchè ti ho accompagnato nei primi passi della tua carriera e della tua crescita e perchè ti sei sempre rivelato una spugna che assorbiva tutte le mie indicazioni, tutte le mie critiche, tutti i miei incitamenti a fare sempre meglio.
Una sera, al campo delle Vallette, mi toccò dirti che avevi giocato così male che per la partita successiva saresti andato in panchina. Ci guardammo negli occhi e mi dicesti che avevo ragione. "Mi sarei panchinato da solo, coach".
Non smettesti di allenarti e di lottare. Anzi: cogliesti l'occasione per lavorare il doppio e costringermi a rimetterti in campo.
E qualche mese dopo, contro i Gargoyles, la tua partita perfetta.
"Federico, guarda Aviano in post"
"Coach, è coperto"
"Adesso si. Giochiamo unaa post su di lui, poi ancora una post, poi una post corner, vedrai che lo freghiamo il cornerback".
E lo fregammo. Due post consecutive seguite da una post-corner, e Aviano che riceve in solitaria per il tuo primo touchdown pass in carriera.
Fui il primo che cercasti per festeggiare il touchdown. Ci abbracciammo. Quell'abbraccio dura ancora adesso.
Ciao Raggio di Sole, aspetto le tue tre foto ad orari prestabiliti anche da questo viaggio, per quanto lungo possa essere.